Bergamaschi Binetti Sarcinelli
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Servizi sociali

Barletta e il sud dalla degenza di Ettore Bergamaschi

Lettera aperta dall'Ospedale 'Mons. Dimiccoli'. Bisogna abbattere lo stereotipo di «sud alla deriva»

Consente a noi di Barlettalife, l'ingegnere e amico Ettore Bergamaschi, di divulgare una delle più belle note e considerazioni sulla consistenza del nostro sud. Lo ha fatto dall'ospedale 'Mons. Dimiccoli' dove purtroppo ha dovuto far ricorso per importante situazione. Il notista, acutissimo di altri recenti scritti sulla situazione complessiva di Barletta, in questa lettera aperta, apre ancora di più il suo desiderio di essere meridionale e sorprende la sua bella dignità di degente e analista di una fetta disconosciuta di affettuosa, spontanea e professionale assistenza ospedaliera. Ogni parola della sua lettera, consentiteci l'iperbole indelicata, è una radiazione benefica non solo per Barletta ma all'intero Sud che speriamo, attraverso il nostro portale, legga Ettore Bergamaschi.

«Sono stato ricoverato per poco meno di un mese presso il Reparto Chirurgia dell'Ospedale di Barletta, ottimamente diretto dal dott. Domenico Tarantini. Esprimere degli apprezzamenti di maniera sui singoli Operatori non renderebbe appieno l'idea che voglio esprimere: la severa esperienza mi ha insegnato molte cose e mi permette di osservare, con grande serenità, quanto siano ingiusti gli stereotipi cui siamo giornalmente sottoposti, primo fra tutti quello di un Sud alla deriva.

Molti amici, certamente con le migliori intenzioni, mi hanno chiesto di getto come mai io, milanese, non mi fossi ricoverato "su": confesso che la cosa non mi è nemmeno passata per la mente, forse perché ho sempre pensato che la tua terra è quella dove lavori, dove hai gli amici, dove sono cresciuti i figli. Ho fatto una scelta valida: ho visto un Ospedale con Medici attenti, che approfondiscono, che scrivono (finalmente Qualcuno che scrive!) riscontrando e verificando i dati non per mero formalismo ma ragionando come ci si aspetta da un vero Medico; Infermieri che accorrono al primo sentore di malessere, peraltro sovente soltanto psicologico, in ogni momento del giorno e della notte: raramente è trascorso più di un minuto dalla chiamata con il fatidico campanello! Accurata pulizia, più volte al giorno; bagno grande e moderno, sempre pulitissimo; pratiche burocratiche svolte da Personale efficiente, senza alcun riguardo agli orari ed alle formalità; Dirigenti Ospedalieri con la porta aperta, autenticamente a disposizione dell'Utenza. Un quadro lusinghiero ma che ci impone, a questo punto, qualche interrogativo e che esula dal quadro meramente sanitario, investendo una fascia d'interessi ampi quanto legittimi.

Prima di tutto verifichiamo che anche al Sud ci può essere efficienza e, addirittura, qualcosa in più se mettiamo nel conto anche l'innata propensione dei Meridionali ad un approccio umano solidale e che si fa carico delle problematiche del prossimo, certamente in modo più gratificante per il Paziente rispetto alle algide atmosfere del Nord: sarei curioso di sapere a quale latitudine una Dottoressa (nel caso di specie del Laboratorio di Biologia molecolare di Foggia, dove – tanto per non farmi mancare nulla - abbiamo verificato la compatibilità del mio DNA con medicinali biologici) arrivi a portare le analisi a domicilio ed a proprie spese!

Perché mai, allora, sopportiamo da decenni questa maledizione dell'inefficienza "a prescindere", probabile frutto degli ingiustificabili roghi di Napoli e forse di lontane storie di briganti ma, nondimeno, lontana mille miglia dal pragmatismo e dalla cultura pugliese?

Quando, or sono quarantacinque anni, scelsi di stabilirmi a Barletta dove – evidentemente raccomandato – svolgevo il servizio militare, ero convinto che la Puglia sarebbe diventata la California non dell'Italia ma dell'Europa: agricoltura di livello superiore per qualità ed esperienza secolare; incipiente industrializzazione su larga scala; viabilità capillare ed estesa; potenziale turistico incredibile; tesori artistici inestimabili e tali da poter sostenere sviluppi occupazionali importanti; una costa che, per limitarci al tratto Manfredonia Barletta, non ha nulla da invidiare a Rimini mentre ancor oggi mi chiedo quale differenza esista tra il Salento e le blasonate spiagge sarde; assenza di criminalità organizzata; diffusa propensione al risparmio; offerta culturale estesa e multidisciplinare.

M'immaginavo areoporti che sfornassero ogni giorno migliaia di anemici nordeuropei assetati di sole e di Cultura e preconizzavo una Regione (nell'accezione geografica) che avrebbe evidenziato la propria leadership fatta di lavoro e di successo non solo rispetto al Meridione ma all'intero Paese: c'erano i mezzi, c'erano gli Uomini, c'erano le occasioni, c'era voglia di fare.

Sappiamo tutti come è finita. Ma perché? Torniamo, per un attimo, all'Ospedale di Barletta. In ventiquattro giorni di degenza e due interventi seri, si è sottoposti alla "schiavitù" della televisione, unico cordone ombelicale con il mondo, peraltro non dei migliori: che insopportabile contrasto tra le (poche) cose importanti della vita sulle quali sei chiamato a riflettere ed il girone dantesco di politici, portaborse, faccendieri, pseudo giornalisti, nani e ballerine, inquisiti, bancarottieri e di tutta quella fauna griffata che ride sempre (di che cosa?) e che popola i telegiornali!

Che colpo al cuore assistere alle esibizioni di un'analfabeta Consigliere Regionale da 12.000 euro al mese e vedere, chino su di Te, un Infermiere che ne guadagna 1.500 se va bene, con la Regione che paga cifre da capogiro per notti bianche ed altra paccottaglia ma non paga gli straordinari a Medici ed Infermieri e minaccia di licenziare quattrocento giovani Medici che hanno studiato, faticato, creduto e che sono stati illusi a fini elettoralistici. Recentemente leggevo che i nostri Politici di Bari (ma a Pavia o Cefalù sarebbe la stessa cosa) dividono il popolo plebeo in due categorie: i "migliori" ovvero i propri sostenitori Guelfi ed i "peggiori" ovvero gli avversari Ghibellini. Sono questi giovani medici i nostri uomini "migliori", non quelli asserviti alle cosche partitiche e clientelari! Mi son fatta un'idea: la colpa è soltanto nostra. Mentre eravamo impegnati a lavorare ed a far sacrifici per la Famiglia, per i figli, per una vita dignitosa, abbiamo delegato la nostra vita a torme sempre più numerose e fameliche di opportunisti e di scansafatiche, ribattezzati per l'occasione "Uomini Politici": leggere delle loro prebende e dei loro privilegi è da voltastomaco e mi chiedo come ancora tolleriamo questo abisso di volgarità e di sperpero.

Oserei rispondere anche a questa domanda: ci siamo arrivati perché abbiamo consentito che il germe della faida, della contrapposizione pregiudiziale e dell'odio partitico si sviluppasse nella Società. Incoraggiati a questo suicidio civile dai parassiti che traggono la loro stessa fonte di prosperità dalla strumentale contrapposizione dei cittadini, abbiamo creduto alla superiorità di una Parte rispetta all'altra, battendoci a volte in modo incivile e violento, per affermare quello che poi la sopravvenuta evidenza avrebbe cancellato come un'onda cancella i castelli di sabbia dei miei nipotini: come dire che la tanto decantata alternanza ha mostrato i limiti dell'intera Classe politica, anziché esaltarne le (inesistenti) differenze culturali e propositive.

La quieta riflessione da un letto d'Ospedale mi ha rafforzato in una convinzione: non parlerò mai più né vorrò sentire di Destra o di Sinistra ma mi avvicinerò ai rari Uomini per bene che via via avremo la fortuna d'incontrare e che si faranno carico di tornare alle origini della nostra Storia recente, quando il designato Presidente della Repubblica De Nicola scriveva alla moglie che, data la nuova carica, sarebbe stato opportuno rivoltare il cappotto, ormai liso!

Sempre l'esperienza ospedaliera mi ha confermato un'altra questione, della quale si parla sempre per aneddoti: abbiamo Persone straordinarie e non ce ne rendiamo conto. Prescindendo dai nomi familiari che incontriamo nel Gotha medico e scientifico di tutto il Mondo, resta il fatto che le mie figlie, due delle quali residenti negli Stati Uniti ed una a Milano, si sono scatenate presso le loro amicizie e frequentazioni di lavoro, tirando fuori dati, statistiche, protocolli per l'imminente chemio alla quale mi sottoporrò: da Milano a Boston, da Roma a Parigi, i protocolli sono quelli, sostanzialmente, che l'ottimo reparto di Oncologia dell'Ospedale di Barletta tranquillamente prevede.

La sintesi che tiro da questa esperienza, dolorosa ma paradossalmente molto gratificante, è che possiamo farcela se, come sta scritto in un quadretto dietro la scrivania del Primario Oncologo dell' Ospedale di Barletta, prof. Brandi, sapremo recuperare equilibrio civile e senso morale».

Ettore Bergamaschi
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