Sindaco Maffei applaude
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Politica

Compromesso e alternanza

Una mappa dei dissensi all’amministrazione Maffei. I maggiori sommovimenti si sono creati, in questi mesi, all’interno del centrosinistra

Barletta non ha forse mai avuto una alternativa. Almeno non da quando esiste l'elezione diretta del Primo cittadino. La mancata alternanza ha allargato a dismisura l'entità del compromesso e dei compromessi possibili e accettabili. Non è questa la sede per trattarne diffusamente. Ma un giorno occorrerà ripercorrere i tortuosi percorsi di tanti dei nostri politici, leader e capetti locali. E il contributo determinante dei Sindaci in questo senso: soprattutto di Francesco Salerno e Nicola Maffei.

Se esistesse un dizionario della politica, due lemmi avrebbero sicuramente enorme spazio. Compromesso e alternanza. Il compromesso, nella sua accezione nobile, è un accordo tra le parti in cui entrambe cedono, rispetto alle proprie posizioni di partenza, in favore di un'intesa e delle sue superiori finalità. La politica, la politica migliore è sempre in qualche misura compromesso. Tra interessi collettivi, tra valori, tra diritti contrapposti e configgenti. Certo esiste una degenerazione del compromesso. Se si rinuncia, da una parte o dall'altra, ai propri valori fondamentali; se si smette di difendere i gruppi sociali di riferimento; se, in nome della stabilità (o della governabilità) qualsiasi mediazione diventa lecita, il compromesso diventa consociativismo. Altrettanto importante è perciò il significato di alternanza. Agli elettori nei momenti della consultazione elettorale, ma ai cittadini in ogni momento della vita politica di una comunità, deve essere chiaro che esiste un progetto di chi governa, ma altrettanto decisamente esiste un progetto in campo di chi non governa. Questo progetto è alternativa. Questa possibilità, la possibilità di sostituire chi governa con chi non governa, si chiama alternanza.

Venendo al presente: esiste, si muove in città una possibile alternativa a questa maggioranza e ai suoi rappresentanti istituzionali? Non sembra che la risposta possa venire dall'attuale centrodestra, che già tante volte si è dimostrato fiacco, debole, inconcludente. Il più incisivo consigliere di quello schieramento si è dimostrato il neofita Mario Lomuscio. Eletto nella lista Nuova Generazione (la lista voluta dal Presidente della Provincia Ventola) ha dimostrato grande attenzione alle regole, alle responsabilità di controllo e critica, e una importante autonomia. Ragion per cui appare oggi isolato, o almeno non perfettamente integrato, rispetto al proprio schieramento in Consiglio comunale. Un'altra eccezione a destra, ma fuori dal Consiglio, è sicuramente Stella Mele, segretaria provinciale de La Destra. A cui non mancano coraggio e gusto della provocazione. Ma che scotta tutti i limiti della propria collocazione estrema (per quel che può valere oggi il significato di questo aggettivo). Ma, come spesso accade ai Sindaci riconfermati, i maggiori sommovimenti si sono creati, in questi mesi, all'interno dello stesso campo a cui fa riferimento Maffei, il centrosinistra. Ogni errore politico, ogni scelta discutibile, ogni stasi ingiustificabile ha rafforzato il dissenso interno alla coalizione.

C'è il gruppo di "Barletta si fa in quattro". Nata come possibile lista civica a sostegno di Maffei, e poi esclusa come tutte le civiche, ha avuto un momento di grande attivismo, soprattutto sui temi dello sviluppo economico, ma oggi appare spompata. Legata a filo doppio al Consigliere regionale Mennea, si è depotenziata con il progressivo indebolimento del suo ispiratore, culminato col "tradimento" del consigliere Bruno. Più concreto appare invece l'impegno del trio di associazioni "Vivi Barletta", "Cittadini in movimento" e "Insieme si può". Vivi Barletta nasce come lista a sostegno di Raffaella Porreca Salerno, vedova dell'ex Sindaco. Dell'esperienza di Salerno conserva sicuramente contatti importanti nel mondo istituzionale e accademico, ed eredita una parte della sua militanza. "Cittadini in movimento" e "Insieme si può" sono invece nati dopo le elezioni. In modo diverso hanno raccolto scontenti degli esiti delle elezioni e dei primi passaggi della nuova amministrazione. Per questo trio, che spesso interviene sulla stampa, il limite più importante è rappresentato da alcune figure che hanno avuto grande visibilità durante i mandati di Salerno o il primo mandato di Maffei. Insomma passa il messaggio che somiglino alla famosa volpe che non arriva più all'altrettanto celebre uva.

Un capitolo a parte merita Beni Comuni. La sua leader è Sabrina Salerno, figlia del più volte citato Francesco, anche lei candidata sindaco alle ultime elezioni (con i Verdi). Ma il post-elezioni è stato per questo movimento un crescendo rossiniano. Azzeccata la scelta del brand: Beni comuni, che tanto successo sta riscuotendo in Italia, dai referendum dello scorso anno in poi. Incalzanti su temi importanti e delicati, dalla disabilità alla strategia rifiuti zero, dalla Cementeria agli spazi di creatività, i rappresentanti di Beni Comuni sono riusciti a riscrivere parzialmente l'agenda politica della città. Ha giovato a entrambi gli attori la stretta collaborazione con il Collettivo Exit (erede del Network per i diritti globali). Beni comuni ne ha guadagnato un bagaglio di dieci anni di esperienza, Exit l'uscita da un ghetto politico. A Beni Comuni sembra affidato lo scettro per la creazione di una nuova aggregazione anche, ma non solo, con i soggetti collettivi sopra elencati. Già l'appuntamento di stasera sul bilancio, e quello di domani sui rifiuti, potrebbero essere una cartina di tornasole.
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