
Politica
Strada per Sergio Ramelli, Gioventù nazionale: «Sconcertante strumentalizzazione della sinistra»
La nota firmata da Riccardo Alicino
Barletta - sabato 10 maggio 2025
16.05
Sulla richiesta di intitolazione "di una strada, parco o giardino della città di Barletta" alla memoria di Sergio Ramelli, interviene altresì Gioventù Nazionale, con una nota a firma di Riccardo Alicino, presidente provinciale del movimento giovanile di Fratelli d'Italia: «Come comunità giovanile ci preme ringraziare la consigliera comunale Stella Mele per la sensibilità dimostrata su una storia che la nostra comunità politica – in particolare la sua ala giovanile – custodisce da sempre nel cuore e per aver sostenuto la campagna provinciale lanciata dal movimento giovanile in occasione del 50esimo anniversario della morte di Sergio.
Sergio Ramelli - prima messo all'indice nella sua scuola, poi bersaglio di pesanti intimidazioni assieme alla sua famiglia e infine brutalmente aggredito a colpi di chiavi inglesi sotto casa da militanti di estrema sinistra - era un ragazzo come noi: aveva 18 anni e un carattere mite, amava la musica, giocava a calcio in Oratorio. Portava i capelli lunghi e un sorriso stampato sul volto. Simpatizzava destra e decise solo più tardi di aderire al Fronte della Gioventù. La violenza non gli apparteneva minimamente, come si evince anche dalle indagini condotte sul suo caso. Altro che le farneticazioni lette nei comunicati stampa della sinistra barlettana, con accostamenti impropri addirittura al Fascismo. Riportare al cuore la storia di Sergio Ramelli - oramai oggetto di pubblicazioni letterarie e giornalistiche da parte di autori sia di destra che di sinistra, nonchè ricordato con l'emissione di un francobollo da Poste Italiane - significa aggiungere saldamente un ulteriore tassello al quadro di una riconciliazione nazionale. Perché una memoria condivisa si costruisce con il riconoscimento di una storia condivisa. E dalla sconcertante levata di scudi rappresentata da una
sfilza di comunicati stampa contro questa proposta, facciamo difficoltà a rintracciare non solo il riconoscimento ma anche una minima condanna di quanto avvenuto 50 anni fa. Perché questa storia infastidisce ancora molti? Ci auguriamo che non vi siano nostalgici della violenza morale, verbale e politica degli anni '70. Ma è piuttosto evidente che vi sia un arretramento culturale sul piano della riconciliazione (su cui negli scorsi anni si erano fatti passi in avanti) proveniente esclusivamente da una parte: solo negli ultimi giorni, infatti, in tutta Italia, da parte di certa sinistra, gli atti vili di oltraggio alla memoria di Sergio sono stati molteplici; targhe rimosse, minuti di silenzio negati, contestazioni durante le cerimonie istituzionali, escrementi su monumenti in suo ricordo. E i metodi dell'antifascismo militante, sono gli stessi: a quanti dei nostri ragazzi, ancora oggi, nelle scuole e nelle università, si procede con la messa al bando e i tentativi di negazione di agibilità politica? Quelle chiavi inglesi, le Hazet 36 da tre chili e mezzo, scagliate violentemente sul capo di Sergio, servivano a estirpare, letteralmente, le sue idee. 50 anni dopo continuiamo a difenderle con amore e il sorriso che portava stampato sul volto. Anche a Barletta, come in mille città d'Italia, il Consiglio Comunale, ricordando Sergio e i ragazzi vittime degli anni di piombo, dimostri che la pacificazione nazionale non è solo lettera morta, ma un processo possibile e concreto per sanare ferite e superare contrapposizioni», conclude Alicino.
Sergio Ramelli - prima messo all'indice nella sua scuola, poi bersaglio di pesanti intimidazioni assieme alla sua famiglia e infine brutalmente aggredito a colpi di chiavi inglesi sotto casa da militanti di estrema sinistra - era un ragazzo come noi: aveva 18 anni e un carattere mite, amava la musica, giocava a calcio in Oratorio. Portava i capelli lunghi e un sorriso stampato sul volto. Simpatizzava destra e decise solo più tardi di aderire al Fronte della Gioventù. La violenza non gli apparteneva minimamente, come si evince anche dalle indagini condotte sul suo caso. Altro che le farneticazioni lette nei comunicati stampa della sinistra barlettana, con accostamenti impropri addirittura al Fascismo. Riportare al cuore la storia di Sergio Ramelli - oramai oggetto di pubblicazioni letterarie e giornalistiche da parte di autori sia di destra che di sinistra, nonchè ricordato con l'emissione di un francobollo da Poste Italiane - significa aggiungere saldamente un ulteriore tassello al quadro di una riconciliazione nazionale. Perché una memoria condivisa si costruisce con il riconoscimento di una storia condivisa. E dalla sconcertante levata di scudi rappresentata da una
sfilza di comunicati stampa contro questa proposta, facciamo difficoltà a rintracciare non solo il riconoscimento ma anche una minima condanna di quanto avvenuto 50 anni fa. Perché questa storia infastidisce ancora molti? Ci auguriamo che non vi siano nostalgici della violenza morale, verbale e politica degli anni '70. Ma è piuttosto evidente che vi sia un arretramento culturale sul piano della riconciliazione (su cui negli scorsi anni si erano fatti passi in avanti) proveniente esclusivamente da una parte: solo negli ultimi giorni, infatti, in tutta Italia, da parte di certa sinistra, gli atti vili di oltraggio alla memoria di Sergio sono stati molteplici; targhe rimosse, minuti di silenzio negati, contestazioni durante le cerimonie istituzionali, escrementi su monumenti in suo ricordo. E i metodi dell'antifascismo militante, sono gli stessi: a quanti dei nostri ragazzi, ancora oggi, nelle scuole e nelle università, si procede con la messa al bando e i tentativi di negazione di agibilità politica? Quelle chiavi inglesi, le Hazet 36 da tre chili e mezzo, scagliate violentemente sul capo di Sergio, servivano a estirpare, letteralmente, le sue idee. 50 anni dopo continuiamo a difenderle con amore e il sorriso che portava stampato sul volto. Anche a Barletta, come in mille città d'Italia, il Consiglio Comunale, ricordando Sergio e i ragazzi vittime degli anni di piombo, dimostri che la pacificazione nazionale non è solo lettera morta, ma un processo possibile e concreto per sanare ferite e superare contrapposizioni», conclude Alicino.