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La città

Questi rom non ci raccontano la storia del loro degrado

Ripristino della legalità ma anche analisi lucida

Premetto: ho letto con vivo interesse il commento di un certo "Enzo" all'ultimo iReport di BarlettaViva (riguardante il cosiddetto "accampamento" rom presso la stazione ferroviaria di Barletta) trovandolo pacato e interessante. Ci aggiungerei solo qualcosa, superando il concetto di integrazione a tutti i costi da parte di alcuni e i "mal di pancia" di altri, spesso conditi da indignazione (talvolta sacrosanta, talvolta populista) e bisogno di legalità.

Abbiamo un dato di fatto già emerso: i "rom", che vengono definiti tali con un termine ormai definitivamente dispregiativo, sono poveri. Povertà intesa come non abbienza, come residuo di una storia personale (più che di popolo) che di fatto li colloca ai già citati "margini". La voglia di affrancarsi da questo stato di povertà può generare mostri: responsabili di furti in casa per antonomasia (ma secondo il comandante dei carabinieri Iannucci, i responsabili sono per lo più più gente del posto, dei "professionisti del furto" anziché i rom) ma soprattutto accattonaggio evidenziato da foto di bimbi "sospesi" nei cassonetti di raccolta degli indumenti usati, da improbabili coppie alla perenne ricerca di qualcosa di utilizzabile nell'immondizia e altre amenità simili.

Cosa c'entra tutto questo con l'accampamento in stazione, balzato in cronaca e "odioso" agli occhi dei più? Questi rom non ci raccontano la storia del loro degrado, ma del nostro degrado. Di cittadini che non hanno alcuna voglia (né alcuna possibilità) di incidere sullo status quo dei beni della nostra città. Quel posto, così brillantemente utilizzato dai "poveri" rom, è in disuso assoluto, al massimo utilizzato come parcheggio "dagli amici" (di recente l'ingresso in via Monfalcone sembra essere stato chiuso proprio per questo genere di abuso). Nessuna possibilità di dar seguito all'ottima idea di una strada utilissima che da via Monfalcone collegasse fino a via Vitrani o via Rizzitelli. Burocrazia da stato africano, con tutto il rispetto, che ha sempre avvolto i rapporti tra le Ferrovie e la città.

Nessun fraintendimento: l'azione delle forze dell'ordine è sacrosanta perché il ripristino della legalità è la prima cosa a cui tutti dovremmo tendere ma cosa hanno fatto questi uomini, oltre all'accattonaggio e all'occupazione abusiva di suolo pubblico (o proprietà privata)? Ci hanno mostrato indirettamente una via, un non-luogo che senza di loro sarebbe rimasto sepolto nelle nostre coscienze sempre pronte ad indignarsi. Giusto agire, ma non dimentichiamoci di tutto ciò che di buono si potrebbe fare. Perché non sentire, oltre a Polizia o Polfer, le silenti associazioni di servizio sociale che dovrebbero tener sotto controllo queste situazioni? E le inaffabili "comitive" parapolitiche pronte ad avvitarsi su tutto tranne su ciò che appare più utile, con un po' di logica? E una voce istituzionale che una volta per tutte dovrebbe pronunciarsi?

Twitter | @MarioSculco
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