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I fuorisede, figli per sempre di Barletta

«Barletta non offre uno stimolo per gli studenti, ma tornerò per contribuire al suo sviluppo»

Se c'è qualcosa che ogni generazione ha condiviso o condivide con le altre è quello che molti chiamerebbero "il fenomeno dei fenomeni": la fuga di cervelli.

Inevitabilmente vittime di quella che a lungo termine diventa una disfatta per i territori di origine sono le città di provincia, soprattutto quelle sprovviste di un ateneo universitario che possa consentire ad ogni giovane la formazione diretta nella propria Terra o nel circondario.

Tra le decine e decine di studentesse e studenti che annualmente lasciano Barletta per inseguire il proprio sogno si sente la necessità di comprendere da alcuni dei diretti interessati non solo le motivazioni ma le proprie esperienze personali.

Inizieremo insieme un viaggio con uno dei mezzi soliti dell'emigrante, il treno, simbolo di un mondo che seppur in cambiamento resta tale e quale al passato: un sud fortemente penalizzato per scelte politiche a discapito del nord sempre più industrializzato.

Antonio e Francesco entrambi 21enni, l'uno studente di Giurisprudenza, l'altro frequenta la facoltà di Comparative European International Legal Studies(CEILS) presso l'Università di Trento. Se per Antonio lasciare la Città della Disfida non è stata una motivazione di ricerca futura del lavoro quanto un bisogno di cambiare aria - e cita una frase - soffrirò di nostalgia, ma devo uscire fuori da qui - per Francesco la scelta è stata dettata dalla volontà che il suo percorso universitario fosse caratterizzato da un respiro maggiormente internazionale. Ma oltre il raziocinio ci sono anche le emozioni: "Mi manca tutto della mia città, purtroppo il clima sociale che si respira a Trento é profondamente diverso. Il mare è un qualcosa che non si può sostituire con un lago o una piscina, così come il verde del Castello, di una camminata sulla litoranea o nel centro storico la domenica mattina; tutto ciò è indubbiamente non replicabile."

Da Trento il viaggio continua per Milano. Carmine e Carmela ai due antipodi rispetto alle loro attività di studio, l'uno frequenta il terzo corso di danza contemporanea della 'Civica Scuola Paolo Grassi', 22 enne, l'altra la facoltà di Chirurgia dell'Università Statale di Milano ma condividono lo stesso sentimento di smarrimento ed attaccamento per quella Barletta che probabilmente in futuro sarà solo tappa di vacanze. "Affermarsi nel mio campo non è assolutamente facile in Italia tanto meno al Sud", afferma Carmine in uno sfogo personale quanto professionale.

"La cultura non è vista come un lavoro e tanto meno la danza. Attualmente in Italia abbiamo solo due centri di formazione per la danza che rilasciano un diploma accademico equipollente alla laurea; l'accademia nazionale di Danza a Roma e dallo scorso febbraio la civica Paolo Grassi. È evidente che la questione non fa riferimento al nostro territorio ma fa parte di un problema più grande. Qualche anno fa la regione Puglia aveva stanziato una cifra abbastanza elevata destinata alla formazione artistica e pensate che la Puglia contava più di 5 corsi di formazione gratuita per la danza. Una grande opportunità che aveva come obiettivo anche l'inserimento nel mondo del lavoro, quasi 100 giovani danzatori formati e poi non indirizzati da nessuna parte."

Carmela, 20enne, rivela come la scelta della sede durante l'iscrizione al test di medicina sia stata fatta senza pensarci e senza quasi nemmeno accennarla ai suoi genitori sentendo quasi un sentimento di pentimento quando ha poi compreso della possibilità di passare il test per via dell'attaccamento alla sua famiglia.

Quella che è la sua situazione si è trasformata in una grandissima opportunità comprendendo anche che la formazione presso l'ateneo Milanese fosse un'esperienza formativa di gran lunga migliore a quella che la nostra Regione possa offrire. Carmela aggiunge con un nodo in gola: "Barletta è la mia casa, lo è stata per 20 anni e lo sarà per sempre, indipendentemente dalla mia residenza, cercando spesso di tornare qui conciliando gli esami e le lezioni per quella che è una nostalgia da famiglia ed amici. Se sono qui è solo grazie ai miei genitori che con grandi sacrifici mi permettono di vivere e studiare fuori dai confini Cittadini. La complessità di ambientamento in una grande metropoli, oltre che la nostalgia per le banalità come anche solo fermarsi a salutare amici per strada, sono aspetti della vita frenetica del nord in cui non ci si può permettere una pausa per non perdere il tram o la metro. Barletta è sicuramente una città difficile e piena di contraddizioni e contrasti ma se un giorno dovessi ritornarci e restarci spero di poter contribuire a migliorare la sua città."

Spostandoci verso una delle tappe da sempre preferite dagli emigranti del sud Italia troviamo Torino ma soprattutto Anna Vittoria studentessa di 'Comunicazione e cooperazione internazionale' all'Università di Torino. La 23enne spiega che ciò che l'ha spinta a lasciare il territorio siano state la mancanza di un percorso magistrale rivolto all'apprendimento della lingua araba e le maggiori opportunità lavorative al nord. "I tramonti al braccio con una Peroni in mano e le gambe a penzoloni sugli scogli, il Centro Storico, il caffè sotto il campanile della Cattedrale e gli affetti più di tutto, questo mi manca di quella che è e sarà per sempre la mia casa."

Da una ex Capitale alla Capitale 'eterna', a Roma Caterina, quasi 24enne, ha appena incominciato il suo percorso di studi in Filologia Moderna e non mente che abbia scelto di andare via sia per una futura prospettiva lavorativa sia per una città piccola quasi bigotta che alle volte diventa opprimente. Ciò che le manca di più sono la sua famiglia, sua sorella e le sue amiche, ma il sogno di una realizzazione personale smuove mari e monti.

Nella stessa Città Eterna con altri fini ed intenzioni c'è Marco studente di Economia e Management, indirizzo Leadership & Soft Skill, presso l'Università di" Tor Vergata". 22 anni, laureato già in Economia Aziendale a Foggia, sta seguendo inoltre il master executive di alta formazione in "Leadership per le relazioni internazionali e il Made in Italy" offertogli dalla Fondazione Italia Usa a seguito del conferimento del premio America Giovani. Conferma anche lui la volontà di lasciare il territorio in funzione di una migliore prospettiva dal punto di vista lavorativo e ribadisce dal punto di vista delle emozioni: "Ciò che più mi manca della nostra città è il senso di familiarità, inteso come quel clima percepibile all'interno di una realtà che, seppur grande, resta sempre a dimensione d'uomo. Quest'aspetto permette di conciliare al meglio l'equilibrio lavoro/vita privata e alimenta la risonanza delle iniziative e delle realtà nascenti sul territorio. Ritengo sia questo l'elemento fondamentale per creare sensibilità e coinvolgimento volti al bene della nostra città."

Per completare il tour della Penisola (anche se difficilmente raggiungibile in treno) ci fermiamo al Molise, che seppur da molti ne è messa in dubbio l'esistenza, in realtà è sede universitaria di alcuni nostri concittadini. Luca si è catapultato da Foggia a Campobasso per un posto negli scorrimenti di Medicina, e a quasi 25 anni ne risulta più che determinato: "Ho scelto Campobasso per la necessità di adattamento ad un concorso su base nazionale, un ateneo che offriva prospettive più rassicuranti rispetto a Bari o Foggia; della mia amata Città mi mancano la vicinanza quotidiana alla mia famiglia, la lontananza dagli altri affetti e dagli amici (che spesso sono anch'essi lontani), il mare, ma sono sacrifici che vanno compiuti per il nostro futuro."

Nelle parole dei nostri amici risulta determinante inoltre nella scelta di cambiare vita anche l'assenza di sedi universitarie - tranne per i distaccamenti delle sedi universitarie nell'ospedale Dimiccoli - che costringono ogni giorno centinaia di studenti e studentesse della nostra Città a passare ore e ore della propria giornata sui mezzi di trasporto quando potrebbero spendere il loro tempo e il loro denaro dai costi che questi servizi hanno in maniera produttiva.

"Credo che questo sia un grande disagio e svantaggio e anche uno dei motivi per i quali molti studenti decidono di trasferirsi fuori Barletta… Creare un ambiente universitario nella nostra città potrebbe essere un grande vantaggio non solo per il flusso di studenti che ne deriverebbe, ma anche perché si creerebbero nuovi spazi di dialogo fra gli studenti, anche di corsi differenti. Non ci sono luoghi di scambio, se non luoghi di ritrovo serali dei ragazzi ma ovviamente non è minimamente lo stesso, ed è ciò che differenzia Barletta dalle Città universitarie". Nelle parole di Carmela è un po' sintetizzato il pensiero comune di tutte e tutti gli studenti intervenuti che naturalmente oltre che al pensiero di una loro formazione personale mirano a rendere Barletta una Città migliore per i giovani ma per i loro fratelli e le loro sorelle.

Anna Vittoria sottolinea infatti: "La nascita di sedi universitarie nella Bat permettere a molte più persone l'accesso agli studi universitari evitando così quasi un centinaio di euro per le spese di trasporto oltre che per quelle di mantenimento agli studi."

Francesco inoltre ha voluto sottolineare quanto la mancanza di cooperazione tra gli enti pubblici sia dannosa per le giovani generazioni: "la limitata offerta didattica degli atenei pugliesi non ha di certo favorito la mia permanenza a Barletta. Difatti ritengo alquanto insufficiente l'apparato di strumenti e spazi messi a disposizione dal comune per fronteggiare i ricorrenti problemi che ostacolano il diritto allo studio. Sono felice del prolungamento dell'orario alla biblioteca del Castello, così come sono entusiasta del successo che sta ottenendo la seconda biblioteca comunale del "Granaio" in zona Patalini. Ma c'è bisogno in primis di nuovi e addizionali spazi per studiare, magari frutto del lavoro congiunto della provincia Bat, della Regione Puglia insieme all'università di Bari e l'università di Foggia (visto l'enorme bacino di studenti che da Barletta, Andria e Trani si muove per studiare a Bari e Foggia) , fornendo perlomeno aree succursali dei due atenei per alleggerire l'enorme "traffico" nelle stazioni e per evitare che uno studente pendolare debba passare così tanto tempo in treno da non riuscire a passare un'ora sui libri al ritorno a casa.

Ma soprattutto ciò risulterebbe fondamentale per creare una rete accademica in un territorio che potrebbe così iniziare ad attrezzarsi, per costituire un modello universitario all'avanguardia per tutto il Sud Italia."

Non solo conoscenza e studio ma anche interazione, coinvolgimento, scambio reciproco e luoghi di aggregazione. Chi ha avuto più coraggio e più forza, ma anche un'altra forza, quella economica, di poter andare via lo ha fatto, ma lo fa con la consapevolezza di riportare a Barletta le idee migliori per il futuro.

E sentire quella che può essere interpellata come una vera e propria responsabilità, nei confronti di chi resta, vuol dire che figli di questa Città lo si resta per sempre.
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