Football Americano: Danilo Bonaparte
Football Americano: Danilo Bonaparte
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Football americano: un “toro matto” sul tetto d’Europa

Intervista a Danilo Bonaparte, formidabile running-back dei Mad Bulls Barletta, neo campione d’Europa con la Nazionale

BarlettaViva ha oggi l'onore e il piacere di intervistare per voi Danilo Bonaparte: classe 1990, nativo di Trepuzzi, 5 volte campione d'Italia di Football Americano con i Seamen Milano ed oggi punta di diamante dei Mad Bulls del presidente Manuel Marzocca in Terza Divisione CIF 9.
Danilo Bonaparte fa parte degli "eroi di Malmoe" che domenica pomeriggio, dopo ben 34 anni, hanno riportato in Italia il titolo Europeo per nazioni.

Danilo Bonaparte, ormai sei entrato nella storia del Football Americano made in Italy. Dopo anni ed anni passati a macinare yard sui campi di tutta Italia, cosa si prova dopo aver raggiunto un traguardo così prestigioso come la vittoria dell'Europeo con la Nazionale?
«Un'emozione indescrivibile. Non c'è molto di paragonabile. Un traguardo che rincorrevamo da ormai troppo tempo, dal lontano 2014, quando la federazione decise di ricostruire la squadra dopo il fallimento della qualificazione agli europei 2013. Raccontarlo oggi fa venire ancora la pelle d'oca, perché una partita del genere non la giochi tutti i giorni e probabilmente potrebbe essere l'unica e sola».

In finale avete sconfitto in casa loro gli svedesi con un netto 41-14. Vi aspettavate tutto questo divario? Ma soprattutto pregustavate già il trionfo?
«Assolutamente no. Nessuno di noi si aspettava una vittoria così netta. Eravamo molto fiduciosi delle nostre capacita e qualità, dei nostri schemi e del potenziale che ognuno di noi poteva esprimere, ma non potevamo immaginare questo divario, figlio probabilmente dell'ottima preparazione, dell'umile lavoro sul campo, della scrupolosa attenzione ai dettagli e magari perché no, anche l'essere stati sottovalutati».

Dopo questa grande vittoria, può finalmente il Football Americano affermarsi in Italia come sport nazionale, e magari ricevere dai media l'attenzione che merita visto il crescente numero di praticanti?
«Tutti noi ce lo auguriamo perché è uno sport che merita tanto. E' molto spettacolare e una volta che ci sei dentro, diventa maledettamente affascinante».

Hai iniziato a giocare a grandi livelli coi Seamen Milano sin da giovanissimo. Cosa ti ha fatto innamorare sin di questo sport?
«La spettacolarità. È uno sport americano, e come tutti gli sport americani punta molto allo spettacolo, nel bene e nel male. È uno sport che simula la guerra. Metro dopo metro devi avanzare sul territorio nemico per via aerea o per via terra. Non è una casualità, infatti, che sia lo sport nazionale americano».

Sei l'unico del roster campione d'Europa che gioca al Sud. Cosa manca alle nostre squadre per spezzare, soprattutto in Prima Divisione, l'egemonia degli squadroni del Nord Italia?
«Manca prima di tutto il personale. Se hai personale, e aumenta il numero dei praticanti, ci sarà più possibilità che qualcuno venga convocato e di conseguenza che cresca tutto il movimento del Sud, che cresca il numero delle squadre e di conseguenza la qualità dei giocatori stessi».

Hai giocato per ben dieci anni nei Seamen Milano e hai vinto cinque volte l'Italian Bown (Campionato di Prima Divisione ndr), ora sei campione d'Europa con il "Blue Team" e ti manca solo il titolo di Terza Divisione CIF 9 con i Mad Bulls. Sarà il 2022 l'anno buono?
«
Lo si spera. Lo spero. Nel campionato passato son venuti a mancare dei tasselli importanti alla squadra che, seppur piccoli, sommati fanno la differenza. La società è corsa ai ripari cercando di colmare quelle lacune che si erano mostrate. Dopodiché tocca al giocatore impegnarsi dentro e fuori dal campo affinché gli sforzi societari e dello staff siano valsi a qualcosa. Niente cade dal cielo».

A chi dedichi il trionfo di Malmoe?
«Il trofeo lo dedico alla mia famiglia e alla mia compagna, che mi sostengono sempre, ovunque io vada, comprendendo i sacrifici che faccio. E poi c'è lui, mio figlio Brando, che mi regala sempre emozioni e che spero possa dire un giorno: bravo papà».
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