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Naufraga il decreto Province, la Bat rimane in vita

La fine e l’inizio di un costoso caos istituzionale. Uno studio sugli effetti della mancata riforma

"Alla luce delle difficoltà emerse in commissione Affari Costituzionali, l'Assemblea non esaminerà i ddl sulla legge elettorale e il decreto-legge sulle province e tornerà a riunirsi il 17 dicembre per discutere la legge di stabilità". La decisione presa ieri dal Senato, suona davvero come una pietra tombale sul riordino delle province. Un naufragio parlamentare di un decreto, destinato così a decadere e a non essere convertito in legge. La riduzione degli enti provinciali quindi non ci sarà. La provincia Bat è destinata perciò a sopravvivere. Nei giorni scorsi l'iter parlamentare si era dimostrato pieno di ostacoli, tra la pregiudiziale di costituzionalità e un'ondata insostenibile di emendamenti. Alla fine il numero raggiunto è stato di 576, tra emendamenti, sub-emendamenti e maxi-emendamenti agli articoli del disegno di legge.

«Una grande occasione persa per riformare un po' lo Stato». E' il commento del premier Monti, o del ministro Patroni Griffi, o di qualche altro esponente del governo? Ebbene no: sono le parole del presidente dell'Unione delle Province, Antonio Saitta, riportate ieri dal quotidiano "La Stampa". «Probabilmente i localismi, le resistenze e la grande forza di resistenza dell'apparato dello Stato lo hanno impedito - ha aggiunto Saitta - Oggi la situazione è caotica perché le funzioni che esercitiamo attualmente in base alla normativa non avremo la titolarità per poterle esercitare, ed questo è un assurdo. Per questo mi auguro che il Parlamento dopo aver bloccato questo processo, nella Legge di Stabilità intervenga per dire che le Province continuano ad esercitare le loro funzioni e, possibilmente, per dire anche che ci sono le risorse per poterlo fare». E il Governo starebbe infatti lavorando ad un emendamento alla legge di Stabilità che introduca una norma di coordinamento sulla proroga delle funzioni, e quindi degli effetti di alcuni aspetti previsti nel decreto "Salva Italia".

Un "caos istituzionale" - Un giudizio secco e negativo, quello formulato in questi giorni dal Dipartimento Riforme Istituzionali del Governo, che ha effettuato uno studio sugli effetti derivanti dalla mancata conversione in legge del Decreto di riordino delle Province. Dai mancati risparmi, all'aumento dei costi a carico di Comuni e Regioni. Queste le conclusioni dello studio:
  1. Le città metropolitane restano istituite solo sulla carta;
  2. I perimetri e le dimensioni delle province restano quelli attuali;
  3. Le province restano titolari di sole funzioni di indirizzo e coordinamento, e viene meno l'individuazione delle funzioni di area vasta come funzioni fondamentali delle province;
  4. Le Regioni dovranno emanare entro la fine di quest'anno leggi per riallocare le funzioni tra comuni e regioni medesime, ma non potendole allocare a livello comunale, in quanto funzioni di area vasta e quindi di livello sovra-comunale, tendenzialmente saranno devolute alle regioni, con conseguente lievitazione dei costi per il personale (il personale regionale costa più di quello provinciale e comunale) e la probabile costituzione di costose agenzie e società strumentali per l'esercizio delle funzioni;
  5. Se le Regioni non provvedono, lo Stato dovrà intervenire in via sostitutiva;
  6. Le regioni dovranno ritirare le funzioni proprie, che erano state delegate alle province;
  7. Si vivrà un periodo di incertezza per l'esercizio di funzioni fondamentali per i cittadini (come manutenzione di scuole superiori e strade, gestione rifiuti, tutela idrogeologica e ambientale);
  8. Si porrà il problema dei mutui contratti dalle province con banche e soprattutto Cassa depositi e prestiti: a questi dovranno subentrare regioni o comuni o dovranno essere frazionati;
  9. Problemi nel trasferimento del personale, dei finanziamenti, e dei beni immobili;
  10. Blocco della riorganizzazione periferica dello stato.

La crisi politica, come prevedibile, avrebbe causato lo stop dell'attività parlamentare su quasi tutti i provvedimenti, esclusa la Legge di Stabilità e poco altro. Per le Province, tutto è rimandato. Sulla credibilità del prossimo governo, peserà, come già detto, la capacità di mettere in atto un serio progetto di riforma istituzionale, che dovrà passare anche attraverso un'iter di riforma costituzionale. Un progetto legislativo su basi solide, e non traballante, timido e confusionario, come ha dimostrato di essere quello del Governo. Non un addio, ma un arrivederci, quindi. E' un intendimento che non potrà essere disatteso.
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