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Arrivederci vendemmia?

Una proposta di Giuseppe Santaniello, per sanare la preoccupante situazione del settore. Indispensabile un'inversione di tendenza

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa interessante nota, a firma di Giuseppe Santaniello, su un problema annoso. La vendemmia, seppur in un anno che potrebbe essere ricordato per l'ottima qualità (eventuale, ma con ampie previsioni positive), produce sempre molti più problemi che litri di vino.

A San Martino ogni mosto è vino.

Un vecchio detto per significare il completamento della fermentazione del mosto nel processo di vinificazione. Lo ricordiamo in questi giorni anche per la vendemmia di quest'anno qualitativamente molto buona ma non possiamo certamente augurarci per il prossimo anno un'altra economicamente disastrosa come quella conclusa. Lo svilimento dei prezzi di realizzo della produzione dell'uva ha raggiunto il minimo storico. I valori di seguito riportati dimostrano la precarietà del mercato che negli ultimi anni è peggiorato per le forti speculazioni:

anno 2000* gg. lavorativa euro 37 prezzo al q.le uva euro 22
anno 2010 gg. lavorativa euro 45 prezzo al q.le uva euro 13

* valori in euro calcolati sulla base dei controvalori in lire

I bilanci delle aziende agricole sono sempre più fallimentari in quanto, come si evince dal confronto riportato dei valori unitari delle principali componenti del conto economico, si registra un enorme divario fra : costi + 20% ricavi -40%. L'agricoltura dovrebbe essere uno dei settori portanti della economia locale mentre sta subendo un continuo logoramento. La situazione è molto preoccupante e lo sarà ancor più nei prossimi anni ed in particolare dal 2013 per la completa liberalizzazione del mercato alla scadenza degli attuali Regolamenti CE.

In questi ultimi anni, nel territorio del nord-barese in particolare, si è preferita da parte dei viticoltori una non controllata predisposizione per le uve di massa (400/500 q.le/ha) ed una disaffezione per le uve doc dei vitigni autoctoni (140/150 q.le/ha); questa tendenza, favorita dallo sviluppo dei vigneti a tendone, ha generato la massificazione della produzione delle uve per i vini comuni, detti da tavola, quindi le speculazioni. Si è pensato di ovviare allo svilimento dei prezzi con l'aumento quantitativo della produzione, ma è una scelta sbagliata in quanto si inflaziona il mercato.

Nell'interesse dell'intera comunità locale e nell'ambito delle proprie responsabilità, le Istituzioni: l'Amministrazione Comunale e Regionale di concerto con le Associazioni di categoria, le Cooperative ed i Produttori, sufficientemente informati e stimolati, devono porre in atto da subito una azione correttiva di questo modello strutturale con il coordinamento degli interventi previsti dalla normativa vigente. E' urgente e necessario una manovra: il graduale svellimento dei vecchi vigneti di uva di massa e la sostituzione solo con nuovi impianti del vitigno locale : l'Uva di Troia. L'altro obiettivo è la tracciabilità, già stabilita dalla legge, e la promozione del binomio territorio-vino con la valorizzazione dei vini doc. Lo sviluppo dell'enoturismo locale ed in particolare della produzione del vino doc Rosso Barletta deve essere il perno di questa manovra.

Il consumatore è oggi giustamente più esigente e molto attento alla qualità dei prodotti alimentari preferendo, come risulta da ricerche di marketing, quelli legati ad uno specifico e noto territorio di origine: è questo il messaggio del Salone del Gusto recentemente concluso al Lingotto di Torino. Il vino doc Rosso Barletta, a differenza degli altri vini comuni, risponde a queste esigenze ed ha come base un antico vitigno autoctono: l'Uva di Troia. I vini doc, che come tali sono chiaramente riportati nelle etichette delle bottiglie di vino, sono sottoposti al rispetto di chiare regole di produzione e ad analisi chimico-fisiche, sia in campagna che in cantina, hanno una specifica certificazione quindi una garanzia per il produttore ma sopratutto per il consumatore.

Giuseppe Santaniello
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