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La città
Cascella: «Le strade con i nomi di Capossele e Antonucci non possono che condurre al bene comune»
Il discorso del sindaco di Barletta per ricordare i due Agenti della Polizia
Barletta - venerdì 26 gennaio 2018
Comunicato Stampa
«Ci stringiamo, oggi, ai familiari degli agenti di polizia Tommaso Capossele e Savino Antonucci per saldare il primo debito di riconoscenza che la nostra città ha contratto con i suoi figli migliori. Sono tanti i nomi dei cittadini che con il loro impegno, nel tempo e nei più diversi campi, hanno onorato le proprie radici, l'appartenenza a una comunità in continua crescita, come testimoniano gli edifici che ci circondano, le strade che stiamo percorrendo, gli spazi ancora sterrati destinati a opere e servizi pubblici». Con queste sentite parole si è espresso il sindaco di Barletta Pasquale Cascella durante la cerimonia di intitolazione agli Agenti di Polizia Tommaso Capossele e Savino Antonucci.
«Comunemente le aree di espansione urbana vengono definite periferie, ma noi vogliamo siano espressione piena della città e rappresentino la evoluzione di una storia e di una cultura da sempre intrecciata al divenire della nazione - precisa il primo cittadino della città della Disfida - e per questo è giusto ricordare i due agenti di Polizia caduti in servizio, mentre qui si cominciava a costruire come giovani che guardavano a un futuro che forse avrebbero potuto vivere proprio da queste parti, come è poi capitato ad alcuni dei loro familiari. Nella loro vicenda umana ritroviamo la memoria identitaria di questa città, medaglia d'oro al valore militare e medaglia d'oro al merito civile. Il valore e il merito hanno segnato le scelte di vita, i gesti semplici, gli atti consapevoli del rischio dei percorsi interrotti di Tommaso e Savino, diversi ma dedicati ad una comune causa, che si ricongiungono nella continuità delle strade che portano il loro nome e per riprendere il loro cammino nella memoria condivisa».
«La memoria va alla prima istanza per la dedica di una strada della città in cui era nato Tommaso Capossele avanzata, 13 anni fa, da due suoi compagni che sul lavoro ne avevano conosciuto il rigore e l'abnegazione. Anni dopo vediamo assolvere alla stessa missione nel corpo della Polizia di Stato i figli, Michele e Francesco, che pure in tenera età avevano appreso drammaticamente che adoperarsi con determinazione per evitare le più gravi conseguenze di un incidente stradale può anche comportare il costo più alto. Il costo della vita che, nel perderla, Tommaso volle però donare ad altri, dando prova di quelle "elette virtù civiche" testimoniate della medaglia d'oro al valore civile conferitagli dal Presidente della Repubblica».
«La memoria ci parla del destino che non ha consentito a Savino Antonucci di realizzare l'aspirazione di tornare, indossando la divisa, in una terra che non era mai stata interamente sua ma a cui sentiva di appartenere. Era nato a Taranto, dove il padre di Barletta si era trasferito con la madre, a sua volta originaria di Minervino Murge, per lavorare all'Italsider. Poi, l'emigrazione dell'intera famiglia a Torino, verso la fine degli anni '60, quando essere operaio alla Fiat era un segno di emancipazione sociale. Lo era ancor più entrare in Polizia. Per questo Savino viveva in Piemonte e perse la vita su una strada lontana mentre assolveva al servizio che gli era stato assegnato, con la dedizione che gli è valsa la medaglia d'argento dell'Amministrazione della Pubblica Sicurezza. Soltanto qualche giorno prima Savino aveva accompagnato i genitori a Barletta, dove avevano deciso di affrontare gli anni della pensione. Aveva anche detto loro di aver fatto domanda di trasferimento, coltivando quel senso della famiglia che rinsalda le radici più profonde del nostro Sud. Come le radici delle due querce piantumate dagli studenti per ricordare questo momento crescendo insieme nel quartiere. Mai come in questi giorni, che vedono le nostra città soffrire per la recrudescenza della minaccia criminale, abbiamo bisogno dell'esempio del senso del dovere di Antonio e Savino».
«Lo sentiamo come vincolo e monito nell'assolvere alle responsabilità quotidiane, come quella di portare a compimento opere di urbanizzazione che segnano la qualità della vita, azioni che corrispondano ai bisogni della collettività, senza mai cedere di fronte alle difficoltà burocratiche, come quelle che ancora gravano sul progetto da realizzare con i fondi del programma "Io gioco legale". Legalità, giustizia e civiltà sono i valori del riscatto del nostro Sud. Dopo Barletta il Capo della Polizia raggiungerà Trani per ricordare un altro servitore dello Stato, Alfredo Albanese, che la vita l'ha persa a Mestre in un agguato terroristico negli anni di piombo. E il pensiero va al nostro concittadino Francesco Di Cataldo ammazzato a 40 anni dai terroristi mentre si recava al suo quotidiano lavoro nel carcere di San Vittore che oggi porta il suo nome. Anche qui abbiamo ancora da dedicare strade e opere ad agenti e ufficiali delle forze dell'ordine, a magistrati e funzionari dello Stato il cui sacrificio è entrato a far parte della storia della democrazia. Lo faremo seguendo il percorso che unisce il passato al presente e, ancor più, al futuro,nel segno della speranza e della fiducia. La madre di Antonucci qualche giorno fa ci raccontava di un nipotino di Savino che continua a identificarsi con lo zio come "rappresentante del bene".La moglie di Tommaso Capossele ci ha chiesto che "da questa strada possa affermarsi il valore della legalità e dell'impegno a favore della collettività". Sono parole che uniscono nell''emozione del messaggio da consegnare alle nuove generazioni: si, le strade con i nomi di Tommaso Capossele e Savino Antonucci non possono che condure al bene comune».
«Comunemente le aree di espansione urbana vengono definite periferie, ma noi vogliamo siano espressione piena della città e rappresentino la evoluzione di una storia e di una cultura da sempre intrecciata al divenire della nazione - precisa il primo cittadino della città della Disfida - e per questo è giusto ricordare i due agenti di Polizia caduti in servizio, mentre qui si cominciava a costruire come giovani che guardavano a un futuro che forse avrebbero potuto vivere proprio da queste parti, come è poi capitato ad alcuni dei loro familiari. Nella loro vicenda umana ritroviamo la memoria identitaria di questa città, medaglia d'oro al valore militare e medaglia d'oro al merito civile. Il valore e il merito hanno segnato le scelte di vita, i gesti semplici, gli atti consapevoli del rischio dei percorsi interrotti di Tommaso e Savino, diversi ma dedicati ad una comune causa, che si ricongiungono nella continuità delle strade che portano il loro nome e per riprendere il loro cammino nella memoria condivisa».
«La memoria va alla prima istanza per la dedica di una strada della città in cui era nato Tommaso Capossele avanzata, 13 anni fa, da due suoi compagni che sul lavoro ne avevano conosciuto il rigore e l'abnegazione. Anni dopo vediamo assolvere alla stessa missione nel corpo della Polizia di Stato i figli, Michele e Francesco, che pure in tenera età avevano appreso drammaticamente che adoperarsi con determinazione per evitare le più gravi conseguenze di un incidente stradale può anche comportare il costo più alto. Il costo della vita che, nel perderla, Tommaso volle però donare ad altri, dando prova di quelle "elette virtù civiche" testimoniate della medaglia d'oro al valore civile conferitagli dal Presidente della Repubblica».
«La memoria ci parla del destino che non ha consentito a Savino Antonucci di realizzare l'aspirazione di tornare, indossando la divisa, in una terra che non era mai stata interamente sua ma a cui sentiva di appartenere. Era nato a Taranto, dove il padre di Barletta si era trasferito con la madre, a sua volta originaria di Minervino Murge, per lavorare all'Italsider. Poi, l'emigrazione dell'intera famiglia a Torino, verso la fine degli anni '60, quando essere operaio alla Fiat era un segno di emancipazione sociale. Lo era ancor più entrare in Polizia. Per questo Savino viveva in Piemonte e perse la vita su una strada lontana mentre assolveva al servizio che gli era stato assegnato, con la dedizione che gli è valsa la medaglia d'argento dell'Amministrazione della Pubblica Sicurezza. Soltanto qualche giorno prima Savino aveva accompagnato i genitori a Barletta, dove avevano deciso di affrontare gli anni della pensione. Aveva anche detto loro di aver fatto domanda di trasferimento, coltivando quel senso della famiglia che rinsalda le radici più profonde del nostro Sud. Come le radici delle due querce piantumate dagli studenti per ricordare questo momento crescendo insieme nel quartiere. Mai come in questi giorni, che vedono le nostra città soffrire per la recrudescenza della minaccia criminale, abbiamo bisogno dell'esempio del senso del dovere di Antonio e Savino».
«Lo sentiamo come vincolo e monito nell'assolvere alle responsabilità quotidiane, come quella di portare a compimento opere di urbanizzazione che segnano la qualità della vita, azioni che corrispondano ai bisogni della collettività, senza mai cedere di fronte alle difficoltà burocratiche, come quelle che ancora gravano sul progetto da realizzare con i fondi del programma "Io gioco legale". Legalità, giustizia e civiltà sono i valori del riscatto del nostro Sud. Dopo Barletta il Capo della Polizia raggiungerà Trani per ricordare un altro servitore dello Stato, Alfredo Albanese, che la vita l'ha persa a Mestre in un agguato terroristico negli anni di piombo. E il pensiero va al nostro concittadino Francesco Di Cataldo ammazzato a 40 anni dai terroristi mentre si recava al suo quotidiano lavoro nel carcere di San Vittore che oggi porta il suo nome. Anche qui abbiamo ancora da dedicare strade e opere ad agenti e ufficiali delle forze dell'ordine, a magistrati e funzionari dello Stato il cui sacrificio è entrato a far parte della storia della democrazia. Lo faremo seguendo il percorso che unisce il passato al presente e, ancor più, al futuro,nel segno della speranza e della fiducia. La madre di Antonucci qualche giorno fa ci raccontava di un nipotino di Savino che continua a identificarsi con lo zio come "rappresentante del bene".La moglie di Tommaso Capossele ci ha chiesto che "da questa strada possa affermarsi il valore della legalità e dell'impegno a favore della collettività". Sono parole che uniscono nell''emozione del messaggio da consegnare alle nuove generazioni: si, le strade con i nomi di Tommaso Capossele e Savino Antonucci non possono che condure al bene comune».
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