Politica
Damiani: «Coniugare produzione industriale e diritto alla salute collettiva»
Il consigliere propone un tavolo per parlare della delocalizzazione delle grandi aziende
Barletta - martedì 12 maggio 2015
«Si è riaccesa negli ultimi giorni la polemica sulla carenza di controlli in città in merito alla qualità dell'aria che si respira. Il che è un bene, perché l'attenzione alle problematiche che riguardano la salute dei cittadini e la sua tutela deve essere costante e non intermittente, come invece succede con il funzionamento delle centraline per il monitoraggio delle sostanze tossiche. Tuttavia, scorrendo le varie proposte avanzate da più parti, mi rendo conto della necessità che si cominci ad affrontare il problema da un'altra prospettiva, più radicale». Lo scrive Dario Damiani, consigliere comunale di opposizione, che diffonde una propria nota sull'attualissimo tema della qualità dell'aria e della richiesta forte, proveniente dai cittadini, di maggiore controllo e risposte sulle potenziali fonti di inquinamento.
«Monitorare il livello di sostanze potenzialmente inquinanti immesse nell'aria dalle maggiori aziende presenti sul territorio è d'obbligo, certamente; tra l'altro, è impensabile che realtà produttive di tale importanza non lo facciano già, essendo sottoposte per legge al rispetto di rigidi parametri e protocolli a garanzia della salute pubblica. La questione, dal mio punto di vista, merita invece un approccio globale, che implica maggiore coraggio: quello di avviare una seria discussione sulla delocalizzazione di queste grosse aziende, ormai inglobate nel tessuto urbano. Non è possibile continuare a ragionare soltanto in termini di contenimento dei possibili danni, affidandosi alla speranza che i limiti non vengano mai superati. Bisogna affrontare il problema portando sul tavolo della discussione la proposta della loro delocalizzazione, fuori dal centro cittadino. Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di un'utopia, ma voglio ricordare a chi non ne avesse più memoria che oltre 20 anni fa, quando si cominciava a parlare di inquinamento elettromagnetico, anche spostare gli elettrodotti sembrava irrealizzabile: eppure, dopo aver combattuto in prima persona per questa battaglia, oggi possiamo dire di aver reso un servizio alla collettività rimuovendo il problema alla radice. Coniugare produzione industriale e diritto alla salute collettiva si può e si deve, ma non con provvedimenti tampone come il solo monitoraggio, che lascia intatta l'ansia dei cittadini circa possibili sforamenti dei livelli che, mi risulta, possano essere determinati anche da particolari circostanze atmosferiche. La politica inizi a pensare a soluzioni definitive, di lungo termine, le uniche in grado di rasserenare la cittadinanza e dare risposte risolutive alle comprensibili preoccupazioni sulla salute nostra e dei nostri figli».
«Monitorare il livello di sostanze potenzialmente inquinanti immesse nell'aria dalle maggiori aziende presenti sul territorio è d'obbligo, certamente; tra l'altro, è impensabile che realtà produttive di tale importanza non lo facciano già, essendo sottoposte per legge al rispetto di rigidi parametri e protocolli a garanzia della salute pubblica. La questione, dal mio punto di vista, merita invece un approccio globale, che implica maggiore coraggio: quello di avviare una seria discussione sulla delocalizzazione di queste grosse aziende, ormai inglobate nel tessuto urbano. Non è possibile continuare a ragionare soltanto in termini di contenimento dei possibili danni, affidandosi alla speranza che i limiti non vengano mai superati. Bisogna affrontare il problema portando sul tavolo della discussione la proposta della loro delocalizzazione, fuori dal centro cittadino. Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di un'utopia, ma voglio ricordare a chi non ne avesse più memoria che oltre 20 anni fa, quando si cominciava a parlare di inquinamento elettromagnetico, anche spostare gli elettrodotti sembrava irrealizzabile: eppure, dopo aver combattuto in prima persona per questa battaglia, oggi possiamo dire di aver reso un servizio alla collettività rimuovendo il problema alla radice. Coniugare produzione industriale e diritto alla salute collettiva si può e si deve, ma non con provvedimenti tampone come il solo monitoraggio, che lascia intatta l'ansia dei cittadini circa possibili sforamenti dei livelli che, mi risulta, possano essere determinati anche da particolari circostanze atmosferiche. La politica inizi a pensare a soluzioni definitive, di lungo termine, le uniche in grado di rasserenare la cittadinanza e dare risposte risolutive alle comprensibili preoccupazioni sulla salute nostra e dei nostri figli».