
Calcio
Pisacreta: «Essere arbitri è una grande responsabilità»
Il vice-presidente AIA e il significato dell'essere arbitri
Barletta - domenica 1 giugno 2014
Duecento partite dirette in serie A, settanta in B, la finale di Coppa Uefa 2004, la gara di apertura di Euro 2004 in Portogallo, la semifinale della stessa competizione e tantissime altre gare di prestigio. Questo è, in breve il curriculum dell'ex assistente Narciso Pisacreta, 51enne di Salerno ed attuale vice-presidente dell'AIA, insignito nella serata di martedì del premio "Pasquale Gialluisi" consegnatogli dal presidente della sezione AIA di Barletta Savino Filannino. Al termine della cerimonia di consegna del premio, Pisacreta ha risposto alle nostre domande e ci ha spiegato il significato dell'essere arbitri:
Qual è per lei il significato di questo premio? Ci descrive le emozioni che ha provato?
«È un premio importante perchè dedicato ad un grande arbitro di serie A come Pasquale Gialluisi. Avere questo riconoscimento è una gratificazione per quello che si è fatto e per quello che si farà nel futuro. Per me è stata davvero una gioia personale che terrò presente per tutta la vita».
Cosa le è sembrato dell'organizzazione che la sezione di Barletta ha saputo mettere in piedi? Possiamo affermare che la sezione gode di ottima salute?
«La sezione di Barletta, è guidata da un presidente, Savino Filannino che bisogna solo ringraziare per l'organizzazione e per l'impegno che infonde quotidianamente per tutti gli arbitri di Barletta. Ringrazio anche i presidenti di tutte le sezioni presenti in questa splendida occasione, una serata organizzata davvero in maniera ineccepibile. Questa è una sezione che ha come arbitro di punta Antonio Damato, un arbitro che è rappresentante della macroregione sud e fa parte dei dieci internazionali che l'Italia ha a livello UEFA e FIFA e questo certamente dà stimolo a tutti gli arbitri giovani che aspirano a seguire le sue gesta».
Volendo fare invece un bilancio dello stato di salute dell'AIA a livello nazionale?
«Noi abbiamo un'associazione che è composta di 35mila associati, abbiamo arbitri che quotidianamente vanno sui campi di gioco, dalla serie A ai campi di periferia a dirigere gare per il bene del calcio e per la passione che hanno tutti per il calcio. L'arbitro ha una grande passione, solo con una grande passione si può scendere in campo per dirigere una gara facendo felici gli spettatori che possono godere di questo spettacolo. L'AIA ha un grande passato, un grande presente, ed il futuro sarà sempre migliore perchè è fatta di uomini che applicano le regole e fanno rispettare le regole».
Lei ama utilizzare la definizione "virus arbitrale", cosa intende precisamente?
«Virus arbitrale significa che, si inizia per gioco, si inizia perchè si conosce un amico, un parente o per un motivo altro che può essere anche solo il detenere la tessera arbitrale per accedere agli stadi gratis, e pensate che io ho iniziato proprio per questo motivo, non ho avuto proprio nessuna folgorazione. Dopo però ci si rende conto che non si può più fare a meno di arbitrare, dopo il primo anno che ho iniziato, dal secondo anno non vedevo l'ora di ricevere la designazione e di andare a dirigere una gara, perchè davvero non si riesce più a farne a meno. Quando l'arbitro non viene designato ed è colpito dal virus, resta a casa e non sa cosa fare, gira perchè gli manca il terreno di gioco, il fischietto e la borsa da preparare per andare ad arbitrare».
Volendo invogliare i giovani ad avvicinarsi al mondo arbitrale con quali parole lo farebbe?
«Io dico che fare questa esperienza per dei ragazzi che hanno la passione per il calcio è importante. Dopo uno o due anni abbiamo una grossa dispersione perchè non è facile avere caratteristiche non solo tecniche, perchè il regolamento può impararlo chiunque nelle nostre sezioni, ma bisogna avere anche caratteristiche atletiche e umane con la forza di decidere, cosa che non è da tutti. Per i ragazzi questa è un'esperienza da fare perchè da forza e permette di maturare ed essere un punto di riferimento».
Qual è per lei il significato di questo premio? Ci descrive le emozioni che ha provato?
«È un premio importante perchè dedicato ad un grande arbitro di serie A come Pasquale Gialluisi. Avere questo riconoscimento è una gratificazione per quello che si è fatto e per quello che si farà nel futuro. Per me è stata davvero una gioia personale che terrò presente per tutta la vita».
Cosa le è sembrato dell'organizzazione che la sezione di Barletta ha saputo mettere in piedi? Possiamo affermare che la sezione gode di ottima salute?
«La sezione di Barletta, è guidata da un presidente, Savino Filannino che bisogna solo ringraziare per l'organizzazione e per l'impegno che infonde quotidianamente per tutti gli arbitri di Barletta. Ringrazio anche i presidenti di tutte le sezioni presenti in questa splendida occasione, una serata organizzata davvero in maniera ineccepibile. Questa è una sezione che ha come arbitro di punta Antonio Damato, un arbitro che è rappresentante della macroregione sud e fa parte dei dieci internazionali che l'Italia ha a livello UEFA e FIFA e questo certamente dà stimolo a tutti gli arbitri giovani che aspirano a seguire le sue gesta».
Volendo fare invece un bilancio dello stato di salute dell'AIA a livello nazionale?
«Noi abbiamo un'associazione che è composta di 35mila associati, abbiamo arbitri che quotidianamente vanno sui campi di gioco, dalla serie A ai campi di periferia a dirigere gare per il bene del calcio e per la passione che hanno tutti per il calcio. L'arbitro ha una grande passione, solo con una grande passione si può scendere in campo per dirigere una gara facendo felici gli spettatori che possono godere di questo spettacolo. L'AIA ha un grande passato, un grande presente, ed il futuro sarà sempre migliore perchè è fatta di uomini che applicano le regole e fanno rispettare le regole».
Lei ama utilizzare la definizione "virus arbitrale", cosa intende precisamente?
«Virus arbitrale significa che, si inizia per gioco, si inizia perchè si conosce un amico, un parente o per un motivo altro che può essere anche solo il detenere la tessera arbitrale per accedere agli stadi gratis, e pensate che io ho iniziato proprio per questo motivo, non ho avuto proprio nessuna folgorazione. Dopo però ci si rende conto che non si può più fare a meno di arbitrare, dopo il primo anno che ho iniziato, dal secondo anno non vedevo l'ora di ricevere la designazione e di andare a dirigere una gara, perchè davvero non si riesce più a farne a meno. Quando l'arbitro non viene designato ed è colpito dal virus, resta a casa e non sa cosa fare, gira perchè gli manca il terreno di gioco, il fischietto e la borsa da preparare per andare ad arbitrare».
Volendo invogliare i giovani ad avvicinarsi al mondo arbitrale con quali parole lo farebbe?
«Io dico che fare questa esperienza per dei ragazzi che hanno la passione per il calcio è importante. Dopo uno o due anni abbiamo una grossa dispersione perchè non è facile avere caratteristiche non solo tecniche, perchè il regolamento può impararlo chiunque nelle nostre sezioni, ma bisogna avere anche caratteristiche atletiche e umane con la forza di decidere, cosa che non è da tutti. Per i ragazzi questa è un'esperienza da fare perchè da forza e permette di maturare ed essere un punto di riferimento».

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