Dimissioni del sindaco Pasquale Cascella, comunicate alla stampa in sala Giunta in un'atmosfera greve verso un uditorio variopinto. E non mi riferisco ai colleghi assolutamente titolati ad osservare questo (ultimo?) atto ma ad alcuni consiglieri presenti. Ci arriveremo dopo dato che il tempo stringe e lo spettacolo comincia.
Antefatto
Nel consiglio comunale la mancata approvazione del PUTT è il pretesto per uno scontro tra PD e PD. Caracciolo assente, Ventura e Damato presenti, contro l'altra metà del cielo moderato. Cascella non ci sta, parla di "strappo".
Primo tempo
Il filo conduttore è l'immobilismo. Un consiglio comunale immobile rimette decisioni globali a personalismi. Tutto viene mosso e deciso in base al peso politico di chi decide (Pietro Germi li avrebbe chiamati padroni, ma si riferiva ad altro) in questa città.
Gli altri eseguono aspettando il momento buono tranne stracciarsi le vesti sui social network dopo le dimissioni del primo cittadino. Gli unici scossoni vengono da una parte della maggioranza che non ci sta, che non decide e che non fa decidere, né in un senso né in un altro. Una maggioranza che usa l'arma un po' vigliacca dell'
abbandono dell'aula consiliare per far mancare il numero legale.
Cascella dice: «Violato il vincolo di lealtà, non si può più parlare di maggioranza». All'opposizione, Damiani in primis, non deve essere sembrato vero.
Secondo Tempo
Ancora protagonista la maggioranza (tra cui ricordiamo il PD meno Caracciolo e caraccioliani, parte della Sinistra Unita eccezionalmente disunita, Buona Politica e Lista civica Cascella). Le fratture risalgono a quando la sceneggiatura non era stata nemmeno scritta, basti pensare al primo consiglio comunale tra le mura del Castello Svevo (a suo tempo riferimmo di consiglieri a cui mancava solo il cestino con la merendina)
che non riuscì a riportare a casa nemmeno l'elezione del presidente del consiglio comunale. Inappropriato pensare che tutto dipenda dal PUTT e affini se leggiamo tra le righe due frasi di Cascella, "C'è un clima di sospetti" e "Io non mi arrendo".
Titoli di coda
A maggioranza inesistente seguono dimissioni inesistenti ("Io non mi arrendo"): la crisi non serve a nessuno e dunque non ci sarà a meno di catastrofi. Ora sta ai protagonisti trovare una "quadra" utile alla ricomposizione. E la troveranno,
convenienza batterà coerenza.
Recensione
Bel film, sa di già visto con sceneggiatura debole ma soggetto interessante. Proviamo a sentire la parola dei cittadini? Tuonerebbero.
A cosa e a chi serve tutto questo emozionante teatrino? Riconosco al sindaco l'onesta intellettuale di aver pochi vantaggi nell'opporsi allo stato delle cose, e quindi probabilmente non avere "giochi di potere" da salvaguardare a differenza di tanti altri.
Nel consiglio comunale si oscilla tra chi "tanto se Cascella salta io ritorno sempre qui", chi "non so come ho fatto ad arrivare, la mia esperienza finisce qui" e soprattutto chi "non ho tanti vantaggi in questa situazione, sentiamo cosa mi dice il padrone". E' una situazione poco allegra che mi spinge a parafrasare il consigliere Cannito facendomi asserire che, quando questa città sarà completamente schiacciata dai suoi problemi, chiameremo questi consiglieri uno ad uno per chiedere conto (attenzione, questi consiglieri e non altri, perché tanto c'erano e ci sono sempre loro, padroni compresi) oppure conteremo ulteriori cinquanta euro che forse serviranno a comprare un gattopardo nuovo di zecca?
SCENA TAGLIATA
«Feccia, mestieranti della politica, questuanti, metastasi». Tanto tempo fa, un antico sindaco si espresse così. Abbiamo voluto riportare un inciso: «L'ex primo cittadino ha il dente avvelenato soprattutto nei confronti dei propri compagni di partito: "Mi hanno sempre lasciato solo"».