Vito Corvasce
Vito Corvasce
Scuola e Lavoro

Vito Corvasce e l'amore per la fotografia creativa nato a Milano

Dal design alle riviste creative sino al video per Hyundai

"Quando la tua passione diventa lavoro, non lavorerai mai nemmeno un giorno della tua vita" diceva qualcuno. Eppure per ottenere un così grande risultato non basta amare intensamente qualcosa, ma la strada è impervia e faticosa e richiede grande pazienza ed umiltà: sono queste le doti di cui si è munito Vito Corvasce per arrivare, seppur in giovane età, a scalare importanti vette. Vito ha lasciato la sua città natale, Barletta, sin da giovanissimo, per conoscere il mondo ed imparare ad amarlo con lo sguardo, fotografando e filmando ciò che di bello gli riservava giorno dopo giorno la sua vita. Studiando con grande impegno, da autodidatta ha imparato ad usare la macchina fotografica e facendo della sua passione un lavoro è riuscito a diventare un'icona di stile nel mondo della fotografia milanese. Dalla creazione di Archifood, al video per Hyundai, il futuro non può che riservare grandi sorprese per chi come Vito riesce a guardare il mondo sempre con la curiosità dei bambini e l'umiltà che solo i "veri grandi" sanno usare.

In che modo è nata e si è sviluppata la tua passione?
«La mia passione è nata da ragazzo, mentre lavoravo presso un fotografo di Andria: lì ho fatto esperienza imparando tutte le varie tecniche ed i programmi. Ho imparato cose che la scuola non riesce ad insegnare, ho fatto esercizi pratici, poi acquistando la mia prima macchina fotografica seria, ho iniziato a scattare ed è nata in me questa passione, all'età di diciotto anni. Scattando in giro mi ha notato un editore che mi ha sottoposto un progetto, Archifood. Ho iniziato con uno stage di sei mesi, ad ora sono otto anni che lavoro con lui. Mi sono specializzato nel settore dell'architettura, del design e del food. Al momento ho fotografato circa 300 progetti in Italia, di cui 50 ristoranti e 10 riguardanti chef stellati. Ultimamente ho realizzato un video per Hyundai, realizzando per la design week interviste e video di tutto l'evento. Questa è stata per me un'opportunità molto importante, dovendomi relazionare con un cliente di tale portata. Come sempre nel mio lavoro non ci devono essere margini d'errore. Credo che in ogni lavoro non si debba mai perdere un colpo, bisogna sempre saper dimostrare chi si è e cosa si sa fare dando sempre il massimo, anche nei lavori più piccoli».

Quando e perché hai deciso di trasferirti a Milano?
«L'esigenza di andar via è qualcosa che bisogna sentire, è la voglia di fare nuove esperienze che prevale. Infatti inizialmente ho lasciato Barletta per vivere quattro anni a Pesaro, sede della casa editrice per cui lavoravo. Il mio obiettivo però era Milano, all'inizio è stato abbastanza difficile, però ora pian pianino sto ottenendo dei risultati. E' stato ciò che ho sempre desiderato, però si sa, ogni scelta ha i suoi rischi e bisogna accettarli. Dopo i primi sei mesi volevo mollare, non avevo un lavoro, poi ho acquistato una macchina fotografica con cui fare anche video, inizialmente quindi mi sono dilettato con un'idea di video-book e in seguito mi ha notato una casa di edizioni musicali, da lì ho iniziato a fare video musicali, al momento ne ho girati circa 15».

Hai lavorato e imparato tutto da autodidatta, quanta soddisfazione può dare una crescita del genere? Cosa serve per conseguire questi risultati?
«La soddisfazione più grande, oltre quella economica, che molte volte passa anche in secondo piano, è quella che si riceve dal cliente soddisfatto del tuo lavoro. E' lì che riesci ad avere il polso della situazione. Per giungere a buoni risultati ciò che conta di più è il proprio metodo e la determinazione nel raggiungere il traguardo. Soprattutto serve molta umiltà, questo mondo ha bisogno di persone umili che si sappiano mettere sempre in gioco. A me il discorso del video era sconosciuto ma ci tenevo, ci ho creduto tanto e alla fine ci sono riuscito».

La vita però riserva tanti alti e bassi, spesso per giungere ai propri obiettivi molte sono le sconfitte che si subiscono. Tu ne hai vissuta qualcuna nella tua carriera?
«Non mi sento assolutamente arrivato, sono ancora molto giovane e ho ancora tanta esperienza da fare e tanti progetti da affrontare, ma non direi di aver vissuto delle sconfitte durante la mia esperienza. In realtà è fondamentale mantenere sempre una grande umanità anche nei rapporti professionali. Per chi proviene dal sud come me è un pò più semplice visto che siamo portati, per conformazione, ad essere molto umani e questo anche a livello professionale è sempre una dote molto apprezzata, pertanto anche le sconfitte, se prese nel giusto verso, diventano gradini da cui ripartire».

Il tuo ultimo progetto si chiama MMTA e lo hai sviluppato con la tua ragazza che è una stilista argentina: di cosa si tratta?
«MMTA è un progetto in cui avviene una fusione tra arte, settore fashion e settore del design. Facciamo art direction, quindi sviluppiamo fotografia, video, grafica e tutto il resto, sempre con un taglio artistico, sempre di base italiana ma con una protesa verso l'estero. Questo progetto è partito dal nostro amore, MMTA è una sorta di medicina artistica che ci da la possibilità di mostrare ciò che sappiamo fare, restando insieme. Abbiamo unito le nostre due parti artistiche, questo credo influisca molto sul risultato finale, l'unione fa sempre la differenza. Ci sono anche degli scontri nel nostro rapporto professionale, ma ognuno di noi mantiene il suo ruolo, ritrovando nei risultati un equilibrio. Lo scontro ci dev'essere ma, infine, bisogna anche essere molto abili ad apprendere ed imparare dall'altra persona. Io ho imparato molto da lei e lei ha imparato molto da me: anche questo è un discorso di umiltà, c'è sempre da imparare da altri. A me piace molto ascoltare e credo che questo sia il mio segreto, ho imparato così ed ho sempre tenuto alla cultura dell'ascolto».

Come si conciliano moda, lusso e arte visiva?
«Il punto d'incontro di questi elementi è l'ironia unita all'eleganza. Oggi l'ironia è volgare, in giro vediamo troppa roba volgare, l'ironia va giocata con gusto, pulizia ed eleganza, penso che questa sia proprio la nostra chiave. Ci rivolgiamo sicuramente ad un mercato estero, su questo l'Italia è ancora un pò indietro, Milano è forse una delle poche città italiane ad essere anche una meta internazionale nel nostro settore, visto con il nostro taglio artistico».

Penseresti mai di tornare a Barletta? Ti manca la tua città d'origine?
«Al momento con la mia attività punto all'estero. Barletta è sempre nel cuore e nelle mie radici, quelle sono la cosa più importante che abbiamo e non andrebbero mai dimenticate».

Cosa progettate per il futuro?
«Per il futuro progettiamo l'ecommerce per quanto concerne la parte artistica. Abbiamo anche in ballo collaborazioni con aziende di ceramiche o altri materiali per fornir loro la nostra progettazione artistica, disegnando quindi degli oggetti con il nostro mood. Il nostro prossimo obiettivo è creare anche una collezione d'abbigliamento, per cui stiamo intessendo relazioni con una azienda molto importante. Sono sempre nei nostri pensieri mostre e installazioni, da qui si evince che puntiamo molto sulla nostra base artistica».

Questo è un buon momento per l'arte e per il vostro tipo di lavoro?
«Oggi l'immagine è più che mai la strategia di marketing più importante che ci sia. Una foto potrebbe fare la differenza per far vendere o meno il prodotto di un'azienda. Io non parlerei di crisi in questo settore, anche se ovviamente la differenza la fai tu con le tue capacità e con il prodotto che offri».

Riesci con successo in tutti i progetti di cui ti occupi: qual è il tuo segreto?
«Il mio segreto è stato sfruttare al massimo tutte le opportunità che ho avuto. Oggi avere delle opportunità è un lusso e non ci si può permettere di perderlo, quindi sono stato fortunato in quel senso. Le opportunità possono svanire in tre giorni o in una settimana, quindi bisogna affrontare il tutto con grande umiltà e lavorare molto e costantemente».

Quanto ha influito sulla tua formazione l'esperienza che ha vissuto l'azienda di tuo padre?
«Io da bambino giocavo nella camera oscura di mio padre, sin dall'età di 7, 8 anni. Mio padre ha lanciato il discorso della stampa digitale, facendo la prima mostra qui a Milano negli anni '90 e in tutto questo io sono sempre stato al suo fianco. Sin da piccolo mi portava sempre in giro per fiere e mostre, questo credo abbia influito moltissimo su di me, sin da tenera età ho sempre mangiato pane e arte».
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