.jpg)
Calcio
Dopo l'addio parla Novelli: "Mai legato con Martino, avevo pensato alle dimissioni prima di Perugia"
L'ex allenatore del Barletta torna sul suo secondo esonero
Barletta - giovedì 7 marzo 2013
20.05
Da qualche giorno sulla panchina del Barletta siede Nevio Orlandi, terzo allenatore stagionale dopo Novelli (in due tranche) e Stringara. Raffaele Novelli ha salutato Barletta dopo 16 panchine complessive, che hanno portato in dote molti applausi per il gioco offerto ma appena 10 punti alla prova del campo, frutto di due vittorie, 4 pareggi e 10 ko, con ben 30 centri al passivo e appena 14 realizzati, con una media punti di 0-62/partita. Una scelta, quella di congedare l'allenatore salernitano, tesa a "staccare" del tutto il cordone ombelicale con il recente passato rappresentato anche da Peppino Pavone, che con il mister e il placet del presidente Tatò aveva plasmato la rosa in estate. Raggiunto telefonicamente a Salerno, l'ex allenatore biancorosso fino a domenica, data dell'1-2 interno contro il Gubbio, è tornato sul suo rapporto con piazza e società in un'intervista.
Mister Novelli, l'avventura con il Barletta è di fatto finita dopo l'1-2 contro il Gubbio. Quando ha capito che il suo tempo in biancorosso era agli sgoccioli?
"L'ho capito quando c'è stato l'arrivo del nuovo direttore sportivo Martino. Non c'era unità d'intenti, ha dei metodi diversi dai miei; al mio ritorno ero d'accordo su tutto con il presidente, poi con l'arrivo di Martino sono cambiate le cose".
Il nuovo ds è arrivato una partita dopo il suo ritorno: dobbiamo pensare che il Novelli-bis non sia mai cominciato?
"Io sono tornato e avevamo chiarito con il presidente Tatò: avevamo fatto chiarezza su come andare avanti, mi erano state date delle garanzie. Il rammarico è stato quello di non poter continuare e raggiungere la salvezza, obiettivo per me alla portata del Barletta. Il modo in cui è andata non è stato una mia volontà: io so come sono andate le cose, lascio agli altri le valutazioni".
In sede di conferenza domenica il presidente Tatò aveva detto che lei avrebbe dovuto pensare meno a stringere rapporti con la tifoseria e più a studiare come mettere in campo la squadra. Lei come ha reagito a questa frase?
"E' nelle funzioni di un presidente quella di esonerare il tecnico. Io credo bisogni avere più rispetto dell'aspetto umano. Io ho avuto rispetto della tifoseria, come ne ho avuto per la stampa e la città. Se i tifosi mi stimano, è perché avranno apprezzato la mia dignità, la mia serietà e la mia professionalità. Sono sicuro che i tifosi barlettani abbiano una grande intelligenza, anche domenica ci hanno sostenuti in modo maturo, stupendo, fino al fischio finale. Quello detto sotto l'aspetto umano, personalmente, mi fa male più dell'esonero in sé. Ognuno ora va avanti per la propria strada: l'unica cosa che non mi è mai appartenuta è stata quella di cercare legami con tifoseria e stampa, penso che pensare questo di me sia un'offesa sotto l'aspetto umano. I tifosi si legano alle promesse e io non ne ho mai fatte: non adirò le vie legali contro il Barletta, perché non mi interessa. Certo, il presidente avrebbe potuto utilizzare altri termini, ma ognuno è libero di parlare come preferisce".
Crede di aver pagato nei rapporti con la dirigenza le parole riportate da alcuni giornali di Nocera Inferiore il 30 gennaio, dove diceva chiaramente di attendersi "4 rinforzi" dal mercato di gennaio?
"Non ho detto quelle parole in quella precisa occasione, ma prima di tornare a Barletta, ripeto, avevo chiesto delle garanzie che il presidente mi aveva dato: con l'ingresso del direttore Martino queste condizioni erano cambiate. Io avevo deciso di andare via dopo Perugia, e forse sbagliando ho deciso di restare dopo quell'abbraccio, senza scappare nei momenti di difficoltà. Sinceramente non condividevo alcune situazioni, e ho preferito sbagliare con la mia testa, perché credo in quello che faccio. Come la stampa ha spesso riportato già a gennaio, c'era già un orientamento verso un'alternativa al sottoscritto in panchina: sul tema ho avuto anche uno scontro con il ds Martino. Io chiedevo giocatori con certe caratteristiche, invece si deviava su altre situazioni: nel colloquio avuto con il direttore, ho anticipato a inizio gennaio quanto avvenuto ora, ossia la mancanza di stima professionale. Lui mi aveva smentito questo, ma ho ravvisato un'idea diversa di fare calcio tra noi due".
Il tema più dibattuto a gennaio è stato il calciomercato: quando lei era tornato le erano stati promessi determinati rinforzi? Quante trattative sono state mancate? E soprattutto, perché non ha rassegnato le dimissioni l'1 febbraio?
"Quando io sono rientrato, c'era unità d'intenti con il presidente sulle garanzie per andare avanti. Per quanto riguarda i rinforzi, credo che le promesse di acquisti fossero state già fatte quando ero fuori dai giochi dopo il primo esonero. L'arrivo del nuovo direttore sportivo ha cambiato le cose. Avevo pensato di andarmene dopo la partita di Perugia, ma gli abbracci con i calciatori e le frasi che loro mi hanno rivolto, per convincermi a restare, hanno fatto sì che non avessi la forza di voltare le spalle ai ragazzi in rosa, che hanno creduto e credono ancora in me. Martino non ha creato le condizioni per poter migliorare qualcosa, e quel gesto dei ragazzi al gol, manifestato anche a fine partita, mi ha portato a non lasciare il Barletta, perché credo che anche se sono venute meno delle promesse, questa squadra può salvarsi".
Domenica abbiamo visto il più brutto Barletta della stagione nei primi 45'. Come si è spiegato questa involuzione sul piano fisico e psicologico? Come è stata preparata la partita?
"Nel primo tempo è stata una brutta partita, vero. Abbiamo migliorato giusto qualcosina nella seconda parte, dove per poco non abbiamo anche pareggiato. La squadra era molto tesa, nervosa come mai: io ho dei metodi diversi rispetto a qualcuno, la squadra tra giovedì, venerdì e sabato ha avuto diversi colloqui con il ds Martino e questo credo possa aver influito sul loro approccio alla partita. E' un gruppo giovane, con molti calciatori che non avevano mai vissuto questa situazione: credo andassero usati metodi diversi. Secondo me i colloqui non hanno spronato i calciatori e dato loro serenità".
Cosa intende con questa affermazione?
"Sa, io conosco il direttore Martino da tanti anni, e non nascondo che quando sono venuto a Barletta, lui mi aveva chiesto una mano per venire a fare il direttore sportivo. Io sono un allenatore e questa non è materia di mia competenza, che giustamente spetta alla società. Con il ds abbiamo avuto diversi scontri dialettici, già dall'inizio di gennaio, nei quali si poteva pensare a migliorare qualcosa invece di pensare a formazioni e moduli di gioco. La mia dignità non ha prezzo: la mia ricchezza sono i valori umani, che nessuno può toccare".
Secondo lei cosa è cambiato con l'arrivo del ds Martino nelle scelte di mercato?
"Il presidente è liberissimo, come normale che sia, di fare le sue scelte. Io penso che chi è subentrato, se avesse avuto maggiore attenzione a migliorare qualcosa, invece di pensare alle formazioni e al modulo di gioco, avrebbe permesso a tutti di migliorare tantissimo. Io credo che ci debba sempre essere rispetto sotto l'aspetto umano. Personalmente cercavo un sostegno diverso da quello avuto dal 6 gennaio fino a qualche giorno fa, diverso dai metodi che ha il direttore Martino".
Si è sentito con il suo successore Orlandi?
"Con Nevio c'è sempre stata una stima reciproca: negli anni in cui io allenavo la "Primavera" della Salernitana e lui quella della Reggina ci siamo spesso incrociati. Non è tanto il chi mi ha sostituito, ma i modi in cui è maturato il mio esonero che mi lasciano perplesso. Una cosa è certa: quando uno ha visionato tutte le partite del Barletta, sia dal vivo che via dvd, vuol dire che o il Barletta è una squadra davvero bella da vedere per la qualità di gioco o è una squadra simpatica. Probabilmente ero in bilico già dopo Benevento, ma è stato più facile mandarmi via dopo alcune sconfitte. Forse con un discorso diverso dopo i successi contro Perugia e Pisa, avremmo dato continuità al lavoro. Poi penso che oltre alla sfida contro il Gubbio, abbiamo dimostrato di essere sempre vivi e abbiamo sempre giocato a calcio".
Come vuole salutare la piazza di Barletta?
"Il mio augurio è quello che il Barletta si salvi: lo spero per la tifoseria, con la quale non ho legami ma per la quale ho stima. Hanno avuto grande pazienza per la mancanza di risultati, e soprattutto spero continuino a incitare e stare vicino ai ragazzi, perché il calcio a Barletta è un grande patrimonio per la città e va difeso attraverso la passione che ci stanno mettendo. Sicuramente avremmo potuto ottenere qualcosa in più nelle partite in cui sono stato in panchina, ci hanno criticato quando bisognava farlo e ci hanno sostenuti quando lo meritavamo. Un grazie di cuore va ai miei ragazzi, che hanno grandi qualità umane e professionali: loro non sono stati causa del mio esonero. Loro devono continuare a lottare perché hanno i mezzi per salvarsi, e mi sarebbe piaciuto restare con loro fino alla fine".
(Twitter: @GuerraLuca88)
Mister Novelli, l'avventura con il Barletta è di fatto finita dopo l'1-2 contro il Gubbio. Quando ha capito che il suo tempo in biancorosso era agli sgoccioli?
"L'ho capito quando c'è stato l'arrivo del nuovo direttore sportivo Martino. Non c'era unità d'intenti, ha dei metodi diversi dai miei; al mio ritorno ero d'accordo su tutto con il presidente, poi con l'arrivo di Martino sono cambiate le cose".
Il nuovo ds è arrivato una partita dopo il suo ritorno: dobbiamo pensare che il Novelli-bis non sia mai cominciato?
"Io sono tornato e avevamo chiarito con il presidente Tatò: avevamo fatto chiarezza su come andare avanti, mi erano state date delle garanzie. Il rammarico è stato quello di non poter continuare e raggiungere la salvezza, obiettivo per me alla portata del Barletta. Il modo in cui è andata non è stato una mia volontà: io so come sono andate le cose, lascio agli altri le valutazioni".
In sede di conferenza domenica il presidente Tatò aveva detto che lei avrebbe dovuto pensare meno a stringere rapporti con la tifoseria e più a studiare come mettere in campo la squadra. Lei come ha reagito a questa frase?
"E' nelle funzioni di un presidente quella di esonerare il tecnico. Io credo bisogni avere più rispetto dell'aspetto umano. Io ho avuto rispetto della tifoseria, come ne ho avuto per la stampa e la città. Se i tifosi mi stimano, è perché avranno apprezzato la mia dignità, la mia serietà e la mia professionalità. Sono sicuro che i tifosi barlettani abbiano una grande intelligenza, anche domenica ci hanno sostenuti in modo maturo, stupendo, fino al fischio finale. Quello detto sotto l'aspetto umano, personalmente, mi fa male più dell'esonero in sé. Ognuno ora va avanti per la propria strada: l'unica cosa che non mi è mai appartenuta è stata quella di cercare legami con tifoseria e stampa, penso che pensare questo di me sia un'offesa sotto l'aspetto umano. I tifosi si legano alle promesse e io non ne ho mai fatte: non adirò le vie legali contro il Barletta, perché non mi interessa. Certo, il presidente avrebbe potuto utilizzare altri termini, ma ognuno è libero di parlare come preferisce".
Crede di aver pagato nei rapporti con la dirigenza le parole riportate da alcuni giornali di Nocera Inferiore il 30 gennaio, dove diceva chiaramente di attendersi "4 rinforzi" dal mercato di gennaio?
"Non ho detto quelle parole in quella precisa occasione, ma prima di tornare a Barletta, ripeto, avevo chiesto delle garanzie che il presidente mi aveva dato: con l'ingresso del direttore Martino queste condizioni erano cambiate. Io avevo deciso di andare via dopo Perugia, e forse sbagliando ho deciso di restare dopo quell'abbraccio, senza scappare nei momenti di difficoltà. Sinceramente non condividevo alcune situazioni, e ho preferito sbagliare con la mia testa, perché credo in quello che faccio. Come la stampa ha spesso riportato già a gennaio, c'era già un orientamento verso un'alternativa al sottoscritto in panchina: sul tema ho avuto anche uno scontro con il ds Martino. Io chiedevo giocatori con certe caratteristiche, invece si deviava su altre situazioni: nel colloquio avuto con il direttore, ho anticipato a inizio gennaio quanto avvenuto ora, ossia la mancanza di stima professionale. Lui mi aveva smentito questo, ma ho ravvisato un'idea diversa di fare calcio tra noi due".
Il tema più dibattuto a gennaio è stato il calciomercato: quando lei era tornato le erano stati promessi determinati rinforzi? Quante trattative sono state mancate? E soprattutto, perché non ha rassegnato le dimissioni l'1 febbraio?
"Quando io sono rientrato, c'era unità d'intenti con il presidente sulle garanzie per andare avanti. Per quanto riguarda i rinforzi, credo che le promesse di acquisti fossero state già fatte quando ero fuori dai giochi dopo il primo esonero. L'arrivo del nuovo direttore sportivo ha cambiato le cose. Avevo pensato di andarmene dopo la partita di Perugia, ma gli abbracci con i calciatori e le frasi che loro mi hanno rivolto, per convincermi a restare, hanno fatto sì che non avessi la forza di voltare le spalle ai ragazzi in rosa, che hanno creduto e credono ancora in me. Martino non ha creato le condizioni per poter migliorare qualcosa, e quel gesto dei ragazzi al gol, manifestato anche a fine partita, mi ha portato a non lasciare il Barletta, perché credo che anche se sono venute meno delle promesse, questa squadra può salvarsi".
Domenica abbiamo visto il più brutto Barletta della stagione nei primi 45'. Come si è spiegato questa involuzione sul piano fisico e psicologico? Come è stata preparata la partita?
"Nel primo tempo è stata una brutta partita, vero. Abbiamo migliorato giusto qualcosina nella seconda parte, dove per poco non abbiamo anche pareggiato. La squadra era molto tesa, nervosa come mai: io ho dei metodi diversi rispetto a qualcuno, la squadra tra giovedì, venerdì e sabato ha avuto diversi colloqui con il ds Martino e questo credo possa aver influito sul loro approccio alla partita. E' un gruppo giovane, con molti calciatori che non avevano mai vissuto questa situazione: credo andassero usati metodi diversi. Secondo me i colloqui non hanno spronato i calciatori e dato loro serenità".
Cosa intende con questa affermazione?
"Sa, io conosco il direttore Martino da tanti anni, e non nascondo che quando sono venuto a Barletta, lui mi aveva chiesto una mano per venire a fare il direttore sportivo. Io sono un allenatore e questa non è materia di mia competenza, che giustamente spetta alla società. Con il ds abbiamo avuto diversi scontri dialettici, già dall'inizio di gennaio, nei quali si poteva pensare a migliorare qualcosa invece di pensare a formazioni e moduli di gioco. La mia dignità non ha prezzo: la mia ricchezza sono i valori umani, che nessuno può toccare".
Secondo lei cosa è cambiato con l'arrivo del ds Martino nelle scelte di mercato?
"Il presidente è liberissimo, come normale che sia, di fare le sue scelte. Io penso che chi è subentrato, se avesse avuto maggiore attenzione a migliorare qualcosa, invece di pensare alle formazioni e al modulo di gioco, avrebbe permesso a tutti di migliorare tantissimo. Io credo che ci debba sempre essere rispetto sotto l'aspetto umano. Personalmente cercavo un sostegno diverso da quello avuto dal 6 gennaio fino a qualche giorno fa, diverso dai metodi che ha il direttore Martino".
Si è sentito con il suo successore Orlandi?
"Con Nevio c'è sempre stata una stima reciproca: negli anni in cui io allenavo la "Primavera" della Salernitana e lui quella della Reggina ci siamo spesso incrociati. Non è tanto il chi mi ha sostituito, ma i modi in cui è maturato il mio esonero che mi lasciano perplesso. Una cosa è certa: quando uno ha visionato tutte le partite del Barletta, sia dal vivo che via dvd, vuol dire che o il Barletta è una squadra davvero bella da vedere per la qualità di gioco o è una squadra simpatica. Probabilmente ero in bilico già dopo Benevento, ma è stato più facile mandarmi via dopo alcune sconfitte. Forse con un discorso diverso dopo i successi contro Perugia e Pisa, avremmo dato continuità al lavoro. Poi penso che oltre alla sfida contro il Gubbio, abbiamo dimostrato di essere sempre vivi e abbiamo sempre giocato a calcio".
Come vuole salutare la piazza di Barletta?
"Il mio augurio è quello che il Barletta si salvi: lo spero per la tifoseria, con la quale non ho legami ma per la quale ho stima. Hanno avuto grande pazienza per la mancanza di risultati, e soprattutto spero continuino a incitare e stare vicino ai ragazzi, perché il calcio a Barletta è un grande patrimonio per la città e va difeso attraverso la passione che ci stanno mettendo. Sicuramente avremmo potuto ottenere qualcosa in più nelle partite in cui sono stato in panchina, ci hanno criticato quando bisognava farlo e ci hanno sostenuti quando lo meritavamo. Un grazie di cuore va ai miei ragazzi, che hanno grandi qualità umane e professionali: loro non sono stati causa del mio esonero. Loro devono continuare a lottare perché hanno i mezzi per salvarsi, e mi sarebbe piaciuto restare con loro fino alla fine".
(Twitter: @GuerraLuca88)
Ricevi aggiornamenti e contenuti da Barletta 

.jpg)




.jpg)
.jpg)
