Mons. Giovan Battista Pichierri
Mons. Giovan Battista Pichierri
Religioni

Si celebra la Giornata per la Salvaguardia del Creato

Il messaggio dell'arcivescovo Pichierri. «In una terra ospitale educhiamo all'ambiente»

Oggi, con la celebrazione della Giornata per la salvaguardia del creato, sarà promossa in tutta la diocesi una riflessione attorno al tema "In una terra ospitale educhiamo all'ambiente". Si trasmettono per l'occasione tre documenti:

· Il Messaggio di S.E. Mons. Giovan Battista Pichierri
· Alcuni spunti per una riflessione pacata
· Una riflessione sul vangelo della XXV domenica del tempo ordinario che sarà celebrata il 18 settembre 2011

ALLA COMUNITA' ECCLESIALE DIOCESANA
6a GIORNATA PER LA SALVAGUARDIA DEL CREATO
"In una terra ospitale educhiamo all'accoglienza"

Carissimi ministri ordinati, religiosi e religiose, e fedeli laici,

E' da sei anni che si celebra a livello ecumenico "la giornata per la salvaguardia del creato" al 1 settembre o nel corso dello stesso mese. In diocesi detta giornata la celebreremo il 18 p.v. Il messaggio per la giornata si intitola "In una terra ospitale, educhiamo all'accoglienza".

La Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e la Commissione episcopale per l'ecumenismo e il dialogo hanno preparato un sussidio che si può ricavare da Internet.

A me piace sottolineare il tema che si pone in coerenza con gli Orientamenti Pastorali dell'Episcopato italiano per il decennio 2010 – 2020 "Educare alla vita buona del Vangelo". Esso indica l'importanza dell'educazione all'accoglienza a partire dalla custodia del creato, una responsabilità personale per rendere sempre più bella la creazione e l'invito a essere, sull'esempio di Cristo, testimoni autentici di gratuità e di servizio nei confronti di ogni persona.

Esorto i parroci e gli operatori pastorali a non lasciarsi sfuggire la preziosità di questo tema così bene evidenziato da Benedetto XVI nell'enciclica Caritas in veritate: "La Chiesa ha una responsabilità per il creato e deve far valere questa responsabilità anche in pubblico. E facendolo deve difendere non solo la terra, l'acqua e l'aria come doni della creazione appartenenti a tutti. Deve proteggere soprattutto l'uomo contro la distruzione di se stesso. E' necessario che ci sia qualcosa come un'ecologia dell'uomo, intesa in senso giusto. Il degrado della natura è, infatti, strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana: quando «l'ecologia umana» è rispettata dentro la società, anche l'ecologia ambientale ne trae beneficio. […] I doveri che abbiamo verso l'ambiente si collegano con i doveri che abbiamo verso la persona considerata in se stessa e in relazione con gli altri. Non si possono esigere gli uni e conculcare gli altri. Questa è una grave antinomia della mentalità e della prassi odierna, che avvilisce la persona, sconvolge l'ambiente e danneggia la società".

Date il giusto rilievo nella preghiera dei fedeli delle Messe domenicali e, se vi organizzate, con una veglia di preghiera che coinvolge particolarmente i giovani.

Vi saluto con affetto e vi benedico.

SESTA GIORNATA PER LA SALVAGUARDIA DEL CREATO
18 settembre 2011

Alcuni spunti per una riflessione pacata

Siamo ormai entrati da un po' di anni nel terzo millennio; ci siamo preparati e convinti, negli anni precedenti, a guardare al prossimo come a un mondo migliore, tecnologicamente perfetto, che ci proietterà negli abissi siderali dello spazio, alla ricerca di materie prime così indispensabili al nostro progresso…intanto, ogni venti secondi, in "questo mondo" che noi chiamiamo terzo (o quarto) un bambino muore di sete. Nulla di ciò deve toglierci il sonno, ma occorre ricordare che, specie nel Corno d'Africa, una siccità che non si rammenta a memoria d'uomo sta' arrostendo Paesi come la Somalia, l'Eritrea, con il ritorno di una figura alquanto desueta di profugo: quello ambientale.

Tecnicamente, il rifugiato ambientale non ha latitudini o longitudini, basti ricordare l'enorme macchia di petrolio, visibile dallo spazio, al largo delle coste della Louisiana, causata dall'esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon nel 2010, con la conseguente crisi nei lavoratori di prodotti ittici. O, più recentemente, il disastro della centrale di Fukushima, con la scoperta di inadempienze a livello di sicurezza e di rispetto ambientale.

Pensiamo alla crisi del settore dell'allevamento zootecnico, dell'agricoltura nelle zone adiacenti alle centrali nucleari ed immaginiamo le migliaia di disoccupati che la fuga di radiazioni ha provocato in maniera diretta. Il cambio di interessi sul nucleare in Italia, all'indomani del disastro di Fukushima la dice lunga sulle nostre certezze in campo energetico, così come non riusciamo a liberarci dalle pastoie clientelari che frenano la produzione di fonti energetiche alternative. Lo sfruttamento sostenibile delle risorse della biosfera è la sfida alla quale siamo chiamati, se vogliamo lasciare alle generazioni future un mondo con, al suo interno, ancora risorse da gestire.

Il tema di questa sesta Giornata per la salvaguardia del Creato, che la nostra Arcidiocesi celebra il giorno 18 settembre, ha come tema "In una terra ospitale, educhiamo all'Accoglienza". Tema alquanto attuale ma anche difficile da semplificare, alla luce di quanto viene detto sulle possibilità di inserimento nel tessuto sociale italiano di quanti sono sbarcati sulle nostre coste o che attraversano i vari confini terrestri del nostro Paese. Sono chiaramente discorsi propagandistici, al solo fine di cavalcare la paura del diverso che, da sempre, alligna nel cuore di ogni uomo.

Basti pensare a quanto accadde a Rosarno nel 2009, quando gli unici lavoratori del settore ortofrutticolo di quella cittadina (gli extracomunitari africani), furono "cacciati" dalla popolazione locale, abilmente manovrata dalle cosche mafiose del luogo. Dei circa settecento addetti alla raccolta delle clementine, non ne rimase neanche uno, come neanche una clementina fu raccolta l'anno successivo, dimostrazione lampante che il vero interesse era quello di attingere ai fondi di solidarietà e sostegno della Comunità Europea.

Il Vangelo di questa domenica ci mette di fronte ad una parabola che mostra una certa difficoltà di collocazione riguardo al tema della Giornata. Ma, se esuliamo dal discorso meramente pratico, legato da sempre alla giustizia retributiva, alla quale si appellavano gli Ebrei quale popolo eletto e, quindi, sempre al primo posto nell'economia della Salvezza, scopriamo che, alla base di tutto, vi è una logica di mercato ancora oggi fortemente applicata: più lavoro = più profitto.

La logica di Gesù, invece, ci porta a lanciare il nostro sguardo non più, o non solo all'immediato ma a quello che diviene il vero "bene": la persona umana, con tutte le capacità che può esprimere in ogni campo della vita sociale. E a nulla serve pensare di limitare la presenza di chi viene nel nostro Paese alla ricerca di condizioni di vita sicuramente più favorevoli di quelle lasciate nei Paesi di origine. E neanche possiamo pensare di imitare il "Mazzarò" vergano che, pur di non lasciare nulla di quanto credeva suo, lo distrugge.

In forza di quale fede potremmo dirci figli di Dio, se chiudiamo, non solo il nostro cuore ma anche il mondo che ci è stato solo affidato a colui che ha il volto del Cristo? Investire su una economia fondata sul rispetto reciproco, sul dono e non sul presunto merito è la strada che anche il nostro papa ci suggerisce di intraprendere.

Se dovessimo realmente seguire il dik-tat di Dio: "…prendi ciò che è tuo e vattene!" certamente potremmo portare via ben poco, dal momento che siamo divenuti così interdipendenti che facciamo fatica a distinguere ciò che è realmente nostro da quello che è frutto anche di interventi "terzi". Proprio a noi, come Chiesa, è dato di esaltare quanto il buon Dio ci ha donato come Creato ma anche come ingegno, per rendere il suo dono ancora fruttuoso, ancora vivibile e degno di essere additato come la cosa più bella da Lui creata… dopo l'uomo!

Accogliere gli operai del'undicesima ora!

Il brano evangelico che guida la riflessione di questa XXV Domenica, verte sulla misericordia di Dio, Padrone della vigna e sulla poca disponibilità da parte dei lavoranti ingaggiati in prima mattinata ad accogliere nel gruppo dei salariati coloro che sono stati reclutati appunto a fine giornata, anche oltre il termine della giornata lavorativa stessa. Alla richiesta del Padrone, ognuno di loro si accorda per quanto serve al fabbisogno di un giorno, quello cioè che serve, al tempo di Gesù, per sfamare una famiglia. Si badi che l'accordo è preso anche in previsione futura, perché si parla di un denaro al giorno, non solo per quel giorno. Quindi una possibilità di futuro economicamente garantito!

Coloro a cui è chiesto di entrare nella vigna per lavorarci a tempo ormai ampiamente scaduto, non prendono accordo alcuno con il Padrone: fanno ciò che è chiesto loro senza pretendere alcunché in contraccambio del poco lavoro svolto. Fin qui nulla di scandaloso nel comportamento dei personaggi della parabola; tutto precipita quando il Padrone, alla fine della giornata, vuole liquidare gli operai partendo dagli ultimi, mettendo quindi tutti al corrente della sua decisione di trattare tutti allo stesso modo. Alla vista del trattamento riservato a questi inizia il mormorìo degli altri operai, sentitisi sminuiti nel loro lavoro durato tutto il giorno e retribuito alla stessa stregua degli ultimi arrivati. Non è anche ciò che capita nel nostro incontro con coloro che arrivano nel nostro Paese sbarcando da relitti fatiscenti, nella speranza di trovare magari condizioni di vita meno persecutorie di quelle vissute nei loro Paesi d'origine?

L'attenzione alle problematiche lavorative interne, alla carenza cronica di posti di lavoro è un atteggiamento naturale e condiviso; quello che sconcerta è la totale chiusura verso chi, magari accontentandosi di poco, cerca di sbarcare il lunario, in vista ( o nella speranza ) di condizioni di vita migliori con il passare del tempo. E come li accogliamo noi, operai della Vigna del Signore, questi ultimi lavoratori dell'undicesima ora? Il problema non riguarda il ridurre il compenso, come speravano gli operai della prima ora, a chi viene da lontano, ma quello di ottimizzare le relazioni in funzione di un miglioramento che riguardi tutti ed ognuno.

Tutti concorriamo allo sfruttamento delle risorse del mondo a noi affidato; ciò che non dobbiamo dimenticare è che non possiamo pensare di esserne divenuti proprietari in forza di chissà quale diritto inalienabile. Le generazioni future dovranno confrontarsi con una multi etnicità e multiculturalità sempre più ampie, visto l'andamento delle crescite demografiche che depongono tutte a favore dei Paesi emergenti o terzomondisti.

Siamo realmente abitanti di una terra ospitale, capace di offrire opportunità a chiunque abbia il desiderio di contribuire alla costruzione del Regno di Dio, ma dobbiamo rispolverare quel senso di accoglienza, quell'educazione che abbiamo da sempre nel nostro DNA, in virtù della nostra memoria storica, fatta di emigrazioni a volte forzate, verso terre a loro volta non sempre ospitali.

Non è retorica: rendiamo ancor di più la nostra terra ospitale: noi, all'accoglienza, siamo educati in forza del nostro Battesimo!
  • Arcivescovo Giambattista Pichierri
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