
Calcio
Il colpo di Tabacco: Franco Di Cosola, simbolo di un'era calcistica che non c'è più
Terza puntata dell'esclusivo editoriale di Barlettalife.it
Barletta - giovedì 17 aprile 2014
1.39
Dalla scorsa settimana la redazione sportiva di Barlettalife.it si è arricchita di un altro editorialista storico per il calcio barlettano: all'ex capitano Savino Daleno e all'ex presidente Francesco Sfrecola si è aggiunto infatti Matteo Tabacco, "penna" trentennale dello sport cittadino. Nato nel 1960, cresciuto con le passioni del giornalismo e ovviamente per l'amato Barletta, Tabacco è entrato agli inizi degli anni '80 a contatto con il mondo del calcio nelle vesti di corrispondente della carta stampata, prima con il Corriere dello Sport nel 1984, e poi ai giorni nostri con la Gazzetta dello Sport. Il suo terzo "Colpo di Ta(ba)cco" è dedicato alla storica figura di Franco Di Cosola, presidente biancorosso tra il 1985 e il 1990, scomparso lunedì scorso, che Matteo ha raccontato da cronista e tifoso barlettano:
«Parlare di Franco Di Cosola e di quello che ha rappresentato per questa città è fin troppo semplice. Specie per chi, come me, ha vissuto in prima fila quelle splendide stagioni calcistiche. La scomparsa di Franco, "u' prsdent'", come amava farsi chiamare è stato anche un modo per tornare indietro con la memoria e rivivere quegli anni, un modo per tornare più giovani, riscoprire una Barletta diversa, molto lontana, ahimè, da quella attuale. E allora si "approfitta" della scomparsa di Franco, per riaprire gli album dei ricordi, per rivedere luoghi, persone e volti di una Barletta festante, ricca e che sembrava non avere problemi. Io Franco l'ho conosciuto e bene anche. Mi affacciavo giovane al mondo del giornalismo e subito mi dovetti imbattere in un uomo dalla forte personalità, a volte scontroso, magari polemico, ma che, rispetto a tanti altri, diceva sempre quello che pensava. Ricordo una sua frase in una delle tante conferenze stampa che teneva. "Voi siete giornalisti di Barletta e dovete scrivere sempre bene del Barletta". Una frase che poteva sembrare offensiva per la nostra categoria ma se intesa bene dimostrava tutto l'amore che aveva per la sua creatura che, da buon padre, voleva sempre proteggere.
Io quegli anni li ho vissuti. I calciatori andavano in giro per le strade, i bar, al cinema e la gente li fermava, chiedeva autografi, notizie. Si mischiavano tra la gente e con la gente avevano un rapporto diretto, familiare. Un'altra epoca rispetto ad oggi, dove se chiedi ad un ragazzino chi è il centravanti del Barletta ti risponderà "boh!!!". Ma Franco era anche uomo che sapeva usare la testa e il cuore. A Sorrento, negli spogliatoi dove "diluviava" spumante, disse. "Grazie a tutti, specie a voi della stampa che ci siete sempre stati vicini". I complimenti, le critiche, erano dirette, schiette. Non era ancora il tempo di Facebook, dove in molti scaricano le loro colpe, i loro fallimenti. Non so se un giorno potremo riassaporare quelle emozioni. Io me lo auguro perché sono momenti che non possono minimamente essere paragonabili a vittorie di Mondiali e Champions League. Per la tua città è in gioco l'amore e la passione per qualcosa che ti appartiene, che è anche tua e anche le emozioni hanno un sapore diverso.
Ora con il saluto che Barletta gli ha tributato nell'ultimo suo viaggio, come si fa con la gente importante, che resta nella storia della nostra città, si chiuderà un capitolo, il più bello, per chi ama il calcio dai colori bianchi e rossi. Dopo se ne aprirà un altro, delicato, pericoloso. Sul banco c'è la sopravvivenza del calcio, della squadra di questa città. La speranza è che la morte di Franco sia stato un segnale, quello di affrettarsi, a far si che quella che è stata anche una sua creatura non scompaia. Perdere due simboli di barlettanità in così breve tempo sarebbe tristissimo. Ciao Franco, goditi il Paradiso degli sportivi...»
[Matteo Tabacco]
«Parlare di Franco Di Cosola e di quello che ha rappresentato per questa città è fin troppo semplice. Specie per chi, come me, ha vissuto in prima fila quelle splendide stagioni calcistiche. La scomparsa di Franco, "u' prsdent'", come amava farsi chiamare è stato anche un modo per tornare indietro con la memoria e rivivere quegli anni, un modo per tornare più giovani, riscoprire una Barletta diversa, molto lontana, ahimè, da quella attuale. E allora si "approfitta" della scomparsa di Franco, per riaprire gli album dei ricordi, per rivedere luoghi, persone e volti di una Barletta festante, ricca e che sembrava non avere problemi. Io Franco l'ho conosciuto e bene anche. Mi affacciavo giovane al mondo del giornalismo e subito mi dovetti imbattere in un uomo dalla forte personalità, a volte scontroso, magari polemico, ma che, rispetto a tanti altri, diceva sempre quello che pensava. Ricordo una sua frase in una delle tante conferenze stampa che teneva. "Voi siete giornalisti di Barletta e dovete scrivere sempre bene del Barletta". Una frase che poteva sembrare offensiva per la nostra categoria ma se intesa bene dimostrava tutto l'amore che aveva per la sua creatura che, da buon padre, voleva sempre proteggere.
Io quegli anni li ho vissuti. I calciatori andavano in giro per le strade, i bar, al cinema e la gente li fermava, chiedeva autografi, notizie. Si mischiavano tra la gente e con la gente avevano un rapporto diretto, familiare. Un'altra epoca rispetto ad oggi, dove se chiedi ad un ragazzino chi è il centravanti del Barletta ti risponderà "boh!!!". Ma Franco era anche uomo che sapeva usare la testa e il cuore. A Sorrento, negli spogliatoi dove "diluviava" spumante, disse. "Grazie a tutti, specie a voi della stampa che ci siete sempre stati vicini". I complimenti, le critiche, erano dirette, schiette. Non era ancora il tempo di Facebook, dove in molti scaricano le loro colpe, i loro fallimenti. Non so se un giorno potremo riassaporare quelle emozioni. Io me lo auguro perché sono momenti che non possono minimamente essere paragonabili a vittorie di Mondiali e Champions League. Per la tua città è in gioco l'amore e la passione per qualcosa che ti appartiene, che è anche tua e anche le emozioni hanno un sapore diverso.
Ora con il saluto che Barletta gli ha tributato nell'ultimo suo viaggio, come si fa con la gente importante, che resta nella storia della nostra città, si chiuderà un capitolo, il più bello, per chi ama il calcio dai colori bianchi e rossi. Dopo se ne aprirà un altro, delicato, pericoloso. Sul banco c'è la sopravvivenza del calcio, della squadra di questa città. La speranza è che la morte di Franco sia stato un segnale, quello di affrettarsi, a far si che quella che è stata anche una sua creatura non scompaia. Perdere due simboli di barlettanità in così breve tempo sarebbe tristissimo. Ciao Franco, goditi il Paradiso degli sportivi...»
[Matteo Tabacco]
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