Aggredito perché omosessuale, calci e pugni in un hotel di Barletta
Aggredito perché omosessuale, calci e pugni in un hotel di Barletta
Cronaca

Aggredito perché omosessuale, calci e pugni in un hotel di Barletta

Le parole di Daniele dopo l’aggressione: «Ho avuto paura, mi sono detto “qui ci rimango secco”»

I lividi sulla pelle sono ancora visibili, ma non oscurano la voglia di raccontare i pugni ricevuti, di denunciare l'aggressione subita. A scatenare l'ira del suo aggressore, da quanto emerge dal racconto del ragazzo, l'aver spento una sigaretta nel posacenere appena svuotato. «Rcchiò! Io non lavoro per te, lavoro per l'albergo – le parole rivolte a Daniele – a me delle tue sigarette non me ne fotte un cazzo, le tue sigarette devi spegnerle e devi portartele».

Un pretesto, un'occasione per poter attaccare il venticinquenne e dimostrare disprezzo per il suo orientamento sessuale. Adesso Daniele, studente universitario, è in ferie, ma è pronto a denunciare l'uomo: «Se i pugni che ho preso – ci spiega – possono evitare i pugni di qualcun altro o possono spingere qualcuno nella mia stessa situazione a farsi avanti, per parlare a nome proprio o di altri, per me sarebbe un grande risultato, sarò fiero di aver preso quei pugni».

Erano le 6:10 dello scorso lunedì mattina. Daniele, come ogni giorno, stava per terminare il suo turno di lavoro in un hotel di Barletta. Il suo aggressore, invece, aveva appena attaccato.

Dagli insulti alle minacce: «Mi fai schifo»

Daniele non si è lasciato sorprendere da quelle parole, ci era abituato ormai da mesi, da quando l'uomo aveva iniziato a lavorare nel suo stesso hotel, ma non poteva pensare che di lì a poco sarebbe stata sfiorata la tragedia.

«I problemi – ci spiega – sono iniziati a giugno, quando ho pubblicato su Facebook delle normalissime foto in compagnia del mio ragazzo, poi alcuni scatti del Pride a Bari. Da lì ha iniziato svalvolare, rivolgendomi i soliti insulti da manuale: "Ricchione", "Troia", "Culo rotto", "Frocio". Già allora era palese che ci fosse un odio omofobo nei miei confronti». Daniele, nonostante tutto, cercava di mantenere un clima di tolleranza, lasciando correre, non dando peso alle parole dell'uomo. A lavoro, gli dicevano di lasciarlo stare, che ci avrebbero pensato loro.

«In fondo lo vedo solo per un'ora al giorno», si ripeteva. Poi, però, si è passati dagli insulti alle minacce. "Ti spacco la faccia", "Ti faccio il culo", "Ti mando al camposanto", sono solo alcune di quelle che Daniele ci riferisce, ripercorrendo la sua storia. «Tra i suoi compiti, c'era quello di comprare i giornali per l'albergo – racconta – È arrivato al punto di dirmi: "I soldi puoi lasciarli sul bancone, non voglio toccarti, mi fai schifo". Poi ha iniziato a non lasciare più a me i giornali, ma al collega del turno successivo». Ad agosto, l'ennesimo episodio. «Per un disguido, relativo al resto, ha prima provato ad alzare le mani, mancandomi, poi mi ha preso per il petto e mi ha sputato in faccia».

L'aggressione: «Tirava pugni e piangeva per la furia»

Insomma, sembrava bastasse non rivolgergli la parola per evitare la sua ira. Intanto, per l'uomo, arrivavano i primi richiami dall'hotel. Non averci a che fare, però, non era affatto semplice. I due, seppure per un'ora, la mattina erano soli sul posto di lavoro.

Così, lo scorso 2 dicembre si consuma l'aggressione. Spenta la sigaretta, Daniele sarebbe stato colpito prima con una scopa, poi a mani nude. Il ragazzo riesce a svincolarsi, ma la tregua non sarebbe durata a lungo. «Ho cercato di allontanarmi e sono andato nel retro della reception, lui mi ha beccato lì – ci dice Daniele, senza tralasciare i dettagli – mi ha chiuso in bagno, sbattendomi la testa al muro e mi ha riempito di pugni e calci. Così mi ha provocato la contusione e i segni sull'orecchio sinistro. In quel momento eravamo soli, ho temuto per la mia incolumità – ci confida Daniele – ho avuto paura, mi sono detto "qui ci rimango secco" perché non aveva intenzione di fermarsi minimamente. Era così furioso che tirava pugni e piangeva per la furia. Questa cosa mi ha spaventato molto». Fortunatamente, invece, Daniele è riuscito a respingerlo: «Non so come sarebbe finita altrimenti».

«Siamo sicuri che l'emergenza omofobia non sia una vera emergenza?», ha scritto il venticinquenne, pubblicando sui social le foto del suo viso, dopo l'aggressione. «Per il clima di accettazione, tolleranza e scambio in cui vivo, non ho mai sentito la pressione omofoba. Il primo atto di odio omofobo nei miei confronti è stato questo e il fatto che sia successo sul luogo di lavoro sicuramente mi colpisce maggiormente. Stavo semplicemente fumando una sigaretta alla fine del mio turno, spegnendola nel posacenere da lui svuotato. Il fatto che lui mi abbia aggredito solo per questo mi ferisce e mi fa sentire annichilito».

«Ci sono molte persone che subiscono cose simili e non parlano, persone che lasciano correre e poi si trovano in condizioni peggiori delle mie. Se i pugni che ho preso io possono evitare i pugni di qualcun altro, sarò fiero di aver preso quei pugni, perché mi auguro che un giorno si arrivi al punto di denunciare. E affinché questo accada – conclude Daniele – devo iniziare io stesso a farlo».
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