Se tu, neo-assunta, venissi molestata sul lavoro…

Quando la non-morale prevarica le giuste riflessioni. Perché la risposta non è sempre così ovvia

martedì 15 marzo 2011
A cura di Ida Vinella
Immaginiamo una ragazza, una giovane neo-assunta non ancora trentenne, vittima di una molestia sul luogo di lavoro: un luogo importante, autorevole, e una professione per cui ha speso fatica e impegno. Immaginiamo una storia infelice, privata, che – divenuta di dominio pubblico – ha portato la donna a rifugiarsi in casa, nell'anonimato e nel silenzio, senza denunciare mai l'accaduto.

227mila vittime negli ultimi tre anni. Quasi nessuna di esse denuncia l'episodio. Secondo l'Istat la metà delle donne italiane fra i 14 e i 65 anni è stata soggetta almeno ad una molestia sul luogo di lavoro. E' quello che si vocifera, con forza, sarebbe avvenuto nel Palazzo della Provincia e che i più hanno definito, non molto gentilmente, 'palpata', è atto deprecabile ma senza ipocrite stigmatizzazioni del giorno dopo.

Mentre i più hanno ignorato o sarcasticamente sottovalutato la vicenda come sintomo di un generale maschilismo che predomina l'attualità del Bel Paese, le associazioni hanno preso – pur se tardivamente – severe posizioni nei confronti dell'accaduto. «Quanto sarebbe accaduto presso la sede legale di Andria della Provincia Barletta-Andria-Trani è grave e deplorevole – scrive il presidente dell'associazione 'Io Ci Sono!' Savino Montaruli - siamo vicini alla dipendente molestata e ci auguriamo che la sua denuncia formale alle forze dell'ordine rappresenti un deterrente per quanti dovessero continuare a pensare di potersi appropriare dell'altrui dignità e, in virtù di non si sa quali poteri conferiti, credere che le Istituzioni possano essere un luogo di gioco e di divertimento o peggio ancora di appagamento dei propri appetiti, economici, di potere e di piacere, trovando magari anche chi tollera, condivide e sminuisce». Anche l'A.Di.M.A. (Associazione Difesa Mamme Andriesi) si è mobilitata in difesa della giovane vittima, esprimendo solidarietà e sollecitando la denuncia per prevenire ulteriori episodi del genere. Per ultima arriva la dichiarazione di Annabella Corsini del movimento 'La Buona Politica': «E' necessario svegliare la nostra società dall'intorpidimento dovuto a secoli di machismo. Non possiamo certo accontentarci del tam tam mediatico. Ben presto una notizia più nuova e ghiotta lascerà cadere nell'oblio il fattaccio. E' il momento di responsabilizzarci».

Dove sono le donne scese in piazza lo scorso 13 febbraio per rivendicare la dignità femminile? Dove sono le comuni cittadine che lottano per la loro indipendenza e che dovrebbero solidarizzare per difendersi contro questo malessere? Il malessere è maschio; la solidarietà è femmina. Rincresce davvero pensare che siamo giunti nel 2011 e che ancora si debba parlare di 'pari opportunità', si debbano richiedere a gran voce le quote rose, si debbano scrivere articoli per condannare l'assuefatto maschilismo delle istituzioni.

Immaginiamo una ragazza, vittima di una molestia. Sollecitiamo una denuncia per punire il colpevole e liberare finalmente dal silenzio la protagonista di questa vicenda, e forse non consideriamo il timore di una neo-assunta che rischierebbe così il proprio posto di lavoro, che uscendo allo scoperto verrebbe ancora una volta assalita da quel 'tam tam mediatico' di cui si parlava. Questi incresciosi episodi – veri o presunti che siano - in un mondo perfetto, dovrebbero diventare automatico spunto per una riflessione morale, per una responsabilizzazione di tutti quanti, per la risoluzione di un problema vecchio quanto il mondo. E non focolai di inutili discussioni e sessiste banalizzazioni.