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Anche Barletta ricorda i partigiani jugoslavi

Accurata ricostruzione storica di Francesco Morelli. Risale al 1970 la costruzione del Sacrario per i caduti slavi

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un'attenta e precisa osservazione di Francesco Morelli, avvocato e affezionato lettore di Barlettalife.it, che in seguito all'intervista rilasciata alla nostra testata dal dott. Martocchia sui partigiani jugoslavi, ha redatto un'approfondita ricostruzione sul ruolo svolto dalla nostra città e sulla costruzione del Sacrario per i caduti slavi costruito nella città di Barletta.

Come molti sapranno, i militari sepolti a Barletta appartenevano alla NLAY, la formazione partigiana di liberazione nazionale jugoslava. Feriti durante la lotta di liberazione, vennero trasportati dagli inglesi negli ospedali militari dell'Italia meridionale, presso il campo militare slavo da loro stessi organizzato nel 1944 nella parte a nord-ovest del cimitero di Barletta; un ufficiale provvedeva personalmente alla sepoltura dei soldati, registrandone poi l'avvenuta inumazione su apposito registro nel quale vi riportava le generalità del Caduto. Nel 1967 il Ministero degli Esteri chiese al Comune di Barletta di concedere al Governo slavo un'area di 2.100 mq per la costruzione nel cimitero cittadino dell'ossario commemorativo dei Caduti slavi sepolti a Barletta e per quelli che si trovavano nei cimiteri delle città vicine.
L'amministrazione comunale, interprete anche dei sentimenti della cittadinanza, non esitò ad acconsentire alla richiesta: l'atto di concessione in uso della superficie si perfezionò a Roma il 10 gennaio 1968 presso il Ministero degli Affari Esteri. Nell'occasione il Sindaco avv. Morelli si dimostrò particolarmente favorevole all'iniziativa, «auspicando che i rapporti di sincera collaborazione e di amicizia fra il popolo italiano e quello jugoslavo si rinsaldino sempre più anche nel culto di coloro che per la Patria hanno sacrificato la vita e la giovinezza».

Il successivo 13 gennaio 1968, il Presidente del Consiglio federale jugoslavo, Mika Spiljak, si recò a Barletta per rendere omaggio alle 174 salme dei caduti slavi già sepolti presso il locale cimitero. All'incontro, particolarmente toccante, presero parte le più alte autorità politiche e militari, tra le quali il Presidente del comitato dei Ministri per il Mezzogiorno, on. Giulio Pastore, gli ambasciatori jugoslavi a Roma e Belgrado, il prefetto dott. Novello, il questore dott. Lacquaviti, il col. Basso del Commissariato Generale per le onoranze ai Caduti in guerra, il Comandante del Presidio militare ten. col. Cursio, nonché i massimi rappresentanti delle forze dell'ordine e la Giunta municipale al completo, presieduta dal primo cittadino avv. Michele Morelli.

Dopo aver rivolto al Presidente Spiljak il saluto della città, il sindaco Michele Morelli dichiarò: «Barletta custodisce gelosamente i resti mortali di una parte dei figli minori del popolo jugoslavo; e sono questi Eroi che, pur nel sonno della morte, vegliano dall'opposta sponda adriatica sulla loro terra natia, sui loro cari, invocando fratellanza amorosa e pace fra tutti gli uomini. Esse ci ammoniscono di continuare il cammino già intrapreso per una leale ed amichevole collaborazione sempre più stretta fra il popolo jugoslavo e quello italiano nel settore economico, culturale, tecnico e scientifico». Ricordata la soddisfazione con la quale la cittadinanza accolse la notizia del costruendo Sacrario per i Caduti Jugoslavi, il Sindaco Morelli pregò poi il Presidente Mika Spiljuak di « farsi messaggero del saluto di Barletta al nobile popolo jugoslavo ed interprete della nostra profonda devozione alle famiglie dei Caduti qui sepolti: dica, signor Presidente, a quelle famiglie, con quanto amore noi custodiamo le spoglie mortali di coloro che per la Patria hanno sacrificato la giovinezza e la vita».

Il Presidente del Consiglio federale jugoslavo, rispondendo all'accorato appello, si disse «sinceramente emozionato per le calorose accoglienze riservategli» ed espresse profonda gratitudine per l'amorevole cura con la quale gli abitanti di Barletta custodivano i resti dei Caduti slavi, proseguendo: «non è senza un profondo significato la decisione di costruire, mercé la sollecita, graditissima collaborazione della città di Barletta, proprio qui sulla sponda dell'Adriatico, il Sacrario per i Caduti jugoslavi: l'Adriatico non divide, ma collega i nostri due popoli, ed al sempre più completo raggiungimento di questo obiettivo sono tesi gli sforzi dei Governi italiano e jugoslavo».

A testimonianza dell'impegno profuso e dei rapporti di collaborazione in atto, il 20 maggio dello stesso anno, nella sede diplomatica dell'Ambasciata di Roma, il Sindaco Morelli fu insignito dell'Ordine della bandiera jugoslava con corona d'oro, la più alta onorificenza dello Stato dei Balcani, conferita «per gli alti meriti ottenuti nella collaborazione per lo sviluppo dei buoni rapporti tra l'Italia e la Jugoslavia». Il 7 aprile del 1969 una delegazione di amministratori comunali di Barletta, composta dal sindaco avv. Michele Morelli, dal vice sindaco avv. Francesco Capurso e dall'assessore alle finanza cav. Uff. Aldo Bernardini, si recò a Belgrado su invito del Governo jugoslavo, rivolto dal Presidente del Consiglio federale della sanità e politica sociale dott. Nikolo Georgievski per il tramite del Ministero degli Esteri italiano.
La folta delegazione fu ricevuta dal Presidente Spilijak che rinnovò i sentimenti di gratitudine della popolazione jugoslava per Barletta, per la cura ed il rispetto con cui custodì e continuava a custodire le spoglie dei suoi caduti e per la generosa offerta che avrebbe consentito, a distanza di anni, alla Jugoslavia di raccogliere in un unico posto le salme dei soldati, rimarcando lo spirito di collaborazione e di fraternità tra i due popoli ed auspicando che questo clima di reciproca simpatia potesse costituire la premessa per scambi sempre più proficui. Il sindaco Morelli a sua volta confermò il rispetto di Barletta per tutti i Caduti in guerra, sottolineando "l'anelito di pace, di benessere e di progresso che guida le popolazioni pugliesi nel processo di miglioramento civile, sociale ed economico".

Il successivo 27 settembre del 1968 si venne a concretizzare quello che i giornali dell'epoca definirono "un «ponte» sull'Adriatico fra Barletta e Herceg Novi". In ottemperanza a quanto stabilito dai Sindaci e dai consigli comunali delle due città sin dal maggio dello stesso anno, venne siglato il gemellaggio tra Barletta e la città montenegrina di Herceg Novi, con l'intento di promuovere fra i due paesi una più concreta collaborazione. Durante la cerimonia del gemellaggio, il sindaco Vlaovic, dopo aver rivolto il saluto augurale a tutta la delegazione barlettana ed ai numerosissimi presenti, pose in risalto come il gemellaggio non fosse scaturito per caso, ma si poté realizzare anche per la disponibilità offerta dalla città di Barletta nella costruzione del sacrario commemorativo dei caduti jugoslavi caduti nell'Italia meridionale e insulare durante l'ultima guerra.

Il sindaco di Barletta avv. Morelli rivolse il saluto e le felicitazioni dell'intera città di Barletta, fiera di stringere con la città di Herceg Novi un patto di gemellaggio «che sarà il simbolo dell'unione e della pace tra i due popoli, alimentato dall'amore e dal vincolo dei morti che riposeranno nel sacrario nel cimitero di Barletta», aggiungendo che «il gemellaggio, oltre ad essere un fatto simbolico, vuole essere sul piano della vita pratica la realizzazione di rapporti economico-commerciali, culturali e spirituali fra i due popoli, attraverso uno scambio di notizie e di aiuti, preludio alla unione non soltanto delle due Nazioni vicine, ma di quelle delle Nazioni europee e del mondo, se simili iniziative venissero da tutti realizzate e coltivate».

L'Ossario Commemorativo dei Caduti Slavi venne inaugurato il 4 luglio del 1970, alla presenza delle più alte cariche italiane ed una folta delegazione jugoslava, compreso i parenti dei combattenti deceduti. Particolarmente commovente fu l'intervento della madre di una vittima della Resistenza, che nel silenzio profondo, pronunciò un discorso colmo di emozioni e di lacrime mai sopite: «Figlioli miei e tu, figlio mio! A questo triste raduno tua madre è orgogliosa di aver dato la vita a chi questa vita ha offerto alla Patria. Sono fiera ed orgogliosa anche se, invece di te, ho questo grandioso monumento. Siete caduti per una nuova vita, una generazione nuova, un nuovo fronte che mi fa sopportare il dolore di madre. Figlio mio, tua madre è ora, qui orgogliosa di te; anche se sola, ella non è sola; è insieme alle nuove generazioni di questa nostra libertà per la quale tu sei caduto».

A nome del Governo italiano, il sottosegretario agli Esteri on. Salizzoni rilevò che «la nostra presenza qui a Barletta simbolizza altamente la comune volontà dei nostri due popoli di onorare la memoria di chi ha dato la vita per la difesa della propria Patria. L'Adriatico oggi più che mai non separa ma unisce le sponde dei nostri due Paesi uniti dalla comune aspirazione alla pace, alla libertà al progresso». Segui poi la deposizione delle sei cassette nella cripta e la cerimonia di deposizione delle corone: quella della città di Barletta, del Ministro della Difesa italiano, del Governo italiano, del Governo jugoslavo, dei Partigiani di Puglia, del presidente Tito.

Il capo della delegazione jugoslava, dopo aver chiuso la cripta, ne consegnò le chiavi al sindaco di Barletta avv. Morelli che, dopo aver ribadito l'orgoglio e l'affetto con cui Barletta accoglieva le spoglie di tanti valorosi soldati, sottolineò i sentimenti di amicizia che legavano le due popolazioni: «Le spoglie di questi giovani vanno ad arricchire l'ondata di sentimenti che suscita nei nostri animi il ricordo di migliaia di Caduti di questa gloriosa città che riposano lontani dalla nostra terra. I vostri Caduti sono i nostri caduti. Il loro sacrificio, come quello dei nostri eroi, appartiene all'umanità; è patrimonio inalienabile dei sentimenti di libertà, di attaccamento alla Patria che hanno costituito la componente fondamentale e la spinta ideale della loro azione».

L'intera struttura si sviluppa su due piani e ricopre una superficie che descrive un rettangolo avente lati pari a 70 e 20 metri, ergendosi per un'altezza di 11 metri. Custodisce i resti di 825 morti e di altri 463 combattenti dei quali non erano state reperite le spoglie, per un totale di 1.288 caduti. I nomi dei partigiani slavi sono scolpiti su due grandi portali di bronzo, posti l'uno di fronte all'altro, in un'ampia sala circolare ed ordinati rispettivamente nei due elenchi dei "Caduti e morti nell'Italia meridionale" (Pali i umrli u južnoj Italiji) e dei "Dispersi sul territorio dell'Italia meridionale" (Nestali na teritoriji južne Italije). Di grande impatto e significato è l'apertura circolare nel pavimento della sala principale, rivestito da un mosaico di colore rosso vivo per simboleggiare il sangue versato dai combattenti jugoslavi in occasione della Resistenza antifascista e antinazista italiana.

A giudizio del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia e secondo quanto riportato nei libri di storia, il Sacrario di Barletta rappresenta uno dei tre più importanti esistenti in Italia, unitamente a quello di Roma (Prima Porta) e Sansepolcro (Arezzo), ed è ancora meta di cittadini stranieri che ricordano con ammirazione e devozione questi eroi.

Avv. Francesco Morelli

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