Cronaca
La storia di Ruggiero: un barlettano a Milano, in auto e senza un tetto sulla testa
Il comune gli vieta l’alloggio popolare per mancanza di requisiti
Barletta - giovedì 12 novembre 2015
Quella di Ruggiero, 72enne di origine barlettana, è una storia che non vorremmo ascoltare perché emblematica e amara al contempo, e anche si svolge a Milano riguarda anche la nostra Barletta. Come si racconta sulle pagine del Corriere della Sera, l'anziano settantaduenne affetto da una grave forma di diabete viva in macchina da circa sette anni, da quando dal 2008 ha smesso di lavorare al mercato del pesce. Malato, senza lavoro e senza alcun sussidio è stato sfrattato perché non è riuscito a sostenere il pagamento dell'affitto con la pensione minima di 630 euro. A Milano, città in cui vive Ruggiero, c'è chi occupa case che diversamente non spetterebbero di diritto ma Ruggiero no, con grandissima dignità ha scelto la via della legalità, non ha occupato alcun alloggio fiducioso di poterne ottenere uno popolare da parte dell'amministrazione comunale.
Al danno però si è aggiunta la beffa. Lo scorso 2 luglio infatti all'uomo è stata recapitata una lettera da parte del comune che riportava la seguente intestazione: "Direzione centrale casa e Demanio Settore assegnazione alloggi di edilizia residenziale popolare" e recitava, in perfetto burocratese, che "non sussiste la condizione di coabitazione, non sussiste il sovraffollamento e non sussiste la condizione di barriere architettoniche". Insomma, pur essendo la sua domanda alla posizione 99 rispetto alle centinaia di richieste, l'uomo evidentemente avrebbe meglio risposto ai requisiti richiesti se fosse stato in compagnia in macchina e magari su di una sedia a rotelle.
Come riporta la notizia diffusa dal Corriere della Sera, l'uomo, stando alle sue affermazioni, non si ritroverebbe in quella situazione se il suo datore di lavoro non avesse smesso di versare i contributi prima di dichiarare il fallimento. Dunque si tratta di una storia ancor più triste perché doppiamente ingiusta. L'uomo, dopo aver lasciato la casa i cui pagava circa 550 euro di affitto in periferia, ha lasciato il quartiere Ripamonti e si è trasferito nel quartiere San Siro e ogni domenica fa volontariato allo stadio. Così si è inevitabilmente guadagnato la simpatia di molti nel quartiere che gli offrono spesso del cibo.
Ruggiero non gradisce la carità o la commiserazione e nelle sue condizioni con grande dignità si dice fortunato perché ha almeno la propria auto, non certo una casa ma pur sempre un "tetto" sulla testa, con le medicine sul cruscotto e gli indumenti nel bagagliaio.
Al danno però si è aggiunta la beffa. Lo scorso 2 luglio infatti all'uomo è stata recapitata una lettera da parte del comune che riportava la seguente intestazione: "Direzione centrale casa e Demanio Settore assegnazione alloggi di edilizia residenziale popolare" e recitava, in perfetto burocratese, che "non sussiste la condizione di coabitazione, non sussiste il sovraffollamento e non sussiste la condizione di barriere architettoniche". Insomma, pur essendo la sua domanda alla posizione 99 rispetto alle centinaia di richieste, l'uomo evidentemente avrebbe meglio risposto ai requisiti richiesti se fosse stato in compagnia in macchina e magari su di una sedia a rotelle.
Come riporta la notizia diffusa dal Corriere della Sera, l'uomo, stando alle sue affermazioni, non si ritroverebbe in quella situazione se il suo datore di lavoro non avesse smesso di versare i contributi prima di dichiarare il fallimento. Dunque si tratta di una storia ancor più triste perché doppiamente ingiusta. L'uomo, dopo aver lasciato la casa i cui pagava circa 550 euro di affitto in periferia, ha lasciato il quartiere Ripamonti e si è trasferito nel quartiere San Siro e ogni domenica fa volontariato allo stadio. Così si è inevitabilmente guadagnato la simpatia di molti nel quartiere che gli offrono spesso del cibo.
Ruggiero non gradisce la carità o la commiserazione e nelle sue condizioni con grande dignità si dice fortunato perché ha almeno la propria auto, non certo una casa ma pur sempre un "tetto" sulla testa, con le medicine sul cruscotto e gli indumenti nel bagagliaio.