Francesco Lotoro in giro per il mondo con il suo canto

«Forse non salvava la vita, ma sicuramente questa musica salverà noi​»

venerdì 11 febbraio 2022
A cura di Gaia Paolillo
Si tenuto nel pomeriggio di giovedì 10 febbraio l'incontro presso la Sala Rossa del Castello di Barletta con protagonista Francesco Lotoro che ha presentato il suo libro Un canto salverà il mondo. Cosa é rimasto dell'atroce avvenimento dei Campi di concentramento?

Lotoro, pianista e compositore pugliese, lo spiega in musica, quella scritta nei campi e nei luoghi tra il 1933, anno dell'apertura del Lager di Dachau, e il 1953, anno della morte di Stalin che ha visto la graduale liberazione dei prigionieri di guerra. Prima di un libro, Lotoro ne ha fatto una missione e un nuovo punto di partenza per un viaggio ancora tutto da scrivere e che prosegue grazie alla Regione Puglia e al dott. Aldo Patruno, Direttore del Dipartimento Turismo, Economia della Cultura e Valorizzazione del Territorio.

Il libro é ricerca, quella continua che il pianista ha espresso in parole. È sceso nelle tenebre di quegli anni e attraverso il recupero, lo studio, ha dato vita ad un grande archivio realizzando un intreccio tra suoni e storia, musica e parole. Una chiave di lettura e una visione differente sul Novecento.
In questo lungo percorso, ci sono incontri ricchi di umanità e di emozioni, quelle di chi è sopravvissuto, dei testimoni diretti o dei loro discendenti. Nelle loro parole manca l'armoniosa musicalità di una canzone e piombano difficili silenzi, ma sono anche custodi silenziosi di innumerevoli pagine musicali e danno ritmo alla lettura.

Oltre che compositore, è un viaggiatore alla ricerca dei musicisti sopravvissuti. Nel 2022 si sposterà negli USA, in Sud America, poi ad Auschwitz. Luogo simbolo delle atrocità che si sono consumate e dove verrà ritrovata idealmente una piccola melodia composta proprio in quel campo e mai eseguita davanti a un pubblico.

Quella piccola melodia viaggerà da Auschwitz e attraverserà l'Europa per arrivare sul palco dell'UNESCO a gennaio 2023. Verrà eseguita da un violino simbolo, quello appartenuto a un giovanissimo ragazzo deportato ad Auschwitz, e poi donato alla Fondazione dalla moglie di quel "ragazzo". Suonarla adesso e sempre per ricordare quella grave macchina di cui si é sporcata l'umanità, e liberarla affinché le sue note possano toccare il cielo.

«La musica prodotta in cattività aveva poteri taumaturgici, rovesciava letteralmente le coordinate umanitarie dei siti di prigionia e deportazione, polverizzava le ideologie alla base della creazione di Lager e Gulag. Forse non salvava la vita, ma sicuramente questa musica salverà noi» dice il pianista.