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«Una preghiera per i defunti di questa pandemia»: le parole dell’Arcivescovo

«Vogliamo pregare per tutte le persone che sono morte isolate e senza alcun conforto»

Nicodemo era un fariseo, capo dei giudei, uno stretto osservante della Legge. Egli andò da Gesù di notte. Probabilmente non voleva essere visto dai farisei, era una persona in ricerca e non desiderava essere identificato come discepolo di Gesù.

Sappiamo che Giovanni nel suo vangelo ricorre al contrasto simbolico luce-tenebre, giorno-notte, per indicare il combattimento, la lotta tra spirito e carne, incredulità e fiducia, peccato e grazia. Questa poteva essere la situazione spirituale - esistenziale in cui si trovava Nicodemo. Possiamo anche aggiungere il fatto che la notte veniva considerata dai rabbini il tempo più opportuno per dedicarsi allo studio della Thoràh, per cui il nostro personaggio richiamerebbe la situazione di ogni persona che sta alla ricerca, che sente il bisogno di conoscere Gesù, e riconoscerlo come il Salvatore. A noi, che ci sentiamo uomini e donne che vivono il combattimento tra spirito e carne, incredulità e fiducia in Dio e nei momenti di difficoltà, come questa emergenza sanitaria, e non solo, avvertiamo ancora di più questa lotta interiore; a noi, che ci sentiamo uomini e donne in ricerca, che desideriamo approfondire sempre di più la conoscenza di Gesù e riconoscerlo e accoglierlo come nostro Salvatore, il Vangelo di questa sera ci ricorda una verità fondamentale:

Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna;
Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui;
Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna.
A Gesù, nostro Salvatore, ci rivolgiamo desiderosi di essere salvati, di ricevere salvezza, di essere liberati da questa drammatica situazione causata dal contagio da coronavirus, di tornare presto ad una vita normale vissuta meglio di quanto non facessimo prima dell'inizio di questo dramma. Crediamo che solo Gesù possa donarci una vita piena, realizzata, felice.

Salvezza è il contrario di perdizione, di fallimento, di morte, di infelicità. Salvezza è Gesù che muore sulla croce. Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Il Salvatore, morendo con noi, morendo per noi, insieme alla sua vita ci dona anche il senso della vita: dono ricevuto che tende per natura sua a divenire bene donato! Gesù, unico nostro Salvatore, ci rivela la verità su Dio, sull'uomo e sulla salvezza e ci salva dalle relative immagini distorte su Dio, sull'uomo e sulla salvezza. Possiamo allora dire: "Un Dio che non salva se stesso, ci salva innanzi tutto dal nostro voler salvare noi stessi" (Silvano Fausti, L'idiozia, Ancora, Milano 1999, p. 91). Di una cosa dobbiamo essere convinti: non è possibile salvarci da soli, perché la salvezza viene dall'alto, viene da Dio ed ha un nome, si chiama Gesù!

In questo momento, vogliamo pregare in modo particolare per tutte le persone che in questi giorni sono morte isolate, senza alcun conforto, né quello degli affetti più cari, né quello assicurato dai sacramenti. Come è possibile leggere in un recente comunicato della Conferenza Episcopale Italiana "Le comunità cristiane, pur impossibilitate alla vicinanza fisica, non fanno mancare la loro prossimità di preghiera e di carità. Tutti i giorni i sacerdoti celebrano la S. Messa per l'intero popolo di Dio, vivi e defunti. L'attesa è per la fine dell'emergenza, quando si potrà tornare a celebrare l'Eucaristia insieme, in suffragio di questi fratelli". Nel frattempo, la Chiesa italiana ha voluto porre un segno eloquente: ieri, 27 marzo tutti i Vescovi italiani ci siamo recati ai nostri cimiteri per un momento di raccoglimento, di preghiera e benedizione. Abbiamo affidato alla misericordia del Padre tutti i defunti di questa pandemia, ed espresso la vicinanza della Chiesa a quanti sono nel pianto e nel dolore. È stato, questo, come sottolinea lo stesso comunicato CEI, "il Venerdì della Misericordia" della Chiesa italiana; un venerdì di quaresima, nel quale con lo sguardo rivolto al Crocifisso, il nostro Salvatore, abbiamo invocato la speranza consolante della risurrezione.
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