
Politica
Italia Viva: «No al referendum sul lavoro, Si a quello sulla cittadinanza»
La nota firmata dal coordinatore provinciale, Ruggiero Crudele
Barletta - venerdì 6 giugno 2025
«Il Jobs Act , la legge del governo Renzi sulle norme del mondo del lavoro, ha colto nel segno raggiungendo il suo obiettivo: l'aumento dell'occupazione garantendo dignità ai lavoratori, con ben 1,2 milioni di posti di lavoro creati dopo il varo della legge, di cui oltre la metà a tempo indeterminato e con la gran parte dei contratti a tempo determinato evolutisi verso l'indeterminato». Così il coordinatore provinciale di Italia Viva, Ruggiero Crudele.
«Non solo, il Jobs Act ha esteso il reintegro -che continua ad esistere per i casi di licenziamento discriminatorio- ai dipendenti dei sindacati e dei partiti e ai soggetti fragili, ha eliminato i cosiddetti cocopro (assunzioni a progetto senza garanzie), ha eliminato il fenomeno delle odiose e indegne *dimissioni in bianco+ (specie per le donne), ha introdotto l'indennità di disoccupazione fino a 1.560 euro (la NASPI).
Il jobs Act è riuscito quindi a contemperare le esigenze e dei lavoratori e dei datori di lavoro, favorendo la nascita e il consolidamento dell'occupazione affatto precaria: la percentuale di contratti a tempo determinato è scesa in tre anni dal 17% al 13% , e i licenziamenti dei cosiddetti «precari» sono diminuiti di un quarto rispetto a prima del Jobs Act. E d'altronde, se vincesse il sì al quesito n. 1, non si tornerebbe all'Art. 18 dello Statuto dei lavoratori del 1970, bensì alla legge Monti-Fornero del 2012 che ha già riformato quell'articolo 18, e che prevede un indennizzo fino a 24 mesi anziché le 36 mensilità previste dal Jobs Act e non contempla il reintegro obbligatorio per i fragili (malattie lunghe, infortuni, disabili fisici e psichici )!
Uno sguardo rivolto al passato per tornare a norme di un mercato del lavoro del tempo che fu, sarebbe controproducente, oggi non manca il lavoro, mancano i lavoratori, e di licenziamenti arbitrari da sanare con l'obbligo del reintegro si sono perse le tracce se non per eccezioni, il ritorno a quelle norme bloccherebbe di fatto la crescita dell'occupazione che si registra da tempo costantemente.
Con analoga convinzione, voteremo sì al referendum sulla cittadinanza, una scelta per consentire di riconoscere in tempi più brevi la cittadinanza a chi è già italiano nei fatti, adeguando la nostra norma a quella già vigente in Germania, Francia e tanti altri Paesi europei. Si badi bene che la cittadinanza non viene «regalata», occorre che si parli la nostra lingua e si rispettino le regole, non si abbiano precedenti penali, non si costituisca fonte di pericolosità per il Paese, si studi o si lavori pagando le tasse».
«Non solo, il Jobs Act ha esteso il reintegro -che continua ad esistere per i casi di licenziamento discriminatorio- ai dipendenti dei sindacati e dei partiti e ai soggetti fragili, ha eliminato i cosiddetti cocopro (assunzioni a progetto senza garanzie), ha eliminato il fenomeno delle odiose e indegne *dimissioni in bianco+ (specie per le donne), ha introdotto l'indennità di disoccupazione fino a 1.560 euro (la NASPI).
Il jobs Act è riuscito quindi a contemperare le esigenze e dei lavoratori e dei datori di lavoro, favorendo la nascita e il consolidamento dell'occupazione affatto precaria: la percentuale di contratti a tempo determinato è scesa in tre anni dal 17% al 13% , e i licenziamenti dei cosiddetti «precari» sono diminuiti di un quarto rispetto a prima del Jobs Act. E d'altronde, se vincesse il sì al quesito n. 1, non si tornerebbe all'Art. 18 dello Statuto dei lavoratori del 1970, bensì alla legge Monti-Fornero del 2012 che ha già riformato quell'articolo 18, e che prevede un indennizzo fino a 24 mesi anziché le 36 mensilità previste dal Jobs Act e non contempla il reintegro obbligatorio per i fragili (malattie lunghe, infortuni, disabili fisici e psichici )!
Uno sguardo rivolto al passato per tornare a norme di un mercato del lavoro del tempo che fu, sarebbe controproducente, oggi non manca il lavoro, mancano i lavoratori, e di licenziamenti arbitrari da sanare con l'obbligo del reintegro si sono perse le tracce se non per eccezioni, il ritorno a quelle norme bloccherebbe di fatto la crescita dell'occupazione che si registra da tempo costantemente.
Con analoga convinzione, voteremo sì al referendum sulla cittadinanza, una scelta per consentire di riconoscere in tempi più brevi la cittadinanza a chi è già italiano nei fatti, adeguando la nostra norma a quella già vigente in Germania, Francia e tanti altri Paesi europei. Si badi bene che la cittadinanza non viene «regalata», occorre che si parli la nostra lingua e si rispettino le regole, non si abbiano precedenti penali, non si costituisca fonte di pericolosità per il Paese, si studi o si lavori pagando le tasse».