Lettera ai 4 candidati sindaci di Barletta per una città in cerca di identità
Le parole di Nicola Palmitessa (centro studi "La Cittadella Innova")
domenica 5 giugno 2022
iReport
«Quale rimedio alla scarsa onestà intellettuale? Quello di buttarsi in politica?». Inizia così la lettera firmata dal dottor Nicola Palmitessa, del centro studi "La Cittadella Innova", e indirizzata ai quattro candidati sindaci di Barletta.
«Intanto, ringrazio e mi scuso verso coloro, sia del centro destra che del centro sinistra, per aver rifiutato ogni sorta candidatura. Tale rifiuto nasce per cercare di tener fede ed onorare il mio modesto ruolo di storico e teorico della città marinara, nonché su possibili strategie progettuali e implementazioni di tale identità storico culturale. La nostra città, infatti, forse da circa un secolo di oblio, considerata la complessità sociale e dei beni culturali monumentali attende invano: a) una propria mappatura identitaria con specifico itinerario; b) riqualificazione della topografia del centro storico; c) valorizzazione dell'archeologia urbana; d) nuovo arredo urbano identitario della città marinara; e) arredo urbano sui grandi eventi storici della civitas regia; f) delocalizzazione del porto commerciale per un porto storico-turistico; g) water front terra-mare, etc.
Le migliori osservazioni sulla campagna elettorale, progettualità e programmi, si avviano dalla critica politica verso Palazzo, tra sindaci, assessori e dirigenti, per concludere se optare per gli uni o per gli altri, ma sempre nel chiuso delle logiche da Palazzo. Anche le proposte per quattro candidati sindaci da parte di associazioni datoriali (Confcommercio e Confesercenti) soffrirebbero crisi da eccesso dipendenza del Palazzo? Nonostante «potrebbero rappresentare campi di intervento di sviluppo notevoli», qualora attenti all'integrazione delle politiche di sviluppo del commercio con quelle culturali e turistiche così valorizzando alcune specializzazioni dal turismo balneare al turismo culturale, da quello ambientale a quello dei grandi eventi ed infine al turismo enogastronomico?
Ma un conto è la redazione di un generico programma politico del candidato sindaco (di cui anche il sottoscritto si sarebbe occupato da tempo). Altra cosa sarebbe il concepire e redigere concreti progetti per il bene come della propria città. A ragione, fino a che punto i dirigenti richiederebbero gli specifici dettagli, se poco dopo tali progetti, stravolgendone il senso, proveranno di farli propri, anche per farsi belli ai propri occhi e a quelli del sindaco? Perché da tempo accadono queste umane e sistematiche irriverenze e non solo nel nostro Palazzo? Forse perché non si è di fede atea (socialista, comunista, etc.), ma cristiana e cattolica?
Da molto tempo, nel nome della politica, o meglio del politichese, di fatto svilite e liquidate la funzionalità della Provincia e per quelle delle funzioni istituzionali del Comune (artt. 13, 194, del D. Lgs. 2000, n. 267) perché sarebbe rimasto ben poco spazio di manovra in termini effettiva programmazione? La perdita di questi fisiologici spazi di autonomia cittadina, condurrebbe all'inevitabile morte dello stesso senso della politica. Indubbiamente se la responsabilità del dirigente pubblico (diversamente a quelle degli assessori), sarebbe imputabile per responsabilità civile, penale amministrativo-contabile e disciplinare (il D.lgs. 165/2001), cosa si consiglierebbe ai candidati sindaci? Come alleggerire il carico di eccesso di funzioni in se stesse e tra loro sovrapponibili: da quelle proprie di competenza istituzionali a quelle cosiddette politiche?
La ricerca della verità se fatta con dignitosa attenzione alla persona umana e al bene comune di tutti, rende liberi ed operosi nell'edificazione della Città. La diffusa assenza di adeguati studi sul territorio e letture di lungo periodo, generano scoraggiamento ai candidati sindaci e agli stessi dirigenti di turno. Considerato lo svilimento della buona politica, l'invito ai candidati sarebbe quello di saper direttamente intercettare e formare piccoli gruppi di studi come laboratori di valutazioni sociali e istituzionali, leggere e interpretare le dinamiche strutturali e infrastrutturali del territorio e socio-produttiva; infine le dinamiche storico culturali, che non sempre coincidano con la facile ed unica politica dell'industria culturale come spettacolo in sé».
Dott. Nicola Palmitessa
Centro studi: La Cittadella Innova
«Intanto, ringrazio e mi scuso verso coloro, sia del centro destra che del centro sinistra, per aver rifiutato ogni sorta candidatura. Tale rifiuto nasce per cercare di tener fede ed onorare il mio modesto ruolo di storico e teorico della città marinara, nonché su possibili strategie progettuali e implementazioni di tale identità storico culturale. La nostra città, infatti, forse da circa un secolo di oblio, considerata la complessità sociale e dei beni culturali monumentali attende invano: a) una propria mappatura identitaria con specifico itinerario; b) riqualificazione della topografia del centro storico; c) valorizzazione dell'archeologia urbana; d) nuovo arredo urbano identitario della città marinara; e) arredo urbano sui grandi eventi storici della civitas regia; f) delocalizzazione del porto commerciale per un porto storico-turistico; g) water front terra-mare, etc.
Le migliori osservazioni sulla campagna elettorale, progettualità e programmi, si avviano dalla critica politica verso Palazzo, tra sindaci, assessori e dirigenti, per concludere se optare per gli uni o per gli altri, ma sempre nel chiuso delle logiche da Palazzo. Anche le proposte per quattro candidati sindaci da parte di associazioni datoriali (Confcommercio e Confesercenti) soffrirebbero crisi da eccesso dipendenza del Palazzo? Nonostante «potrebbero rappresentare campi di intervento di sviluppo notevoli», qualora attenti all'integrazione delle politiche di sviluppo del commercio con quelle culturali e turistiche così valorizzando alcune specializzazioni dal turismo balneare al turismo culturale, da quello ambientale a quello dei grandi eventi ed infine al turismo enogastronomico?
Ma un conto è la redazione di un generico programma politico del candidato sindaco (di cui anche il sottoscritto si sarebbe occupato da tempo). Altra cosa sarebbe il concepire e redigere concreti progetti per il bene come della propria città. A ragione, fino a che punto i dirigenti richiederebbero gli specifici dettagli, se poco dopo tali progetti, stravolgendone il senso, proveranno di farli propri, anche per farsi belli ai propri occhi e a quelli del sindaco? Perché da tempo accadono queste umane e sistematiche irriverenze e non solo nel nostro Palazzo? Forse perché non si è di fede atea (socialista, comunista, etc.), ma cristiana e cattolica?
Da molto tempo, nel nome della politica, o meglio del politichese, di fatto svilite e liquidate la funzionalità della Provincia e per quelle delle funzioni istituzionali del Comune (artt. 13, 194, del D. Lgs. 2000, n. 267) perché sarebbe rimasto ben poco spazio di manovra in termini effettiva programmazione? La perdita di questi fisiologici spazi di autonomia cittadina, condurrebbe all'inevitabile morte dello stesso senso della politica. Indubbiamente se la responsabilità del dirigente pubblico (diversamente a quelle degli assessori), sarebbe imputabile per responsabilità civile, penale amministrativo-contabile e disciplinare (il D.lgs. 165/2001), cosa si consiglierebbe ai candidati sindaci? Come alleggerire il carico di eccesso di funzioni in se stesse e tra loro sovrapponibili: da quelle proprie di competenza istituzionali a quelle cosiddette politiche?
La ricerca della verità se fatta con dignitosa attenzione alla persona umana e al bene comune di tutti, rende liberi ed operosi nell'edificazione della Città. La diffusa assenza di adeguati studi sul territorio e letture di lungo periodo, generano scoraggiamento ai candidati sindaci e agli stessi dirigenti di turno. Considerato lo svilimento della buona politica, l'invito ai candidati sarebbe quello di saper direttamente intercettare e formare piccoli gruppi di studi come laboratori di valutazioni sociali e istituzionali, leggere e interpretare le dinamiche strutturali e infrastrutturali del territorio e socio-produttiva; infine le dinamiche storico culturali, che non sempre coincidano con la facile ed unica politica dell'industria culturale come spettacolo in sé».
Dott. Nicola Palmitessa
Centro studi: La Cittadella Innova