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Salvate il tribunale di Barletta: scrive l’avvocato Monterisi

«La migliore sede nel territorio è proprio quella di Barletta». Una scelta che condanna una comunità diligente

La polemica sulla soppressione della sede del tribunale di Barletta sta animando le varie parti in causa, e quasi unanime è il desiderio che tale sede resista alla soppressione voluta dalla riforma delle sedi giudiziarie in tutta Italia. A scrivere è l'avv. Domenico Monterisi, delegato del Distretto di Corte d'Appello di Bari presso l'OUA (Organismo Unitario Dell'avvocatura).

«L'OUA ha sempre contrastato, con ogni mezzo, politico e giudiziario questa assurda riforma, pur riconoscendo la necessità – segnalata dalla stessa Avvocatura e dalla Magistratura in tempi non sospetti – di porre mano "razionalmente" alla revisioni delle sedi giudiziarie. E' a tutti noto che il disegno delle sedi giudiziarie, risalente per la struttura principale – che sono i Tribunali Circondariali – all'Unità d'Italia necessitasse un profondo ed avveduto restyling.

Il restyling è avvenuto, ma è stato ben più che profondo (direi che è stata una vera e propria ecatombe di sedi giudiziarie), ma soprattutto non è stato assolutamente ponderato, nè tanto meno condiviso con le comunità locali e con le rappresentanze politico-sindacali degli avvocati e degli altri operatori della Giustizia. Quella che poi è assolutamente mancata è una ricognizione attenta, circondario per circondario, Comune per Comune, della situazione dell'edilizia giudiziaria e cioè l'esame, che avrebbe dovuto condizionare e dirigere ogni successiva scelta, dell'esistente e della reale possibilità per gli Uffici ospitanti di poter effettivamente ricevere e poi smaltire regolarmente e senza eccessivi affanni la mole di affari che sarebbe pervenuta dalle sedi soppresse. Sicchè, siamo un pò ovunque al paradosso, con sedi giudiziarie di nuova e costosa realizzazione o ristrutturazione (si pensi ai casi eclatanti di Chiavari, Bassano del Grappa, Tolmezzo) costrette a chiudere e di città, come la nostra Trani , non in grado di ricevere, per chissà quanti anni (almeno cinque vista l'entità della proroga fissata per l'uso degli immobili già sede della – anch'essa soppressa – sezione distaccata di Andria), il lavoro sottratto alle sedi dismesse. Per non parlare del caso "Bari", con un palazzo di Giustizia "diffuso", diviso in più edifici distinti e lontani fra loro, uno dei quali fatiscente e privo delle necessarie condizioni di sicurezza, utilizzato pur in presenza di sequestro (poi revocato) disposto dallo stesso Giudice Penale, che vi è ospitato! Un assurdo all'italiana, che neppure un Sindaco pragmatico come Michele Emiliano, ben addentro alle questioni della Giustizia per aver vestito la toga di Pubblico Ministero proprio a Bari, è riuscito a risolvere. La cittadella della Giustizia è rimasta una chimera per i cittadini e gli avvocati baresi.

Del resto, un uso così ampio della facoltà di proroga nell'uso degli edifici delle sedi soppresse (già 42 i decreti emessi – e non è finita – dal Ministro), consentito dall'art. 8 del D. Lgs.vo n. 155/2012, è la prova provata dell'impreparazione con cui si è giunti alla data del 12 settembre, del presappochismo di molte scelte, dei danni che l'uso del tutto stravagante delle delega legislativa produrrà ai cittadini ed agli operatori del settore.

Ma è del nostro territorio che voglio maggiormente occuparmi. Le notizie trapelate – fondatamente oserei dire, visto che a divulgarle è stato lo stesso Presidente del Tribunale nel corso dell'affollata riunione della Commissione di manutenzione tenutasi stamattina – dal Ministero, dicono della chiusura degli uffici di Barletta, Canosa e Ruvo, con il trasferimento a Trani di tutta l'attività "nuova" e cioè degli affari, civili e penali, che vedranno la luce dal 13 settembre in poi. Per quanto attiene, invece, a quello che sono costretto a definire per brevità "il vecchio", lo stesso sarà trasferito a Trani, limitatamente agli affari già pendenti presso la sezione distaccata di Barletta, mentre quelli di Ruvo di Puglia, Canosa e della stessa Andria, continueranno a essere celebrati presso gli uffici della ex sezione di Andria, per i prossimi cinque anni (durata massima della proroga). Invece, gli affari di Molfetta resteranno "a casa" per altri due anni. Conoscendo il palazzo di Giustizia di Andria, non immagino che bailamme si realizzerà, considerato che gli spazi a disposizione sono, a mio avviso, del tutto inadeguati a ospitare le migliaia di fascicoli che arriveranno dagli uffici soppressi.

Fuori di metafora, le scelte del Ministero ci lasciano sconcertati ed avviliti. Chiunque si occupi, professionalmente e non, di Giustizia sa benissimo che la migliore sede, quanto meno sotto lo stretto profilo "edilizio", del circondario di Trani, è quella di Barletta, che dispone di 4 amplissime aule di udienza, di spazi notevoli per la corretta conservazione dei fascicoli, di un enorme spazio per archivio, di un efficiente sistema di condizionamento dell'aria, di spazi per le associazioni professionali, di biblioteca, di un parcheggio molto esteso. Eppure, Barletta non ce l'ha fatta, malgrado l'impegno profuso dall'Amministrazione Comunale, che prima attraverso il Commissario Prefettizio, Dott.ssa Manzone, e poi con il neo Sindaco Pasquale Cascella, ha adottato i necessari atti di impegno di spesa, per garantire la sopravvivenza della sede giudiziaria, ed intessuto le necessarie relazioni con gli uffici del Ministero per scongiurare la chiusura. Mi sento inoltre di affermare che anche i politici locali hanno fatto in pieno la loro parte. Mi piace ricordare l'impegno e l'attenzione dedicati al problema dall'Assessore Provinciale Damiani e dai Consiglieri Regionali Caracciolo, Pastore, Alfarano e Mennea, quest'ultimo promotore di un ordine del giorno sul mantenimento delle sezioni distaccate, approvato dal Consiglio Regionale. Lo stesso dicasi per i consiglieri provinciali e comunali.

Tutto ciò non è bastato. Non è bastata la logica, né l'impegno profuso da amministratori, politici e rappresentanze forensi, perchè la norma che presidia e disciplina le proroghe, scritta in modo del tutto inaccettabile, si è rivelata un ostacolo insormontabile. Essa punisce invece di premiare le comunità locali diligenti. Invero, è prevista la possibilità di godere della proroga per le sedi costruite e/o ristrutturate con il sostegno integrale o parziale dello Stato e non già per quelle realizzate dai Comuni con i denari dei propri cittadini! Una vera assurdità non solo giuridica, in tempi di spending review!

Che fare? Me lo chiedo da cittadino barlettano, da avvocato, da rappresentate politico degli avvocati. Certo, di fronte ad una soluzione così punitiva per la città economicamente più rilevante della provincia e per una classe forense che da sempre ha dato lustro all'Avvocatura tranese e nazionale, regalando figure professionali straordinarie, come gli Avv.ti Cecaro, Capacchione, Doronzo, soltanto per fare gli esempi più eclatanti, o Presidenti dell'Ordine di grande livello, lo schiaffo è stato terribile e verrebbe davvero voglia di dare vita a quelle forme di disubbidienza civile, che come si diceva di recente in un interessantissimo convegno tenutosi proprio in questi giorni a Trani, sono il segno della cultura della legalità di una comunità che reagisce ad un diritto positivo che sente ingiusto e non "naturale". Ma ci dovranno condurre il buon senso ed il rispetto delle leggi che è connaturato al nostro ruolo di tutori del diritto.

A mio avviso le strade da percorrere sono due:
a) la prima è quella del ricorso giurisdizionale (nello specifico al TAR) avverso un provvedimento, quello di proroga ex art. 8 che vedrà la luce nella prossima settimana, per ivi affrontare la costituzionalità di una norma, per l'appunto l'art. 8, che appare viziata di grave illogicità;
b) la seconda di pensare alla promozione di un provvedimento normativo ad hoc, che tenga conto della peculiarità del nostro territorio e del policentrismo della Provincia e che, sull'esempio di Pesaro e Urbino, entrambe sedi di due Tribunali (il secondo "salvato" dalla Corte Costituzionale), preveda una sede di Tribunale policentrica, divisa fra i tre capoluoghi di provincia, anche per sopperire alla deficitaria situazione dell'edilizia giudiziaria di Trani, che non potrà vedere una soluzione immediata».
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