25 aprile
25 aprile
La città

Bilancio delle celebrazioni del 66° anniversario della Liberazione

Maffei: «Viva la Festa della Liberazione, viva la Resistenza, viva l’Italia». Per continuare a riflettere anche oltre la mera ricorrenza

«Dopo lungo silenzio, dopo meschine e interessate denigrazioni di parte, dopo assurdi calcoli di opportunità, di equilibri, di soppesate e minuziose ragion di stato che imponevano una ufficialità distorta della verità degli eventi e delle responsabilità degli accadimenti, oggi possiamo affermare con orgoglio che la Resistenza italiana è iniziata a Cefalonia con gli ufficiali e i soldati della Divisione Acqui e a Barletta grazie ai soldati del nostro presidio militare al comando del colonnello Francesco Grasso […]. La Resistenza fu un fenomeno che abbracciò tutta la nazione, ci fu quella dei partigiani, quella dei militari, e quella del popolo. E per noi è il momento, ne sono certo, di riconoscere e celebrare in questa città […] il contributo dei militari che seppero all'indomani dell'armistizio dell'8 settembre 1943, non tradire la propria coscienza di uomini e di soldati, di quei soldati che non si piegarono e combattettero eroicamente in difesa delle città e dell'intero territorio […]. Bollati con l'infamia di tradimento, di diserzione, di sbandamento, di fuga verso casa, i nostri soldati furono deprecati nelle cronache militari e civili dell'epoca e sono stati espulsi dalla doverosità di una memoria che spettava loro di pieno diritto, per la dignità con la quale molti continuarono a combattere, caddero o subirono le atrocità della deportazione e finanche lo scippo del loro diritto di prigionieri di guerra finendo iscritti nella classificazione di italiani militari internati».

È questo l'indirizzo principale del discorso ufficiale tenuto dal sindaco della Città di Barletta, Nicola Maffei, lo scorso mercoledì in Piazza Caduti in occasione delle celebrazioni per il 66° anniversario della Liberazione dal nazifascismo – le manifestazioni di quest'anno sono state differite per le concomitanti ricorrenze pasquali, e noi di Barlettalife intendiamo riproporle oggi affinché le riflessioni legate a questa commemorazione non si estinguano in una mera ricorrenza annuale, ma ci portino sempre a studiare e meditare sulla nostra storia.

In una piazza gremita di cittadini, studenti e docenti di quasi tutte le scuole cittadine, alla presenza del Prefetto della provincia BAT Carlo Sessa, del Presidente del Consiglio Provinciale Luigi Riserbato, dei sindaci dei comuni BAT, di numerosi assessori e consiglieri, delle autorità militari, civili e religiose, delle associazioni combattentistiche in congedo, dell'ANPI BAT e di tutto il mondo dell'associazionismo, si è svolta la tradizionale cerimonia con la deposizione delle corone e gli onori militari ai caduti e ai martiri del 12 settembre 1943 a Barletta.

La mattinata si era aperta con gli onori militari al rivellino del Castello Svevo, con la funzione religiosa presso la chiesa del Monte di Pietà, per approdare infine in Piazza Caduti dopo che il lungo serpentone del corteo si era snodato per le strade e i corsi della Città della Disfida. È stata una celebrazione molto intensa e scenograficamente pregevole, con gli studenti delle scuole e le associazioni schierate circolarmente lungo il monumento ai Caduti, mentre il picchetto militare e le autorità rendevano sentitamente onore a tutti i combattenti per la libertà, agli oppositori e alle vittime della follia nazifascista. Tutte le manifestazioni di quest'anno sono state organizzate dall'Archivio della Resistenza e della Memoria di Barletta, con l'infaticabile lavoro del suo responsabile, il prof. Luigi Di Cuonzo.

Dopo aver rilanciato l'invito del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a celebrare la festa della Liberazione, «festa di tutti gli italiani», nel 150° anniversario dell'Unità d'Italia, a ritrovarsi «senza riaprire le ferite del passato, nel rispetto di tutte le vittime, e nell'omaggio non rituale alla Liberazione dal nazifascismo come riconquista dell'indipendenza e della dignità della patria», il sindaco Maffei ha voluto ricordare «tutte le componenti che parteciparono alla lotta di liberazione nazionale senza svalutare e diffamare, come purtroppo è accaduto e ancora accade, l'esperienza partigiana, di quel contributo che piaccia o non piaccia fu determinante per restituire dignità, indipendenza e libertà all'Italia».

Molta emozione ha suscitato Maffei col suo ringraziamento del defunto partigiano Francesco Gammarota – a cui è stata intitolata la locale sezione dell'ANPI – e di Vito Cuonzo, presente tra il pubblico, partigiano barlettano della Brigata Osoppo, «che ha combattuto anche per la libertà di tanti amministratori di un nuovo Nordest italiano che può esprimere anche la libertà grazie alla Costituzione nata dalla Resistenza e dalla lotta di liberazione».

«Il 25 aprile deve essere ed è la festa di tutti, tutti coloro che si riconoscono nei valori della Costituzione, la Costituzione nata dalla Resistenza. È la festa di tutti coloro che credono che l'Italia sia una e indivisibile, e che una e indivisibile debba restare. È la festa di tutti coloro che credono che nella nostra nazione la scuola debba essere libera, pubblica e aperta a tutti. È la festa di tutti coloro che credono che la magistratura debba restare indipendente. È la festa di tutti coloro che pensano che i cittadini siano tutti uguali di fronte alla legge. È la festa di tutti coloro che credono che la stampa debba essere e debba restare sempre libera. […] Questo Paese oggi non è più quello per cui i partigiani hanno sacrificato la loro vita». Questo il breve ma intenso intervento del Presidente dell'ANPI BAT, prof. Roberto Tarantino.

«Credo che i luoghi della memoria […] siano i luoghi che dobbiamo riconoscere, conservare e salvaguardare, ma sono i luoghi nei quali dobbiamo onorare coloro che hanno permesso di difendere dalla repressione nazista e dalla rappresaglia e da tutte quelle iniziative nefaste che hanno visto Barletta ma anche tanti luoghi del circondario e dell'Italia, soffrire perdendo uomini giovani e donne coraggiose […]. Io credo che il nostro appuntamento qui ormai sistematico sia doveroso ma non sicuramente rituale. Rituale che invece ci deve portare a credere in quei valori che sono anche rappresentati sui vostri cartelli, della pace e del rispetto dell'altro, di quei diritti che a volte sono negati ma anche di quei doveri che siamo tenuti ad osservare […]. Il nostro compito è continuare a combattere, stranamente a combattere per la pace, a combattere contro le guerre, a combattere per la democrazia, a combattere perché il vostro domani, il vostro futuro possa essere di crescita, di sviluppo, di responsabilità». Così ventiquattrore prima il sindaco Maffei omaggiava i caduti presso il caposaldo Cittiglio.

Al termine delle celebrazioni in Piazza Caduti, il prof. Di Cuonzo, responsabile dell'Archivio della Resistenza e della Memoria ha gentilmente rilasciato la seguente intervista.

Prof. Di Cuonzo complimenti per l'ottima organizzazione svolta dall'Archivio della Resistenza e della Memoria per le celebrazioni del 66° anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Con quale spirito sono state affrontate le commemorazioni di quest'anno?
Costa fatica però è una fatica che ti ricompensa perché gli ideali che tu hai avuto sin da quando portavi il latte di tua madre sulla libertà, li vedi realizzati sia pure con tante difficoltà e con tanti rigurgiti di passato. Evidentemente non bisogna demordere, stare sempre attenti, alzare sempre più la guardia e dire la verità. La verità del riscatto, noi ci siamo riscattati con la Resistenza, con la lotta di liberazione abbiamo detto chiudiamo il capitolo nefasto del fascismo, apriamo quello della democrazia. Nella democrazia, siccome dobbiamo essere tutti coscienti di una attività costante e continua, abbiamo bisogno di rivedere continuamente le nostre idee, le nostre volontà, i nostri propositi, i nostri progetti sempre però con la fedeltà alla propria coscienza di uomini liberi.

Le manifestazioni di quest'anno, particolarmente belle, hanno visto una partecipazione corale delle scuole cittadine…
Le scuole hanno risposto alla grande. Qualcuna non ha risposto perché non ha avuto il tempo oppure in tempi di chiusura di anno scolastico i compiti non hanno consentito forse ad alcuni di attuare un'uscita anche di poche ore. Però i presenti erano tanti e hanno partecipato veramente con passione, il che mi fa supporre che almeno se non l'hanno mai studiata sui libri di testo così come effettivamente dovrebbero, anche in quei libri di testo così criticati dall'una e dall'altra parte – perché quando si critica evidentemente non si conoscono bene i libri di testo –, allora credo che vedere una storia distante, nella piazza e nelle strade, sia parte più attenta per una visione più completa.

Secondo Lei si potrà mai arrivare ad una memoria collettiva condivisa sulla Liberazione dal nazifascismo?
Non si può condividere una memoria che è memoria di diversi uomini, di diverse opinioni, di impegni diversi e diverse soluzioni. Però basta ancora spararci l'uno contro l'altro cioè il rispetto anche di coloro che hanno tutto il dovere di onore la memoria dei loro uomini, in buona fede, che hanno creduto in qualcosa però credevano in ideali che non possono essere accettati, non potevano essere accettati allora, per cui molti nostri padri si opposero e non possono essere accettati oggi, anche perché non si possono riproporre subdolamente.

Quali sono i prossimi appuntamenti dell'Archivio della Resistenza?
Il mese della memoria, cioè il mese di settembre, che quest'anno sarà abbastanza ricco anche perché abbiamo intenzione di fare le prove generali per il 70° che cadrà fra due anni.
11 foto66° anniversario della Liberazione
66° anniversario della Liberazione66° anniversario della Liberazione66° anniversario della Liberazione66° anniversario della Liberazione66° anniversario della Liberazione66° anniversario della Liberazione66° anniversario della Liberazione66° anniversario della Liberazione66° anniversario della Liberazione66° anniversario della Liberazione66° anniversario della Liberazione
Ancora una volta le manifestazioni e il dibattito pubblico attorno al tema della Liberazione hanno ribadito l'impossibilità di coagulare la nazione attorno ad una memoria collettiva condivisa che superi le partigianerie tra opposte fazioni politiche e le rivalità tra una storiografia dei vinti e una dei vincitori. Un'impossibilità dettata soprattutto dall'arroventato clima politico nazionale ma anche da provocazioni di ogni sorta – dai manifesti nostalgici auguranti "Buona Pasquetta" alle insegne su "Il lavoro rende liberi", dagli atti vandalici contro i monumenti della Resistenza alle proposte parlamentari per la cancellazione del reato di apologia del fascismo. Non c'è dubbio: l'Italia è un Paese ancora in guerra. Non solo quella attualissima contro l'ex amico Gheddafi. Ma è in guerra con sé stessa, con la sua coscienza e con la sua storia. Sarà colpa del focoso carattere italico che esalta ed esaspera le emozioni e gli stati d'animo. Sarà colpa della scarsa o inesistente defascistizzazione del dopoguerra – a partire da quel decreto n°4 del 22 giugno 1946 a firma del Ministro Togliatti – che tante reazioni avverse provocò tra semplici cittadini e l'associazionismo. Sarà colpa del fatto che arzilli vecchietti quasi centenari che un tempo si sono macchiati di atroci delitti contro l'umanità, scorazzano liberi per le strade e i ristoranti anziché di essere quantomeno a seri e restrittivi arresti domiciliari. Ma sarà anche colpa di crescenti e sempre più insopportabili divaricazioni e ingiustizie sociali tra chi ha molto e vuole sempre di più e chi non ha nulla e avrà sempre meno. Sarà anche colpa di chi dimentica – sebbene la Resistenza sia stata un nuovo Risorgimento, morale in primo luogo, della nazione italiana – che gli italiani, che fino al giorno prima benedivano e glorificavano il duce, il giorno dopo si dichiaravano tutti antifascisti.

Pasquale Diroma
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