E se lOfanto esondasse
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Territorio

E se l'Ofanto esondasse? Dopo l'alluvione in Emilia Romagna, il punto con gli esperti

Parla il geologo dott. Ruggiero Dellisanti

Se si verificasse un'alluvione o una serie di precipitazioni improvvise particolarmente intense nel territorio pugliese, il fiume Ofanto sarebbe a rischio di esondazione? Questa è la domanda che ci siamo posti nell'ottica di migliore conoscenza del nostro territorio dopo la catastrofe che ha colpito di recente l'Emilia-Romagna.

Ci chiediamo quindi cosa potrebbe mai accadere agli abitanti dei paesi limitrofi o comunque a coloro che sono stanziati nelle vicinanze del fiume. Siamo pronti ad affrontare un'eventuale emergenza? E cosa si fa ad oggi per prevenire una tale eventualità?

Antropizzazione del territorio tra i nodi cruciali del problema

Una forte antropizzazione potrebbe mettere a rischio il fiume Ofanto, la sua biodiversità e tutti coloro che abitano nelle zone circostanti? Questa è una delle domande su cui abbiamo fondato le nostre interviste rivolte ad alcuni esperti del settore: il prof. Ruggiero Dellisanti (geologo), l'architetto Mauro Iacoviello (direttore del Parco regionale Fiume Ofanto), il prof. Giuseppe Cava (consigliere di amministrazione dirigente Istituto Ittico e Faunistico) e il dott. Michele Marino (presidente del Consorzio Pro Ofanto).

Ofanto, risorsa della nostra terra

Il fiume Ofanto, con i suoi 170 km circa di lunghezza, è uno dei corsi d'acqua più importanti del Mezzogiorno. Questo grande fiume appenninico attraversa 3 regioni e 51 comuni. Nel tratto della regione Puglia, è lungo dai 50 ai 70 Km e bagna 11 comuni pugliesi, di cui 4 comuni in provincia di Foggia e 7 comuni in provincia di Barletta-Andria-Trani. Per salvaguardare il suo patrimonio è stato realizzato il Parco naturale regionale del Fiume Ofanto.

Intervista al prof. Dellisanti: pro e contro degli invasi artificiali

"Il fiume Ofanto – nel tratto che interessa la regione Puglia – è interessato da attività antropiche rilevanti: ci sono zone altamente coltivate, c'è la presenza di insediamenti industriali e di invasi artificiali – così inizia il prof. Ruggiero Dellisanti. Sono stati costruiti, a partire dagli anni '70, sette invasi artificiali che sbarrano il corso del fiume e i suoi affluenti. Queste dighe possono rappresentare da un lato una risorsa per il territorio, perché come ben sa l'acqua è una risorsa preziosa soprattutto per l'agricoltura , ma anche una situazione di latente pericolosità: perché trattandosi di dighe costruite in terra e quindi di dighe che raccolgono le acque, sono degli elementi molto sensibili, per cui il crollo di una di queste dighe, mai sia dovesse avvenire, riverserebbe nel bacino e conseguentemente nella zona della foce una notevole quantità di acqua in pochissimo tempo". Un primo dato aleatorio da considerare e purtroppo non l'unico.

Quanto incidono le attività agricole

"Secondo dato da prendere in considerazione è la grande antropizzazione del territorio legato alle attività agricole, attività agricole che si manifestano soprattutto nelle zone delle aree golenali - afferma il prof. Dellisanti. Il professore ci spiega quindi come le 'zone golenali' – ovvero le zone deputate a ospitare l'onda di piena e quindi evitare che il fiume possa esondare - anziché esser lasciate libere, siano state occupate da attività agricole. Ci ricorda inoltre che queste zone sono esattamente le 'casse di espansione' di cui si è parlato nel caso dell'Emilia-Romagna.

Il Parco Naturale Regionale del fiume Ofanto

"Il tratto pugliese del fiume è interessato dalla presenza del Parco Naturale Regionale del fiume Ofanto: un parco che si estende tra le province di Foggia e la provincia BAT. Il tratto a monte, quello della Basilicata e quello Campano, non sono interessati dal Parco. L'ente del Parco Naturale del fiume Ofanto al momento è la provincia BAT, di cui l'architetto Iacoviello è il direttore tecnico – così ci spiega il prof. Ruggiero Dellisanti. Il Parco recentemente ha redatto una sorta di piano regolatore che indica ciò che si può fare e non si può fare all'interno del parco. Ha sottoposto questo piano all'attenzione di enti, istituzioni, cittadini, raccogliendo varie osservazioni provenienti da diverse parti: il piano è stato trasmesso alla regione Puglia e da ottobre ad oggi questo piano non è stato ancora licenziato dalla regione. Quando la regione licenzierà questo piano allora avremo finalmente lo strumento attuativo che possa in qualche modo darci delle indicazioni su come agire. Fino a quando il tutto non viene approvato, rimane tutto molto aleatorio.

Osservazioni dell'Ordine regionale dei Geologi e del PAI

Il prof. Dellisanti ci spiega inoltre come diverse associazioni siano intervenute considerazioni e riflessioni. "Tra le tante osservazioni che sono state mosse nei confronti del piano del parco c'è quella dell'Ordine regionale dei Geologi. La presidente - nella persona della dott.ssa Giovanna Amedei (geologa) - ha posto l'accento sulla pericolosità idrogeologica che il fiume può avere. Oltre al parco c'è un altro ente che si interessa della tutela del fiume ed è il PAI (piano per l'assetto idrogeologico): è l'ente che si occupa appunto di valutare e conseguentemente mitigare l'eventuale rischio del fiume".

Pericolosità e rischio

Continuando con l'intervista, il geologo Dellisanti ci spiega come sia importante far riferimento a due concetti molto legati tra di loro: la pericolosità e il rischio. "Il rischio è dato dalla pericolosità per la presenza umana: quindi maggiore è la presenza umana in una zona ad alta pericolosità idraulica, maggiore è il rischio. Per quanto riguarda il fiume Ofanto, noi abbiamo un rischio e una pericolosità idraulica massima. Quindi allo stato attuale sappiamo che il fiume è altamente pericoloso per la presenza di piene improvvise e nello stesso tempo altamente rischioso quando ci si addentra nel suo territorio. Conclude dicendo - al momento io non so se il parco ha inteso recepire e realizzare".
  • Fiume Ofanto
  • Ruggiero Maria Dellisanti
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