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La semplicità vince su tutte le complessità

Don Vito Carpentiere racconta la parabola dei talenti

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti».

L'Anno liturgico volge al termine: culminerà domenica prossima con la festa di Cristo Re. E la parabola evangelica odierna di Matteo è collocata agli ultimi capitoli, appartenendo così a quel gruppo di testi che viene definito "apocalittico", non per alludere a distruzione o giudizio, ma per intendere la rivelazione, ossia "togliere un velo" per comprendere la realtà nella sua rivelatrice semplicità! E in un momento storico come il presente, dove fa da padrona l'idea della complessità, un po' di semplicità non guasta. Ecco perché nella pagina della prima lettura vi è la descrizione e l'elogio della donna vera, ossia di quella donna che è affidabile, capace di donare felicità, laboriosa, caritatevole, generosa. Un ritratto che, grazie a Dio, appartiene a tante donne "semplici" che tutti possiamo conoscere. Ed evidentemente fa da contrasto con la descrizione del terzo servo della parabola odierna dove Gesù racconta di un padrone che, partendo per un viaggio, affida ai propri servi dei talenti. Al ritorno chiama i servi perché rendano conto di quanto aveva loro affidato. La parola "talento" appartiene tanto al linguaggio contemporaneo, dove "se hai talento, riesci a sfondare nella vita", puoi partecipare ai tanti "Talent show"... Ma il talento oggigiorno indica una capacità innata, una disposizione naturale. Non è propriamente questo che intende il Vangelo.

Il talento, ai tempi di Gesù, indicava un quantitativo enorme di denaro (corrispondente al giorno d'oggi, a circa 250.000 euro) e soprattutto non indica una capacità naturale ma un dono personale e personalizzato, ricevuto dal Signore, secondo la capacità di ciascuno. Ciascuno di noi è un vaso, capace di accogliere in sé una quantità differente rispetto ad un altro vaso, più piccolo o più grande che sia. Se il mio vaso è colmo, non posso essere geloso se un fratello ha una capacità di accoglienza più grande della mia, né superbo di fronte ad un fratello che ha una capacità di accoglienza minore della mia. L'accoglienza, quella sì, può dipendere da me. Scrive San Paolo: "Che cosa mai possiedi tu, che non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché te ne vanti, come se non l'avessi ricevuto?". E allora oggi siamo chiamati a verificare quale è o quali sono i talenti che ho ricevuto dal Signore per farli fruttificare, oltre che la mia stessa vita. E non quanti sono!! Ciascuno ripensi a quel ritratto bellissimo di donna tracciato nella prima lettura per non incorrere negli atteggiamenti del terzo servo della parabola: paura, inaffidabilità, pigrizia, invidia e gelosia.
Buona domenica a tutti!

[don Vito]
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