
La città
200 borracce per i reparti oncologici, l'iniziativa del subacqueo Antonio Binetti di Barletta
«Solo al Porto di Barletta ho scovato: pneumatici di trattore, cinque motorini, quattro biciclette e numerose transenne»
Barletta - sabato 26 ottobre 2019
13.18
Antonio Binetti ha 36 anni e da quando ne aveva appena sei ha istaurato un legame particolare con il mare. È stato suo padre Giuseppe a fargli dono delle prime pinne e poi da grande si è avvicinato all'attività subacquea per fare del bene all'ambiente, per il profondo blu della sua Barletta. Abbiamo incontrato Antonio per una chiacchierata. Ha voluto regalare alla nostra redazione le prime cinque borracce di alluminio che presto consegnerà ai bambini nei reparti oncologici.
Raccontaci il tuo primo contatto con il mare. Uno scontro, dovremmo scrivere…
«Mio padre amava la pesca e la tranquillità che ne deriva. Da bambino lo accompagnavo spesso. Un giorno, eravamo al porto di Barletta, avevo circa sei anni. Decise che era arrivato il momento di imparare a nuotare, così mi prese e mi buttò in acqua. Ricordo che disse: "Adesso ritorna da me solo con la tua forza". Una frase stampata nella testa che spesso, mentre sono in acqua, ritorna alla mente insieme al volto di mio padre che non c'è più. Poco dopo quel tuffo, mi regalò le mie prime pinne; nuotavo solo con quelle per questo ogni volta mio padre le tagliava per accorciarle. Da quel momento, non ho più lasciato il mare e ho fatto propri i sui valori».
Anita e Giuseppe sono i tuoi figli, sei riuscito a insegnare loro quei valori?
«Anita ha sei anni mentre Giuseppe solo quattro. Io e mia moglie siamo orgogliosi di loro. Scartata una caramella per strada, restano con la manina aperta fino a quando non trovano un cestino, in caso contrario la gettano rientrati a casa. A gennaio, Anita ha salvato un riccio, ironia della sorte proprio in via Paolo Ricci. Lo ha preso con sé avvolgendolo nella sua sciarpa e lo ha portato a casa. Non aveva mai visto un riccio dal vivo ma sapeva bene come approcciarsi a questo tipo di animale, poiché guarda molti documentari. Dopo una settimana, dopo chiamate e richieste d'aiuto, lo abbiamo portato al Centro Recupero Animali Selvatici di Bitetto. Bisogna educare i nostri figli al rispetto per la natura, il nostro ambiente e il nostro mare. Io sono certo: sono i bambini che salveranno il nostro mondo».
Da molti anni, sei impegnato nel monitoraggio dei fondali marini. In solitaria o a fianco delle associazioni, porti in superficie rifiuti di ogni genere e grandezza. Siamo curiosi: quali sono i ritrovamenti più singolari?
«Dal 2014 al 2019 ho eseguito immersioni nella zona di Ariscianne, Fiumara, nel fiume Ofanto e fatto "visita" al canale Ciappetta Camaggio. Solo al Porto di Barletta ho scovato: pneumatici di trattore, cinque motorini, quattro biciclette e numerose transenne con la scritta Città di Barletta. Se pensiamo, però, che siano questi i rifiuti più pericolosi, ci sbagliamo. Ogni giorno l'uomo mangia pesce contaminato dalle microplastiche e nanoplastiche. La plastica in mare si frammenta gradualmente fino a diventare particelle sempre più piccole. Durante l'ultima pulizia delle spiagge in cui erano presenti 500 bambini, sono state raccolte 60 bustine di caramelle. Per non parlare del danno che causano i coriandoli. Un conto è se finiscono in mare coriandoli di carta che sono fatti di materiale naturale e hanno tempi di biodegradabilità che vanno (in base alla tipologia) da 2 a 6 settimane; un conto è se vi finiscono coriandoli di plastica che derivano da petrolio e metano e che hanno un tempo di degradazione naturale da 50 a 500 anni (in base alla tipologia di sostanze combinate)».
Parlaci del tuo bellissimo progetto in cantiere.
«Ho fatto visita molto spesso ai piccoli pazienti dei reparti oncologici della città di San Giovanni Rotondo e di Barletta. Indosso la mia muta e mi trasformo in un supereroe. Poi appena sono lì, capisco che sono loro i veri eroi della storia. Consegno ai piccoli una maschera da sub e racconto storie legate al mare. Insieme a quelle maschere, ho deciso di regalare anche le borracce di alluminio. Con l'aiuto di alcuni sponsor ho realizzato infatti 200 borracce colorate nella speranza di portare un sorriso e un grande insegnamento. Presto partirò a Roma per incontrare i bambini dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù».
Ultima domanda. Puoi raccontare ai nostri lettori il tuo incontro con la cernia?
«Ero a Polignano a Mare. Ero in acqua quando si è avvicinata una splendida cernia, credo fosse di 15 chili. Mi fissava dritto dritto negli occhi e restava ferma. In quel momento ho capito che non aveva paura di me, aveva compreso che non le avrei fatto del mare e che ero lì solo per fare del bene al suo habitat. Da quel giorno non ho più mangiato pesce».
Raccontaci il tuo primo contatto con il mare. Uno scontro, dovremmo scrivere…
«Mio padre amava la pesca e la tranquillità che ne deriva. Da bambino lo accompagnavo spesso. Un giorno, eravamo al porto di Barletta, avevo circa sei anni. Decise che era arrivato il momento di imparare a nuotare, così mi prese e mi buttò in acqua. Ricordo che disse: "Adesso ritorna da me solo con la tua forza". Una frase stampata nella testa che spesso, mentre sono in acqua, ritorna alla mente insieme al volto di mio padre che non c'è più. Poco dopo quel tuffo, mi regalò le mie prime pinne; nuotavo solo con quelle per questo ogni volta mio padre le tagliava per accorciarle. Da quel momento, non ho più lasciato il mare e ho fatto propri i sui valori».
Anita e Giuseppe sono i tuoi figli, sei riuscito a insegnare loro quei valori?
«Anita ha sei anni mentre Giuseppe solo quattro. Io e mia moglie siamo orgogliosi di loro. Scartata una caramella per strada, restano con la manina aperta fino a quando non trovano un cestino, in caso contrario la gettano rientrati a casa. A gennaio, Anita ha salvato un riccio, ironia della sorte proprio in via Paolo Ricci. Lo ha preso con sé avvolgendolo nella sua sciarpa e lo ha portato a casa. Non aveva mai visto un riccio dal vivo ma sapeva bene come approcciarsi a questo tipo di animale, poiché guarda molti documentari. Dopo una settimana, dopo chiamate e richieste d'aiuto, lo abbiamo portato al Centro Recupero Animali Selvatici di Bitetto. Bisogna educare i nostri figli al rispetto per la natura, il nostro ambiente e il nostro mare. Io sono certo: sono i bambini che salveranno il nostro mondo».
Da molti anni, sei impegnato nel monitoraggio dei fondali marini. In solitaria o a fianco delle associazioni, porti in superficie rifiuti di ogni genere e grandezza. Siamo curiosi: quali sono i ritrovamenti più singolari?
«Dal 2014 al 2019 ho eseguito immersioni nella zona di Ariscianne, Fiumara, nel fiume Ofanto e fatto "visita" al canale Ciappetta Camaggio. Solo al Porto di Barletta ho scovato: pneumatici di trattore, cinque motorini, quattro biciclette e numerose transenne con la scritta Città di Barletta. Se pensiamo, però, che siano questi i rifiuti più pericolosi, ci sbagliamo. Ogni giorno l'uomo mangia pesce contaminato dalle microplastiche e nanoplastiche. La plastica in mare si frammenta gradualmente fino a diventare particelle sempre più piccole. Durante l'ultima pulizia delle spiagge in cui erano presenti 500 bambini, sono state raccolte 60 bustine di caramelle. Per non parlare del danno che causano i coriandoli. Un conto è se finiscono in mare coriandoli di carta che sono fatti di materiale naturale e hanno tempi di biodegradabilità che vanno (in base alla tipologia) da 2 a 6 settimane; un conto è se vi finiscono coriandoli di plastica che derivano da petrolio e metano e che hanno un tempo di degradazione naturale da 50 a 500 anni (in base alla tipologia di sostanze combinate)».
Parlaci del tuo bellissimo progetto in cantiere.
«Ho fatto visita molto spesso ai piccoli pazienti dei reparti oncologici della città di San Giovanni Rotondo e di Barletta. Indosso la mia muta e mi trasformo in un supereroe. Poi appena sono lì, capisco che sono loro i veri eroi della storia. Consegno ai piccoli una maschera da sub e racconto storie legate al mare. Insieme a quelle maschere, ho deciso di regalare anche le borracce di alluminio. Con l'aiuto di alcuni sponsor ho realizzato infatti 200 borracce colorate nella speranza di portare un sorriso e un grande insegnamento. Presto partirò a Roma per incontrare i bambini dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù».
Ultima domanda. Puoi raccontare ai nostri lettori il tuo incontro con la cernia?
«Ero a Polignano a Mare. Ero in acqua quando si è avvicinata una splendida cernia, credo fosse di 15 chili. Mi fissava dritto dritto negli occhi e restava ferma. In quel momento ho capito che non aveva paura di me, aveva compreso che non le avrei fatto del mare e che ero lì solo per fare del bene al suo habitat. Da quel giorno non ho più mangiato pesce».


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