«Barletta è una città autocentrica e senza rispetto»
La testimonianza di un cittadino
venerdì 6 settembre 2024
iReport
«Uscendo dal lavoro ho incontrato una donna in sedia a rotelle in difficoltà su un marciapiede appena costruito. Si stava facendo aiutare da una ragazza incontrata lì per caso, ma dopo la discesa dal primo c'è stato il secondo da salire e poi di nuovo un salto da affrontare per la nuova discesa, un salto che trasmette l'impatto lungo la spina dorsale. Il mezzo ha la terza ruota elettrificata per rendere autonoma la disabile, che riesce ad uscire di casa senza essere assistita». Comincia così la testimonianza di un nostro lettore.
«Ma questa volta, per evitare il traffico di via Alvisi, ha scelto di percorrere via Andria e il nuovo sottovia, e dopo la discesa e la risalita si è trovata ad affrontare le nuove barriere architettoniche in via Vittorio Veneto. A quel punto io mi sono vergognato di poter caricare la mia bicicletta in spalla, di saltare il gradino, di superare ogni difficoltà trovando sempre la soluzione a portata di mano. Mi sono ricordato di qualche scena che ho visto alle paralimpiadi dove sono classificate decine di disabilità, tutte superabili. E purtroppo ho dovuto confermare che questa città era e continua a essere autocentrica; non ci sarà mai rispetto per gli altri perché chi progetta ha un solo riferimento: la propria auto».
«Ma questa volta, per evitare il traffico di via Alvisi, ha scelto di percorrere via Andria e il nuovo sottovia, e dopo la discesa e la risalita si è trovata ad affrontare le nuove barriere architettoniche in via Vittorio Veneto. A quel punto io mi sono vergognato di poter caricare la mia bicicletta in spalla, di saltare il gradino, di superare ogni difficoltà trovando sempre la soluzione a portata di mano. Mi sono ricordato di qualche scena che ho visto alle paralimpiadi dove sono classificate decine di disabilità, tutte superabili. E purtroppo ho dovuto confermare che questa città era e continua a essere autocentrica; non ci sarà mai rispetto per gli altri perché chi progetta ha un solo riferimento: la propria auto».