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Anniversario nascita Carabinieri, una riflessione di ANPI Bat
La nota firmata da Roberto Tarantino
Barletta - lunedì 9 giugno 2025
1.48 Comunicato Stampa
«Il 5 giugno 2025, il Castello di Barletta ha ospitato la cerimonia per il 211° anniversario della fondazione dell'Arma dei Carabinieri. Il colonnello Massimiliano Galasso, Comandante Provinciale dell'Arma, ha ricordato che «… il castello (di Barletta) è un simbolo di Resistenza, di onore militare, ed è un biglietto da visita della nostra provincia nel mondo». Almeno lui ne è consapevole e lo ha sottolineato». Così il presidente onorario di ANPI Bat, Roberto Tarantino.
«La cerimonia avrebbe potuto rappresentare il momento giusto per rivendicare, con il giusto orgoglio, il contributo dato dalla nostra città e dai Barlettani alla lotta di Liberazione. Ma, per farlo, sarebbe stato necessario conoscere la Storia (anche quella cittadina), aver a cuore la sua divulgazione e riconoscerla come fondamentale per comprendere le nostre vere radici.
Mentre altrove, dopo l'8 settembre 1943, il Regio Esercito si sbandava e si dissolveva, mentre quasi ovunque in Italia e sui diversi fronti di guerra vigeva il "tutti a casa" e il "si salvi chi può", a Barletta i militari presenti in città restavano al proprio posto, disciplinati, ben organizzati e ben comandati per respingere i Tedeschi che volevano «occupare la città e disarmare i soldati italiani», nonostante le poche armi di cui disponevano. Volevano, in poche parole, fare il proprio dovere fino in fondo.
L'episodio di Barletta è stato riconosciuto come uno dei più rilevanti della Resistenza militare italiana, tanto da meritare la Medaglia d'oro al Valor militare, che si aggiunse a quella già concessa al Merito civile.
In quelle ore drammatiche, i nostri concittadini, sparsi in tutta Europa, si trovarono di fronte a una difficile scelta: arrendersi, consegnarsi ai Tedeschi e collaborare con loro per proseguire una guerra sanguinosa, crudele e ingiusta, che avrebbe voluto imporre la dittatura nazista e fascista sull'intero continente, oppure opporsi a questo scellerato progetto.
Settecento militari barlettani finirono nei lager del Terzo Reich e ebbero il coraggio di rifiutare ogni proposta di collaborazione con l'ex alleato tedesco: un decimo di loro non farà mai più ritorno a casa.
Trecento barlettani lottarono nelle diverse formazioni partigiane in Italia e nelle altre nazioni occupate per sconfiggere il mostro: molti di loro morirono inseguendo quel sogno di libertà.
Per ritornare, poi, all'occasione persa lo scorso 5 giugno e alla storia delle decine di carabinieri nati nelle città della BAT (oltre 20 erano barlettani) partigiani e internati nei lager, perché i nostri rappresentanti non ne hanno parlato? Perché si ostinano a ignorare la disponibilità a collaborare sempre offerta dall'ANPI che ha svolto su questi temi ricerche approfondite? Ci considerano "figli di un dio minore"? Le storie degli internati barlettani nei lager nazisti, delle partigiane e dei partigiani non meritano di entrare nella "memoria collettiva" (tanto citata in questi ultimi tempi), di essere additati a esempio, di avere una strada, una piazza, un luogo pubblico che li ricordi? Chi, secondo coloro che hanno il potere di decidere, lo merita?»
«La cerimonia avrebbe potuto rappresentare il momento giusto per rivendicare, con il giusto orgoglio, il contributo dato dalla nostra città e dai Barlettani alla lotta di Liberazione. Ma, per farlo, sarebbe stato necessario conoscere la Storia (anche quella cittadina), aver a cuore la sua divulgazione e riconoscerla come fondamentale per comprendere le nostre vere radici.
Mentre altrove, dopo l'8 settembre 1943, il Regio Esercito si sbandava e si dissolveva, mentre quasi ovunque in Italia e sui diversi fronti di guerra vigeva il "tutti a casa" e il "si salvi chi può", a Barletta i militari presenti in città restavano al proprio posto, disciplinati, ben organizzati e ben comandati per respingere i Tedeschi che volevano «occupare la città e disarmare i soldati italiani», nonostante le poche armi di cui disponevano. Volevano, in poche parole, fare il proprio dovere fino in fondo.
L'episodio di Barletta è stato riconosciuto come uno dei più rilevanti della Resistenza militare italiana, tanto da meritare la Medaglia d'oro al Valor militare, che si aggiunse a quella già concessa al Merito civile.
In quelle ore drammatiche, i nostri concittadini, sparsi in tutta Europa, si trovarono di fronte a una difficile scelta: arrendersi, consegnarsi ai Tedeschi e collaborare con loro per proseguire una guerra sanguinosa, crudele e ingiusta, che avrebbe voluto imporre la dittatura nazista e fascista sull'intero continente, oppure opporsi a questo scellerato progetto.
Settecento militari barlettani finirono nei lager del Terzo Reich e ebbero il coraggio di rifiutare ogni proposta di collaborazione con l'ex alleato tedesco: un decimo di loro non farà mai più ritorno a casa.
Trecento barlettani lottarono nelle diverse formazioni partigiane in Italia e nelle altre nazioni occupate per sconfiggere il mostro: molti di loro morirono inseguendo quel sogno di libertà.
Per ritornare, poi, all'occasione persa lo scorso 5 giugno e alla storia delle decine di carabinieri nati nelle città della BAT (oltre 20 erano barlettani) partigiani e internati nei lager, perché i nostri rappresentanti non ne hanno parlato? Perché si ostinano a ignorare la disponibilità a collaborare sempre offerta dall'ANPI che ha svolto su questi temi ricerche approfondite? Ci considerano "figli di un dio minore"? Le storie degli internati barlettani nei lager nazisti, delle partigiane e dei partigiani non meritano di entrare nella "memoria collettiva" (tanto citata in questi ultimi tempi), di essere additati a esempio, di avere una strada, una piazza, un luogo pubblico che li ricordi? Chi, secondo coloro che hanno il potere di decidere, lo merita?»