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Politica

Il teatro magico di Barletta: una politica impazzita

Ripetizioni, improvvisazioni, cabaret. Le confusioni e i ritorni, da Emiliano alla Carlucci

"Teatro magico. Non per tutti. Soltanto per pazzi". È Hermann Hesse, Il lupo della steppa. Ma il buon Hesse non si offenderà se utilizziamo un suo passo per descrivere, in modo sintetico, la politica barlettana. Barletta, una città da cui scompare progressivamente ogni carattere di progetto, costruzione, futuro. Una città che ingoia fumi senza conoscerne l'origine. Ciminiere che bruciano rifiuti. Palazzi pericolanti. Per anni, quasi decenni, gli amministratori hanno vantato le magnifiche sorti e progressive di una nuova zona della città, la 167, in attesa di coniare nuovo nome più accattivante. Una città nella città, immaginata da tecnici, architetti e ingegneri, senza nessuna attenzione ai bisogni reali di una popolazione reale (operai e impiegati) di tutt'altra estrazione sociale rispetto agli opulenti progettisti. Spuntano a ogni pie' sospinto appelli, lettere di intenti, manifesti. Contro la cementeria, contro la malaedilizia. Movimenti di cittadini e Cittadini in movimento. Qualcuno si affaccia alla politica per la prima volta, qualcun altro si riaffaccia dalla finestra, dopo essere stato messo alla porta. Per fortuna c'è la società civile illuminata. La borghesia che ragiona, avrebbe detto Keynes. Ma che a Barletta produce, meglio riproduce, in secula seculorum una oligarchia annoiata. Emblematica la foto della serata conclusiva della Democrazia delle parole: i fratelli Messina seduti ai lati di Giancarlo Caselli. Il laboratorio più vantato a destra, a sinistra e al centro, il pensatoio universalmente (ecumenicamente) lodato, il think tank di Magistratura democratica, offre in dono alla città nientemeno che due figli d'arte (Messina padre fu sindaco di Barletta alla fine degli anni '70).

Ma s'ode uno squillo a destra. No, nessuna azione di alta politica, niente di impegnativo. Solo un sit in contro il ripetitore al Ponte Parrilli. La giunta Maffei, agendo in silenzio, fingendo di essere distratta, riesce nella non facile impresa di ricompattare il centrodestra che si riscopre improvvisamente ecologista. Ma Maffei è fortunato. Berlusconi è caduto. La Carlucci ha lasciato il Pdl. E Ventola, coltello tra i denti, va a caccia di traditori. C'è da giurarci: ne troverà anche qui, e presto il Pdl della BAT e di Barletta subirà scosse di assestamento.

A sinistra la Buona Politica torna a chiedere una giunta definitiva. Pura testimonianza, ma tentar non nuoce, repetita iuvant. Nel frattempo Michele Emiliano vola a Barletta a celebrare il passaggio del consigliere Marcello Lanotte che esce dal limbo del gruppo misto per dar vita alla Lista Emiliano. A leggere tra le righe due sono le conseguenze di questa azione. La prima: Maffei rafforza, grazie a Emiliano, i propri sostegni a livello sovracittadino. Il gruppo Emiliano nel Pd era infatti esploso all'indomani delle elezioni quando i suoi due referenti locali, Lasala e Delvecchio, si erano sfidati a singolar tenzone per la carica di Presidente del consiglio. Partita terminata 0-0, con la presidenza lasciata al consigliere regionale del Psi Franco Pastore. Ma si rafforza ancor di più, con la mossa di Emiliano, il peso di Filippo Caracciolo, consigliere regionale a cui Lanotte è sempre più vicino. Per dirla brutalmente: Maffei durerà quanto deciderà Caracciolo. La seconda: in Puglia (e a Barletta) è già cominciata la partita del post-Vendola. Vendola candidato alle primarie nazionali, Emiliano a quelle per presidente della Regione. Piroette, salti mortali, scambi di poltrone. "Teatro magico. Non per tutti. Solo per pazzi".
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