Giuseppe De Nittis nella ricostruzione di Clara Esposito
Giuseppe De Nittis nella ricostruzione di Clara Esposito
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“L’Autoritratto e il gioco degli specchi. Dialogo immaginario tra Giuseppe e Leontine De Nittis"

Il racconto di Giuseppe Lagrasta, scrittore e saggista

Nell'Atelier di Rue de Viète a Parigi, Giuseppe De Nittis ha appena ultimato l'opera dal titolo "Autoritratto", (1883 circa). Seduti l'uno di fronte all'altro, Giuseppe e Lèontine discutono di vari argomenti e di problemi legati alla vita quotidiana. Il racconto dello scrittore Giuseppe Lagrasta.

Giuseppe: "Titine, come vedi, ho portato a termine "L'Autoritratto". Finalmente l'ho terminato!"
Lèontine: "Sei contento di quello che hai realizzato?"
Giuseppe: "Si, sì. Però Titine, sento che manca qualcosa. Vedi, da sempre tento di restituire un messaggio attraverso la mia arte. E vado alla ricerca di una luce. Una luce seconda, luce segreta che si spande su tutta l'opera. Luce che promana un fiato, un alito di mistero. È una luce che chiama altra luce, e cioè la luce che vive nello sguardo dell'osservatore. Così, l'opera el'osservatore entrano in sintonia. E si crea allora quel clima poetico che fa delle mie opere, una poesia, la poesia che emanano i colori."
Lèontine: "Intrigante la tua affermazione. La poesia che anima e ravviva i colori. Nel tuo "Taccuino autobiografico", hai fatto emergere i colori delle emozioni e delle impressioni, ed hai manifestato l'idea della bellezza raccontandola con i colori e le figure".
Giuseppe:" Interessante Titine! Interessante. Continua!"
Lèontine:" Il "Taccuino" è inebriante per la trama delle tue parole poetiche colorate e ti ha permesso di raccontare l'armonia e la passione che hai per la vita e per l'arte. Invece sulla tela, specie in quest'opera, "Autoritratto", i colori si trasformano in parole, in racconti colorati. E i colori rappresentano un nuovo linguaggio. Il linguaggio dell'anima di un artista."
Giuseppe: "Lèontine, siamo in sintonia. Sei in armonia con la mia anima. Sai, in un periodo difficile come quello che stiamo vivendo, sentirmi dire queste cose, mi emoziona. La tossicità parigina si discioglie ascoltando queste tue considerazioni. Titine, la mia è una lotta tesa a scoprire un segreto, un mistero. Sono alla ricerca di un colore misterioso che contenga tutti i colori che compongono la luce magica del mondo. Sono alla ricerca della luce divina, quella luce stregata che soltanto una divinità invisibile, conosce e concede agli esseri umani. La luce sacra che avvolge e perdona l'umanità. E tutto ciò mi consuma ma allo stesso tempo, mi carica di una energia, quasi sovrumana".
Lèontine:" Una luce misteriosa? Una luce divina che si sparge sulla Terra e che occorre scovarla tra le luci dell'universo?"
Giuseppe: "Si, si, proprio così, Leontine. Esploro l'universo, gli abissi interiori ed esistenziali, la natura, il sole, la luna, gli esseri umani. Ad un tratto una piuma di luce plana davanti ai miei occhi. Una piuma di luce, leggera leggera, quasi invisibile che a tratti scompare. E quando questa piuma mi rivisita e decido di dipingere, allora, sulla tavolozza, nasce il mio alfabeto figurativo fatto di colori armonici, e comunico, quando mi è possibile, il linguaggio d'amore verso gli uomini, la Terra, il mondo. E dopo aver vissuto un senso di mancamento e di vuoto, ecco che una calma serena mi avvolge. E riprendo a dipingere con la piuma bianca che mi attraversa gli occhi. E quella è la luce sacra che fa parte della mia terra d'origine e che mi protegge."
Lèontine: "Un momento intenso di ricerca compositiva, che dona luce anche a noi, a me e a Jaques che viviamo con te."
Giuseppe: "Si, emozioni che mi permettono di essere in armonia con il mondo, con te e Jacques.Una dolce visione mi incanta, mentre si fa intenso il desiderio di riunire in un solo colore, la vita intima della luce."
Lèontine:" Peppino, negli ultimi tempi, sei sempre più preoccupato, ma allo stesso tempo, sfuggente. Perché? Io e Jaques non bastiamo alla tua felicità, alla tua calma interiore?"
Giuseppe: "Certo che mi offrite in dono l'energia della vita, mi donate tutto il vostro amore. Siete presenti nel fluire del mio sangue e nel battito del mio cuore. Però sai, Lèontine, ci sono certi giorni in cui non riesco a padroneggiare la mia forza creativa, incontro difficoltà nell'inventare le figure e mi manca la forza per narrare situazioni autentiche, contesti di vita che soddisfino non solo il racconto delle impressioni momentanee ma anche l'energia di marcare la tela con figure che segnano il tempo e non cedano al crollo del tempo. E questo è un lavoro interessante che mi affascina e chiede energie continue."
Leontine: "Capisco le tue perplessità. Anche a me succede quando scrivo i romanzi e nella costruzione di un capitolo spesso mi sfuggono i pensieri che saranno specchio ad altri pensieri. E in quel momento trasformare i pensieri in racconto figurato diviene un esercizio che richiede sforzo, energia e concentrazione. Mentre tu trasformi i pensieri in visioni, in figure, e il racconto si fa colore, luce, trasfigurazione."
Giuseppe: " E ciò che è accaduto mentre dipingevo l'autoritratto. E qui Titine, la tessitura figurativa si è fatta più complessa. Lo sguardo, gli occhi. E io che guardo verso destra mentre tu e Jacques, mi osservate e mi ascoltate."
Lèontine: "Sento che qualcosa sfugge alla nostra vita quotidiana, un pensiero, una decisione, una scelta. Sei troppo preso da un pensiero che non ti dà tregua, vero?"
Giuseppe: "Non so cosa dire. Appare tutto scomposto in mille rivoli. Ed io sono costretto a ricercare il punto Omega dei colori e trasformare, tutti i punti, in un punto di luce misteriosa e viva. Così ricerca il punto Omega della nostra vita familiare e del mio lavoro di pittore."
Lèontine: "Fantastico la tua ricerca del punto Omega. Vorrei vivere in quel punto invisibile e stare con te e Jacques, nell'infinito del tempo. Comunque, Peppino, vorrei aggiungere che in questo Autoritratto rivedo gli occhi di Barletta, la luce tenera che possedevano i tuoi occhi barlettani.
Giuseppe: "Da tempo un fuoco brucia nelle mie vene. Ma ho sempre trovato la forza di reagire. Combattendo il fantasma che vive nella mia ombra."
Lèontine: "E allora, sarà il tuo fantasma a produrre insieme alla memoria nostra il punto Omega che tutto tiene, raccogliendo le immagini della tua memoria scritta e memoria non scritta composta dai profumi e dai sapori dell'infanzia, del sole della Terra di Puglia, del mare, di Napoli, di Resina…
Giuseppe: del Vesuvio, dell'Ofanto, di mia madre, mio padre e mio fratello, Vincenzo?
Lèontine: "Forse, ma non ne sono sicura! So soltanto che questa luce barlettana che rivedo nei tuoi occhi, mi riporta ai primi anni della nostra vita parigina, con i desideri, i sogni, le illusioni, sempre alla continua ricerca di progetti di vita da fare insieme. Ed eccoci qui, adesso."
Giuseppe: "Forse hai ragione. Ho perduto quella forza che mi consentiva di avere uno sguardo complessivo sulla nostra vita e sulla mia vita di pittore. Ma non cedo. Se vivo sempre più in un labirinto, tu sarai la mia Arianna, il mio perenne amore e Jacques, sarà il mio Teseo, la luce eterna dei miei occhi."
Lèontine: "Mi piace questo gioco sul mito. Ma Peppino, sarà meglio fermarci. Facciamo una pausa. Torniamo a Barletta, sostiamo a Napoli. Godiamoci Jacques, il suo amore, il nostro amore. Trascorriamo più tempo insieme. Il tempo fugge e tutto crolla!"
Giuseppe: "Va bene, amore mio. Va bene. Ho terminato l'Autoritratto. E sì, sì, ho bisogno di riposarmi. Desidero anch'io fare una pausa. Sento di dover pensare, riflettere, vivere, vivere! Si, ho terminato l'opera. Ma forse manca qualcosa!"
Lèontine: "Non credo, caro Peppino. Non manca nulla a quest'opera. E' bellissima. Forse, è talmente viva la presenza nell'Autoritratto che hai plasmato, che, da un momento all'altro, pare tu possa darmi voce, rispondere alle mie domande. Quando eri assente e io contemplavo l'Autoritratto, sembrava che tu fossi vivo e mi parlassi. Un gioco di voci e voci che sanno fare soltanto gli specchi, insieme alla magia dell'arte, la tua arte. Ho ascoltato la tua voce che mi raccontava della bellezza, dei fantasmi dei tuoi sogni, della tua dolcezza. Su, vieni qui, abbracciami."
E mentre Lèontine e Peppino si abbracciano, ecco che arriva Jacques, tutto trafelato e allegro. Si getta al collo del padre e poi abbraccia Lèontine. E chiede di andare all'aperto, perché desideracorrere, stare all'aria aperta e giocare, giocare nelgiardino di Rue de Viète, a Parigi. E finalmente, raccontare la giornata trascorsa con gli amici.
  • Giuseppe De Nittis
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