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Cronaca
I giovani di Barletta e le droghe: cronaca di un malessere crescente
Non trasformiamo Barletta nella città della "maria"
Barletta - sabato 10 agosto 2019
Sono già oltre 40 da inizio anno a Barletta i fermi di polizia riguardanti il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Un trend in continua crescita negli ultimi anni. Numeri che ben descrivono un fenomeno che nella nostra città sta assumendo sempre più i contorni di un vero e proprio allarme sociale, anche alla luce dell'età sempre più bassa sia dei consumatori, sia soprattutto di coloro i quali sempre più frequentemente scelgono la via del cosiddetto "guadagno facile".
Ma come si è arrivati a questo punto? Generalmente in questi casi il nostro proverbiale moto autoassolutorio ci spinge ad addossare tutte le responsabilità al colpevole per antonomasia: la società.
Il problema però è che la società è composta da individui in carne ed ossa, a partire dalle famiglie di tanti ragazzi che scelgono la via dello spaccio per far fronte alle tante, troppe "esigenze" che gli attuali modelli di vita impongono: dall'auto alla movida, dalla birra in compagnia alle sigarette, dal tatuaggio alla "canna", tanto per restare in tema. Difficile quindi accontentarsi della cara vecchia "paghetta" elargita da genitori che, coi tempi che corrono, fanno sempre più fatica a mettere insieme il pranzo con la cena . Difficile soprattutto per tanti giovani accontentarsi di una "misera" paga settimanale da apprendista quando lo stesso guadagno, e anche di più, un pusher neanche tanto sveglio riesce a realizzarlo nel solo sabato sera.
Fanno parte della famigerata società naturalmente anche le istituzioni le quali: a livello locale hanno troppo spesso in passato sottovaluto il fenomeno, quasi considerandolo come un effetto indesiderato tutto sommato tollerabile della nuova "vocazione turistica" della città di Barletta; a livello nazionale hanno per anni cianciato di legalizzazioni (e qui ciascuno si faccia la propria idea) senza mai arrivare al dunque , alleggerendo però allo stesso tempo le pene per il piccolo spaccio con il sempiterno pretesto dello "svuotamento delle carceri". Un atteggiamento che a volte potrebbe essere malignamente interpretato quasi come un tacito considerare questa fattispecie di reati una sorta di ammortizzatore sociale illegale, ma tollerato, specialmente in un periodo storico nel quale un conto è affrontare il malessere del pensionato impossibilitato all'uso del bancomat, ben altra storia potrebbe essere affrontare il malcontento delle giovani generazioni, composte per quasi metà da disoccupati a bassa qualifica.
Quali sono allora le soluzioni per contrastare questa deriva? Difficile, difficilissimo trovarne, soprattutto nell'immediato, se si considera che per anni si è lasciato colpevolmente sedimentare il problema. Certo è che un'inversione di tendenza va attuata quanto prima se si considera che oramai nella nostra città (e non solo) sono sempre meno gli apprendisti muratori, idraulici ed elettricisti, mentre sono sempre più gli apprendisti pusher.
E' una battaglia in cui bisogna coinvolgere in primis le famiglie, le quali per i motivi sopra citati, una volta superato lo shock della prima telefonata dal commissariato, sempre più frequentemente finiscono con l'assuefarsi a questa situazione, quando non ad accettarla tacitamente. E' una battaglia che deve coinvolgere le istituzioni - a partire dalle scuole fino al Comune, alla Regione, al Governo –, le quali fino ad oggi hanno perso fin troppo tempo nell'affrontare questo delicatissimo tema da un punto di vista più ideologico che pratico.
Lo dobbiamo ai nostri figli, lo dobbiamo anche a noi. Se non vogliamo trasformare definitivamente Barletta da "città di Maria" a "città della 'maria'".
Ma come si è arrivati a questo punto? Generalmente in questi casi il nostro proverbiale moto autoassolutorio ci spinge ad addossare tutte le responsabilità al colpevole per antonomasia: la società.
Il problema però è che la società è composta da individui in carne ed ossa, a partire dalle famiglie di tanti ragazzi che scelgono la via dello spaccio per far fronte alle tante, troppe "esigenze" che gli attuali modelli di vita impongono: dall'auto alla movida, dalla birra in compagnia alle sigarette, dal tatuaggio alla "canna", tanto per restare in tema. Difficile quindi accontentarsi della cara vecchia "paghetta" elargita da genitori che, coi tempi che corrono, fanno sempre più fatica a mettere insieme il pranzo con la cena . Difficile soprattutto per tanti giovani accontentarsi di una "misera" paga settimanale da apprendista quando lo stesso guadagno, e anche di più, un pusher neanche tanto sveglio riesce a realizzarlo nel solo sabato sera.
Fanno parte della famigerata società naturalmente anche le istituzioni le quali: a livello locale hanno troppo spesso in passato sottovaluto il fenomeno, quasi considerandolo come un effetto indesiderato tutto sommato tollerabile della nuova "vocazione turistica" della città di Barletta; a livello nazionale hanno per anni cianciato di legalizzazioni (e qui ciascuno si faccia la propria idea) senza mai arrivare al dunque , alleggerendo però allo stesso tempo le pene per il piccolo spaccio con il sempiterno pretesto dello "svuotamento delle carceri". Un atteggiamento che a volte potrebbe essere malignamente interpretato quasi come un tacito considerare questa fattispecie di reati una sorta di ammortizzatore sociale illegale, ma tollerato, specialmente in un periodo storico nel quale un conto è affrontare il malessere del pensionato impossibilitato all'uso del bancomat, ben altra storia potrebbe essere affrontare il malcontento delle giovani generazioni, composte per quasi metà da disoccupati a bassa qualifica.
Quali sono allora le soluzioni per contrastare questa deriva? Difficile, difficilissimo trovarne, soprattutto nell'immediato, se si considera che per anni si è lasciato colpevolmente sedimentare il problema. Certo è che un'inversione di tendenza va attuata quanto prima se si considera che oramai nella nostra città (e non solo) sono sempre meno gli apprendisti muratori, idraulici ed elettricisti, mentre sono sempre più gli apprendisti pusher.
E' una battaglia in cui bisogna coinvolgere in primis le famiglie, le quali per i motivi sopra citati, una volta superato lo shock della prima telefonata dal commissariato, sempre più frequentemente finiscono con l'assuefarsi a questa situazione, quando non ad accettarla tacitamente. E' una battaglia che deve coinvolgere le istituzioni - a partire dalle scuole fino al Comune, alla Regione, al Governo –, le quali fino ad oggi hanno perso fin troppo tempo nell'affrontare questo delicatissimo tema da un punto di vista più ideologico che pratico.
Lo dobbiamo ai nostri figli, lo dobbiamo anche a noi. Se non vogliamo trasformare definitivamente Barletta da "città di Maria" a "città della 'maria'".
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