
Calcio
Damato: «Stagione soddisfacente, la semifinale di Champions esperienza incredibile»
Il fischietto internazionale barlettano si racconta ai nostri microfoni
Barletta - giovedì 5 giugno 2014
9.13
Un'altra stagione al top, un'altra stagione ai massimi livelli con una semifinale di ritorno di Champions League come fiore all'occhiello. Sono passati ormai più di 7 anni dal debutto in serie A e 4 anni da quello in campo internazionale, ma Antonio Damato resta sempre sulla cresta dell'onda, resta sempre l'orgoglio della sezione AIA di Barletta e di tutta la classe arbitrale del sud, oltre che ovviamente delle città della Disfida. Al termine di questa annata, Damato ci ha voluto raccontare in una lunga intervista il suo vissuto quotidiano sui campi d'Italia e d'Europa, con la mente sempre rivolta alla sua città, per la quale conserva sempre un posto speciale nel proprio cuore.
Dieci giorni fa c'è stata l'assegnazione del premio "Pasquale Gialluisi" a Narciso Pisacreta, una serata di gala per la sezione AIA di Barletta. Come ha vissuto la cerimonia da arbitro simbolo della sezione barlettana e di tutte quelle pugliesi?
«Da parte mia l'ho vissuta come una splendida serata. Non è facile per una realtà come Barletta organizzare una manifestazione di quella portata, considerando che non siamo la sezione più grande di Puglia. Questo è un merito per noi, che stiamo cercando di emergere sia sul campo che fuori e lo stiamo facendo con tanta semplicità e spontaneità ma allo stesso tempo anche con grande organizzazione. Dal punto di vista del contenuto la serata è servita a commemorare la figura di Pasquale Gialluisi, fondatore della nostra sezione a cui tutti noi ragazzi ci siamo ispirati, e che è stato sempre punto di riferimento per noi, sia per il trascorso tecnico che per il suo modo di essere fuori dal campo caratterizzato da eleganza e signorilità senza dimenticare il suo rapportarsi a noi con la massima umiltà. Una manifestazione del genere deve servire ai ragazzi più giovani per avere un riferimento e uno sprone per impegnarsi e raggiungere quei traguardi raggiunti da Pasquale Gialluisi. Perchè credo che quei traguardi, ed io ne sono la prova concreta non siano raggiungibili da tutti ma da qualcuno dotato di talento, passione e spirito di sacrificio, certamente si».
Si sente in qualche modo l' erede di Pasquale Gialluisi?
«Dati alla mano, il secondo arbitro barlettano ad arrivare in serie serie A sono stato io, e sono stato addirttura il primo a diventare internazionale quindi l'ho anche superato. E' fuori dubbio però che sia stato una persona a cui mi sono ispirato, l'ho conosciuto personalmente quando appena entrato in sezione a 16 anni cercavo modelli a cui ispirarmi. Lungo il mio cammino ho avuto riferimenti come Pasquale Gialluisi ma anche Ruggiero Gambino con cui mi sono allenato per parecchi anni, e da cui ho carpito tanti segreti, esperienze da mettere in pratica, che mi sono servite poi per spiccare il volo».
Ha ancora una volta trascorso una stagione intensa e ad altissimi livelli, con l'apice della semifinale di ritorno di Champions League tra Chelsea e Atletico, ci parli di quella esperienza?
«L'esperienza di Londra è stata per me un qualcosa di davvero bellissimo, oltre che una grande soddisfazione. Sono stato designato da arbitro addizionale, una figura che ormai sia in serie A che a livello UEFA riveste un ruolo importantissimo. Se pensiamo che un arbitro su un campione di 100 decisioni qualcuna può anche sbagliarla, l'addizionale viene chiamato in causa una o due volte e non può assolutamente sbagliare. L'esperienza di una semifinale di Champions League, vista la portata dell'evento, è per me motivo di grande soddisfazione e arriva alla fine di una annata che ritengo ottima sia in campo nazionale che internazionale».
Viaggiando in giro per l'Europa avrà notato la differenza tra le strutture europee e quelle italiane. Cosa ci manca per arrivare a quei livelli?
«In Italia, effettivamente, non manca nulla se non gli stadi che poi sono l'essenza di tutto. Qui in Italia a parte due o tre strutture come Juventus Stadium, San Siro o Marassi di Genova, il resto non è all'avanguardia. Girando l'Europa, senza contare gli stadi a 5 stelle come il Bernabeu, il Camp Nou, lo Stanford Bridge o l'Amsterdam Arena, ma anche considerando stadi da Europa League come quello della Steaua Bucarest che ho calcato, notiamo stadi nuovi e costruiti per il calcio, privi di pista, con una visibilità notevole da ogni settore, coperti e con posti a sedere. Queste sono tutte caratteristiche che permettono al tifoso di godersi lo spettacolo al meglio. Se in Italia gli stadi fossero tutti così li vedremmo pieni ogni domenica come in Germania o in Inghilterra».
A proposito di strutture, sicuramente starà seguendo la questione "Puttilli", che idea si è fatto?
«Sicuramente quanto sta accadendo con lo stadio "Puttilli" non è granchè edificante per tutte le componenti. Si poteva approfittare della sosta tra una stagione e l'altra quantomeno per cominciare i lavori e concluderli nei primi mesi della prossima stagione, ma si è persa un'opportunità. Credo che per la prossima stagione il Barletta calcio potrebbe avere delle difficoltà per sostenere allenamenti e partite casalinghe. Non conosco le dinamiche che hanno portato allo slittamento dei lavori, ma ripeto, ci saranno sicuramente difficoltà a livello logistico nella gestione di questa situazione».
Dopo tanti anni di serie A, come trova il modo di porsi dei calciatori nei confronti dell'arbitro dal momento del suo esordio ad oggi?
«Devo dire che quando sono arrivato in A, il rapporto arbitro-calciatore era molto diverso da adesso, infatti posso dire che è molto migliorato da allora. Tra i calciatori è cambiata la mentalità, noi arbitri siamo finalmente visti come uomini che si allenano e fanno sacrifici come loro e non più come extraterrestri scesi sulla terra solo per arbitrare. Dal canto nostro anche noi come classe arbitrale, ci stiamo dimostrando maggiormente aperti, ammettendo i nostri errori magari parlando con i capitani delle squadre esponendo il nostro punto di vista e ascoltando il loro, instaurando così un confronto che potrà tornare utile anche nelle partite successive nelle quali ci si incontrerà nuovamente. La protesta comunque sia ci sarà sempre perchè è un qualcosa di fisiologico, ogni tanto si assiste a situazioni poco edificanti ed in quel caso non ci resta che far rispettare le regole».
A livello europeo ha notato differenze di comportamento dei calciatori rispetto a quelli italiani?
«A livello europeo c'è più rispetto per l'operato dell'arbitro. All'estero c'è una cultura sportiva diversa rispetto a quella italiana, ma va anche detto che all'estero ci vai una volta e poi magari incontri la stessa squadra l'anno successivo, cosa che non accade con le squadre italiane che incontri 4-5 volte e può capitare l'episodio particolare che può creare tensione tra te e la società o te e la squadra. La UEFA poi dal canto suo con le iniziative del "fair play" e del "respect" pone molti deterrenti a società e giocatori tanto da creare le condizioni per far svolgere gli aventi al meglio, anche se, ovviamente anche all'estero a volte qualcosa succede».
Per quel che riguarda invece il livello di civiltà sportiva sugli spalti, quali sono le differenze Italia-estero?
«C'è un luogo comune che vede il tifoso italiano diverso da quello straniero, tendenzialmente è così, ma il tifoso italiano non è poi così come lo si vuol descrivere. Il tifoso italiano è diventato competente, sa quando è un arbitro ad aver sbagliato o quando è il proprio calciatore, cosa che prima non accadeva, tendendo sempre ad incolpare l'arbitro e mai il proprio calciatore. All'estero ci sono realtà in cui dell'arbitro non si parla mai perchè per la loro mentalità non è parte fondamentale della partita, ma la differenza più rilevante è l'assenza all'estero del tifo "contro". Questa del tifo contro l'avversario è una caratteristica tipicamente italiana, ma in fin dei conti ti confesso che concentrandomi su quello che accade in campo posso prestare davvero poca attenzione a quello che accade sugli spalti».
Le è mai capitato di fronteggiare episodi di razzismo?
«Personalmente no, comunque sia le direttive UEFA sono molto chiare: in caso di insulti razzisti si procede con un richiamo tramite autoparlanti, poi in caso di recidiva, l'arbitro è autorizzato a sospendere la partita prima temporaneamente e poi definitivamente. Sono direttive giuste e sacrosante perchè è assurdo che nel 2014 si debba ancora fronteggiare chi denigra calciatori solo per il colore diverso della pelle».
Ora è in vacanza, ma quali sono le tappe che ti condurranno alla prossima stagione?
«Ora mi godo un periodo di relax, poi inizierò dai primi di luglio la preparazione alla prossima stagione in vista del raduno pre-campionato a Sportilia dove bisogna essere allenati e pronti ad essere sottoposti ai test atletici. La preparazione la sosterrò a Barletta e sarà al pari di quelle che normalmente sostengono le varie squadre. La stagione comincerà con i preliminari di Europa League e le varie amichevoli per poi arrivare all'esordio in campionato».
Per finire, mancano ormai due anni al termine della sua carriera, le è mai capitato di pensare a quello che farà al termine di essa?
«Intanto, spero che possano mancare più di due anni alla fine della mia carriera arbitrale, ed infatti ne potrebbero mancare tre o anche quattro. In effetti sono nella seconda parte del mio percorso di arbitro di serie A e mi capita di pensare a quello che potrebbe essere il mio futuro extra-arbitrale. Mi piacerebbe rimanere nel mondo del calcio e nell'ambiente AIA per trasmettere ai giovani l'esperienza di una vita, il tutto dipende da quello che ti viene offerto perchè noi non siamo come i calciatori che hanno più possibilità, noi possiamo fare gli osservatori o i designatori di commissione. Io ho trascorso la maggior parte della mia vita sui terreni di gioco, voglio rimanere un arbitro e lo sarò sempre, del futuro non si può avere certezza ma di sicuro amo il mondo del calcio e tutto quello che farò, lo farò come sempre con passione ed entusiasmo».
Dieci giorni fa c'è stata l'assegnazione del premio "Pasquale Gialluisi" a Narciso Pisacreta, una serata di gala per la sezione AIA di Barletta. Come ha vissuto la cerimonia da arbitro simbolo della sezione barlettana e di tutte quelle pugliesi?
«Da parte mia l'ho vissuta come una splendida serata. Non è facile per una realtà come Barletta organizzare una manifestazione di quella portata, considerando che non siamo la sezione più grande di Puglia. Questo è un merito per noi, che stiamo cercando di emergere sia sul campo che fuori e lo stiamo facendo con tanta semplicità e spontaneità ma allo stesso tempo anche con grande organizzazione. Dal punto di vista del contenuto la serata è servita a commemorare la figura di Pasquale Gialluisi, fondatore della nostra sezione a cui tutti noi ragazzi ci siamo ispirati, e che è stato sempre punto di riferimento per noi, sia per il trascorso tecnico che per il suo modo di essere fuori dal campo caratterizzato da eleganza e signorilità senza dimenticare il suo rapportarsi a noi con la massima umiltà. Una manifestazione del genere deve servire ai ragazzi più giovani per avere un riferimento e uno sprone per impegnarsi e raggiungere quei traguardi raggiunti da Pasquale Gialluisi. Perchè credo che quei traguardi, ed io ne sono la prova concreta non siano raggiungibili da tutti ma da qualcuno dotato di talento, passione e spirito di sacrificio, certamente si».
Si sente in qualche modo l' erede di Pasquale Gialluisi?
«Dati alla mano, il secondo arbitro barlettano ad arrivare in serie serie A sono stato io, e sono stato addirttura il primo a diventare internazionale quindi l'ho anche superato. E' fuori dubbio però che sia stato una persona a cui mi sono ispirato, l'ho conosciuto personalmente quando appena entrato in sezione a 16 anni cercavo modelli a cui ispirarmi. Lungo il mio cammino ho avuto riferimenti come Pasquale Gialluisi ma anche Ruggiero Gambino con cui mi sono allenato per parecchi anni, e da cui ho carpito tanti segreti, esperienze da mettere in pratica, che mi sono servite poi per spiccare il volo».
Ha ancora una volta trascorso una stagione intensa e ad altissimi livelli, con l'apice della semifinale di ritorno di Champions League tra Chelsea e Atletico, ci parli di quella esperienza?
«L'esperienza di Londra è stata per me un qualcosa di davvero bellissimo, oltre che una grande soddisfazione. Sono stato designato da arbitro addizionale, una figura che ormai sia in serie A che a livello UEFA riveste un ruolo importantissimo. Se pensiamo che un arbitro su un campione di 100 decisioni qualcuna può anche sbagliarla, l'addizionale viene chiamato in causa una o due volte e non può assolutamente sbagliare. L'esperienza di una semifinale di Champions League, vista la portata dell'evento, è per me motivo di grande soddisfazione e arriva alla fine di una annata che ritengo ottima sia in campo nazionale che internazionale».
Viaggiando in giro per l'Europa avrà notato la differenza tra le strutture europee e quelle italiane. Cosa ci manca per arrivare a quei livelli?
«In Italia, effettivamente, non manca nulla se non gli stadi che poi sono l'essenza di tutto. Qui in Italia a parte due o tre strutture come Juventus Stadium, San Siro o Marassi di Genova, il resto non è all'avanguardia. Girando l'Europa, senza contare gli stadi a 5 stelle come il Bernabeu, il Camp Nou, lo Stanford Bridge o l'Amsterdam Arena, ma anche considerando stadi da Europa League come quello della Steaua Bucarest che ho calcato, notiamo stadi nuovi e costruiti per il calcio, privi di pista, con una visibilità notevole da ogni settore, coperti e con posti a sedere. Queste sono tutte caratteristiche che permettono al tifoso di godersi lo spettacolo al meglio. Se in Italia gli stadi fossero tutti così li vedremmo pieni ogni domenica come in Germania o in Inghilterra».
A proposito di strutture, sicuramente starà seguendo la questione "Puttilli", che idea si è fatto?
«Sicuramente quanto sta accadendo con lo stadio "Puttilli" non è granchè edificante per tutte le componenti. Si poteva approfittare della sosta tra una stagione e l'altra quantomeno per cominciare i lavori e concluderli nei primi mesi della prossima stagione, ma si è persa un'opportunità. Credo che per la prossima stagione il Barletta calcio potrebbe avere delle difficoltà per sostenere allenamenti e partite casalinghe. Non conosco le dinamiche che hanno portato allo slittamento dei lavori, ma ripeto, ci saranno sicuramente difficoltà a livello logistico nella gestione di questa situazione».
Dopo tanti anni di serie A, come trova il modo di porsi dei calciatori nei confronti dell'arbitro dal momento del suo esordio ad oggi?
«Devo dire che quando sono arrivato in A, il rapporto arbitro-calciatore era molto diverso da adesso, infatti posso dire che è molto migliorato da allora. Tra i calciatori è cambiata la mentalità, noi arbitri siamo finalmente visti come uomini che si allenano e fanno sacrifici come loro e non più come extraterrestri scesi sulla terra solo per arbitrare. Dal canto nostro anche noi come classe arbitrale, ci stiamo dimostrando maggiormente aperti, ammettendo i nostri errori magari parlando con i capitani delle squadre esponendo il nostro punto di vista e ascoltando il loro, instaurando così un confronto che potrà tornare utile anche nelle partite successive nelle quali ci si incontrerà nuovamente. La protesta comunque sia ci sarà sempre perchè è un qualcosa di fisiologico, ogni tanto si assiste a situazioni poco edificanti ed in quel caso non ci resta che far rispettare le regole».
A livello europeo ha notato differenze di comportamento dei calciatori rispetto a quelli italiani?
«A livello europeo c'è più rispetto per l'operato dell'arbitro. All'estero c'è una cultura sportiva diversa rispetto a quella italiana, ma va anche detto che all'estero ci vai una volta e poi magari incontri la stessa squadra l'anno successivo, cosa che non accade con le squadre italiane che incontri 4-5 volte e può capitare l'episodio particolare che può creare tensione tra te e la società o te e la squadra. La UEFA poi dal canto suo con le iniziative del "fair play" e del "respect" pone molti deterrenti a società e giocatori tanto da creare le condizioni per far svolgere gli aventi al meglio, anche se, ovviamente anche all'estero a volte qualcosa succede».
Per quel che riguarda invece il livello di civiltà sportiva sugli spalti, quali sono le differenze Italia-estero?
«C'è un luogo comune che vede il tifoso italiano diverso da quello straniero, tendenzialmente è così, ma il tifoso italiano non è poi così come lo si vuol descrivere. Il tifoso italiano è diventato competente, sa quando è un arbitro ad aver sbagliato o quando è il proprio calciatore, cosa che prima non accadeva, tendendo sempre ad incolpare l'arbitro e mai il proprio calciatore. All'estero ci sono realtà in cui dell'arbitro non si parla mai perchè per la loro mentalità non è parte fondamentale della partita, ma la differenza più rilevante è l'assenza all'estero del tifo "contro". Questa del tifo contro l'avversario è una caratteristica tipicamente italiana, ma in fin dei conti ti confesso che concentrandomi su quello che accade in campo posso prestare davvero poca attenzione a quello che accade sugli spalti».
Le è mai capitato di fronteggiare episodi di razzismo?
«Personalmente no, comunque sia le direttive UEFA sono molto chiare: in caso di insulti razzisti si procede con un richiamo tramite autoparlanti, poi in caso di recidiva, l'arbitro è autorizzato a sospendere la partita prima temporaneamente e poi definitivamente. Sono direttive giuste e sacrosante perchè è assurdo che nel 2014 si debba ancora fronteggiare chi denigra calciatori solo per il colore diverso della pelle».
Ora è in vacanza, ma quali sono le tappe che ti condurranno alla prossima stagione?
«Ora mi godo un periodo di relax, poi inizierò dai primi di luglio la preparazione alla prossima stagione in vista del raduno pre-campionato a Sportilia dove bisogna essere allenati e pronti ad essere sottoposti ai test atletici. La preparazione la sosterrò a Barletta e sarà al pari di quelle che normalmente sostengono le varie squadre. La stagione comincerà con i preliminari di Europa League e le varie amichevoli per poi arrivare all'esordio in campionato».
Per finire, mancano ormai due anni al termine della sua carriera, le è mai capitato di pensare a quello che farà al termine di essa?
«Intanto, spero che possano mancare più di due anni alla fine della mia carriera arbitrale, ed infatti ne potrebbero mancare tre o anche quattro. In effetti sono nella seconda parte del mio percorso di arbitro di serie A e mi capita di pensare a quello che potrebbe essere il mio futuro extra-arbitrale. Mi piacerebbe rimanere nel mondo del calcio e nell'ambiente AIA per trasmettere ai giovani l'esperienza di una vita, il tutto dipende da quello che ti viene offerto perchè noi non siamo come i calciatori che hanno più possibilità, noi possiamo fare gli osservatori o i designatori di commissione. Io ho trascorso la maggior parte della mia vita sui terreni di gioco, voglio rimanere un arbitro e lo sarò sempre, del futuro non si può avere certezza ma di sicuro amo il mondo del calcio e tutto quello che farò, lo farò come sempre con passione ed entusiasmo».

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