Cascella in Consiglio comunale: «Non si ricomincia da zero»

Le comunicazioni politiche del sindaco

sabato 15 marzo 2014 11.55
Riportiamo integralmente il discorso di ieri del sindaco Pasquale Cascella, in occasione delle comunicazioni politiche al Consiglio comunale (rileggi la diretta di Barlettalife):

«Ci ritroviamo per riprendere il filo di un confronto che, per quanto duro possa essere, costituisce l'essenza della vita democratica. Eravamo qui un mese fa, a discutere delle linee programmatiche di mandato, quindi per misurarci - e competere, naturalmente, tra maggioranza e opposizione - con l'unico orizzonte, il futuro, in cui la politica può ritrovare dignità, concretezza, partecipazione.

E invece dobbiamo ricominciare a ragionare dal punto in cui ci eravamo lasciati un mese fa - e ne erano già trascorsi 8 dall'insediamento di questa Amministrazione. Siamo, cioè, indotti a volgerci indietro. Lo stesso ordine del giorno di questa assemblea comprende una serie di debiti fuori bilancio – e tutti sappiamo che dovremo ancora farci carico, anche in conseguenza di una abbondante seminagione di contenziosi giudiziari, di altre pendenze finanziarie, e non solo.

Lo dobbiamo fare, per di più, sulla base di due diversi e contrapposti segnali del rapporto tra la rappresentanza politica e la gestione della cosa pubblica: da un lato, le linee programmatiche di mandato che con l'approvazione in Consiglio sono entrate a far parte del patrimonio della maggioranza; dall'altro, le dimissioni di un assessore, di un secondo assessore, a dire il vero, ma questa volta espressione di una forza politica, che ha dovuto con un coraggioso atto politico rinunciare al suo incarico su richiesta dei consiglieri del suo stesso partito.

Ci trovavamo già 30 giorni fa, insomma, nel mezzo di una crisi, poi ricercata, e dichiarata come "costruttiva" da quattro delle sei forze o movimenti della maggioranza consiliare, senza che questa Amministrazione abbia potuto neppure cominciare a mettere effettivamente alla prova la propria visione, il proprio progetto, le proprie scelte.

Sono stato tentato semplicemente di ripercorrere modi, tempi, contenuti, con cui questa crisi e' stata aperta e gestita fin qui, per lasciare esprimere obbiettivamente le ragioni dello sconcerto e dell'amarezza che naturalmente ho provato leggendo che "non sarebbe certo onesto, nei confronti della città e del sindaco stesso, continuare a tacere senza preoccuparsi della stagnazione dei tanti problemi irrisolti che affliggono Barletta". Ma, appunto, come non condividere e non riconoscersi in queste preoccupazioni? Anzi, non era stato proprio con un allarme sui rischi di regressione e decadenza della città che avevamo presentato al Consiglio le linee programmatiche? E non avrebbe dovuto essere quella l'occasione per coinvolgere i cittadini nel confronto politico?

Ecco perché, di fronte a una crisi aperta con un atto da cui ero politicamente e persino fisicamente escluso, e non coinvolgeva nemmeno l'intera maggioranza, ho ritenuto giusto ricominciare da quella occasione mancata, tornando a chiedere nella sede sovrana della rappresentanza della volontà popolare se non sia proprio nella gestione di questa delicata fase di passaggio, se non sia – cioè - nella natura e nel carattere delle prime, obbligate e doverose scelte che sono state compiute e stiamo compiendo il nesso di causa ed effetto tra i conti del passato, le incertezze del presente e l'ipoteca del futuro.

Sbaglierebbe chi concepisse questo come un momento di scontro. E', anzi, una opportunità, una occasione di verifica, se volete di verità, sulla effettiva possibilità di costruire quel risultato di cambiamento prefigurato in campagna elettorale, giacché al vaglio degli elettori ciascuno di noi si è presentato non come singolo candidato - o meglio, non solo come singolo candidato - ma come espressione di forze e di alleanze politiche che concorrono alla assegnazione della maggioranza: nel caso del centrosinistra, su una base programmatica costruita attraverso le "primarie delle idee", per di più vincolandoci liberamente a un codice etico.

Del resto, proprio in questi giorni, in Parlamento, al più alto livello di governo si è rivendicato il "modo di essere e non di apparire". In effetti, sono tempi di comunicazione globale, e anche nella realtà locale non può che riconoscersi il primato della trasparenza e del confronto pubblico, se non si vuole cedere al sensazionalismo, scivolare nel pettegolezzo o cadere nella provocazione, come pure in questi giorni sarebbe potuto accadere di fronte a quel che si è sentito e si è letto. Ma è preferibile raccogliere la visione della politica presentata come "scontro e incontro, pugno e carezza, lealtà e realtà, affetti ed effetti". Tutto questo, anche riconoscendo proprio, come quella stessa personalità ha fatto nel riconsegnare la fascia tricolore, che "per fare il sindaco serve avere un pizzico di follia o amare profondamente la propria città". Nel mio caso potrebbe esserci l'una e l'altra: la follia e l'amore. Normalmente preferisco parlare al plurale, anche per quel tanto di condivisione che l' "insieme" - pur nella diversità ruoli - comporta. In questo frangente mi sia consentita l'eccezione che conferma la regola.

Vorrei ricordare che avevo assunto un impegno con la città prima ancora che cominciasse la campagna elettorale, e non c'è stata emozione o convenienza personale che mi abbia indotto a tornare indietro, in quel momento. Dissi allora pubblicamente: "Ho scelto Barletta anche a costo di deludere qualcuno che già immaginava di approfittare di un centrosinistra allo sbando. Ho scelto di misurarmi con il compito di riunire e riaccreditare il centrosinistra come soggetto del cambiamento possibile e necessario, perché capace di fare ammenda dei propri errori". Ci ho creduto e voglio continuare a crederci. Quell'impegno, assunto con rispetto per l'autonomia delle forze politiche, era ed è diventato ancora più stringente dopo il voto: è il contratto che ha consentito a me di tornare a essere parte integrante del corpo vivo della città, e al centrosinistra di riscattare una vicenda lacerante della sua storia.

Posso dirlo anche in termini più brutali: sono tornato per servire la mia città, anche se la sedia dovesse scottare, ma non sono mai stato attaccato ad alcuna poltrona.
Ma i patti politici non sono personali: trovano espressione nel vincolo elettorale. Ecco perché il "patto per Barletta" va onorato fino in fondo, o reciso quando si dovesse rivelare - ed essere giudicato - incoerente con le aspirazioni e le speranze dei cittadini.

Il fine più grande per la politica, in tempi di forconi in piazza e di diktat mediatici, non può che essere nel recuperare credibilità, fiducia e rispetto tra gli elettori di fronte ai problemi che incalzano inesorabilmente, anche a costo di incomprensioni e tensioni o di rischiare di apparire deboli e l'impopolarità.

Sappiamo che il Comune è il fronte più esposto alle sfide della quotidianità, alle emergenze naturali e ambientali, alle manifestazioni di malessere sociale, alle istanze civili. Insomma, i problemi sono tutti davanti a noi, con le risorse consumate, la strutturale carenza di investimenti pubblici, le liquidità utilizzate per la ordinaria amministrazione, la struttura amministrativa senza ricambio, le gare impantanate nei contenziosi giudiziari.

Tutto questo mentre le ansie e le speranze dei cittadini incalzano e richiedono scelte politiche urgenti e delicate, cambiamenti radicali - oggettivi e soggettivi - di strutture, di indirizzi politici e insieme di mentalità e di comportamenti, di rispetto delle regole, di equità, di idee e progetti, di innovazione, di alleanze per mettere a sistema le opportunità della ripresa economica e intercettare le risorse della nuova programmazione europea.

Certo che ci sono equilibri da ricalibrare, ma non da ribaltare, se vogliamo liberarci dalle contraddizioni antiche e recenti, superare i paralizzanti conflitti, costruire una nuova classe dirigente, dispiegare ogni energia disponibile sul piano politico e sociale.

E' questa strategia di alleanze, politiche e sociali, che ha consentito al centrosinistra di riottenere il mandato degli elettori, richiede a ciascuno di essere conseguente, con coerenza ma anche con la consapevolezza dei propri limiti, nella faticosa gestione della quotidianità.

Per questo non ci siamo fermati in questo mese di crisi, continuando a lavorare - dal piano triennale delle opere pubbliche al bilancio preventivo - per essere messi alla prova sulla effettiva capacità di concorrere alla formazione dell'interesse generale ed essere giudicati sulla coerenza del progetto di cambiamento che così si mette in campo.

Proprio perché coscienti dei nostri limiti e di quanto arduo sia il cammino da affrontare, continuiamo a chiedere contributi alla ricerca di soluzioni più avanzate sulle questioni che costituiscono il cuore della crisi che si è aperta.

Non posso, quindi che ripetere oggi quel che ho detto un mese fa, chiamando le forze politiche ad "assumersi nuove e coerenti responsabilità, che la città possa riconoscere come rigeneratrici della politica", aiutandoci anche con proposte di esperienze e competenze a "spostare in avanti il punto di incontro tra la politica e la società".

E' possibile? Allora, ritroviamoci sulle migliori soluzioni per il progetto da perseguire con la serena coscienza di un solo limite: quello indicato da Norberto Bobbio alla "moralità dell'uomo politico" che "consiste nell'esercitare il potere che gli è stato affidato al fine di perseguire il bene comune".

Oltre non possiamo e non vogliamo andare.

Certo è che non si ricomincia da zero».