Vogliamo lo stadio nuovo
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La città

Tutti nel pallone

I miliardi inopportuni. «Ciò che stupisce è che, per lunghissimi anni, nulla sia stato fatto»

Torneremo su questo tema del finanziamento per ristrutturare lo stadio. Lo rapporteremo con la indigenza che racconta in questo articolo Emanuele Porcelluzzi, esemplare analista anche dello sport più amato e popolare ma con la professionale obbiettività che non ci offusca. Un nota sicuramente impopolare e per questo ancora più leale e coraggiosa. Ben 5 miliardi delle vecchie nostalgiche lire che sarebbero invece salvifiche alla stregua di centomila falli laterali, di estreme punizioni che nuociono all'indifeso e poco riconosciuto welfare barlettano. Racconteremo un gran galà della miseria congelato da una amministrazione che cerca solo popolarità indispensabile alla sua sopravvivenza. Anzi, non è popolarità bensì populismo.
Michele Sarcinelli

Strombazzata, a destra e a manca, la notizia del finanziamento da parte del Comune di Barletta di euro 2.622.463,00 della serie "indovina chi viene a cena " ai fini di ristrutturare lo stadio "Cosimo Puttilli", compiendo, metaforicamente, un passo indietro e ripiombando così negli anni sessanta, - belli chissà fino a qual punto anche in ossequio alla politica del "pane e circense", trainati dalla locomotiva del mattone, allora elemento economico di spicco, coinvolto ora nella spietata recessione economica - , coincidenti con gli inizi della costruzione dello stadio "Puttilli", inaugurato, poi, nel 1970, il che la dice lunga sul virus, tipicamente italiano, che colpisce le opere pubbliche e che, per un caso strano, allunga loro la vita per quanto concerne i tempi di realizzazione. E' inconfutabile che l'attuale stadio è il monumento alla speculazione edilizia, raccontata dal regista, Francesco Rosi, con la sua opera cinematografica "Le mani sulla città" (1963), per un sorta di peccatucci originali ( è solo un eufemismo) che non dovevano essere commessi e che consistono nella pessima visibilità da parte degli spettatori, fatti salvi, per onestà intellettuale, coloro che occupano gli spazi superiori, risultando così quelli inferiori inutilizzabili; i servizi igienici collocati nello spazio, creatosi nell'intercapedine della tribuna, per cui si ha l'impressione che siano stati creati per i nani, passati alla gloria della fama grazie a Biancaneve; infine, sembra che aleggi, sullo stadio, la maledizione di quelle divinità pagane d'oltre oceano, perché anche negli spogliatoi e nella sala stampa gli spazi sono simili alle celle conventuali.

Ciò che stupisce è che, per lunghissimi anni, nulla sia stato fatto, ad eccezione di qualche levata di scudi e di una ristrutturazione leggera nel 1987, ai fini di eliminare solo alcuni inconvenienti e che lo si faccia ora, dietro la spinta di un populismo ondivago e frastornato, addirittura in un momento tragico per il popolo italiano, in cui aumentano i disoccupati e i perdenti lavoro, non tutelati, e divengono ancor più fragili i disabili, gli anziani e i bambini, a cui vengono sottratti i necessari servizi sociali. La maggioranza e l'opposizione dell'assise comunale barlettana hanno l'obbligo civile e morale di rinviare con maggioranza, questa volta bulgara, la ristrutturazione del "Puttilli" a tempi migliori, utilizzando gli euro 2.622.463,00 per quei bisogni primari e necessari dei cittadini barlettani in grosse difficoltà economiche. Lo stadio può aspettare, dal momento che, con ogni probabilità, sin dalla prossima stagione calcistica, la Prima Divisione sarà formata da 4 gironi, il che eliminerà le lunghe trasferte, riducendole a delle gite fuori porta, accogliendo istanze di società blasonate e non in difficoltà per i pagamenti degli stipendi ai propri calciatori e degli adempimenti nei confronti della Lega calcio. Se la citata somma fosse spesa a fronte di lavori, che, tutto sommato, non sono per nulla necessari alla collettività, presumibilmente i volti sorridenti delle quattro lavoratrici, - ritratte in una foto simbolo, forse, scattata in quel luogo di lavoro, divenuto fatale per le loro esistenze -, si adombrerebbero perché la loro tragica morte, alla fine, sarebbe stata inutile, come in tante altre analoghe e assurde situazioni.
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