3 ottobre 2011 – 3 ottobre 2012, cronaca giudiziaria del crollo di Barletta

17 indagati sul tavolo dei magistrati. Ripercorriamo una ferita ancora aperta

mercoledì 3 ottobre 2012
"Vogliamo verità e giustizia". Così recitava uno striscione issato il 7 ottobre scorso sulla facciata di un edificio di Piazza Moro, nel giorno degli affollati e strazianti funerali delle 5 vittime sepolte dal crollo della palazzina di Via Roma. Ad un anno di distanza da quel drammatico 3 ottobre 2011 la Procura della Repubblica di Trani sta per chiudere il cerchio sulla verità. Una verità di parte, qual è quella della pubblica accusa, che a giorni sfocerà nella notifica dell'avviso di conclusione delle indagini. L'atto che, in pratica, è l'anticamera della richiesta di rinvio a giudizio, cioè della richiesta che quella verità diventi giustizia al termine di un processo.

Prima che il sostituto procuratore della Repubblica di Trani Giuseppe Maralfa chiuda il cerchio manca un ultimo atto: il deposito da parte dell'ingegnere Sergio Civino degli ultimi approfondimenti alla bozza di consulenza già sottoposta al vaglio del pubblico ministero. Una consulenza che riguarda la posizione solo di 4 dei 17 indagati: Cosimo Giannini, legale rappresentante dell'omonima Srl proprietaria dell'area attigua all'edificio collassato dove si stavano eseguendo i lavori ritenuti causa del crollo; l'architetto Giovanni Paparella, ritenuto dal pm direttore dei lavori; e 2 suoi colleghi di studio, l'ingegner Pietro Ceci ed il geometra Vincenzo Zagaria. Tutti negano d'esser stati nel cantiere dove stava lavorando l'impresa edile Chiarulli tra il 21 settembre ed il 3 ottobre. E così la consulenza, attraverso l'esame delle celle telefoniche agganciate quei giorni dai telefonini dei 4 indagati, dovrà confermare o smentire la loro tesi. Circostanza di non poco conto ma che comunque va valutata con un'altra serie di elementi per inquadrare definitivamente le loro condotte. La consulenza disposta dal pubblico ministero non è che l'ultimo di una serie certosina di atti investigativi per far luce sulle responsabilità del crollo. Nei prossimi giorni si vedrà se la lista dei 17 indagati sarà sfoltita di qualche nome da dirottare, invece, verso la richiesta d'archiviazione.

Attualmente oltre a Giannini, Paparella, Ceci e Zagaria sono indagate, a vario titolo 17 persone. Tra i primi a finire sott'inchiesta Salvatore Chiarulli, legale rappresentante dell'impresa esecutrice dei lavori per la demolizione dell'edificio e la bonifica dell'area attigua alla palazzina crollata; i suoi fratelli-dipendenti Andrea e Giovanni; il dirigente a scavalco dell'Ufficio Tecnico Comunale Francesco Gianferrini; il geometra comunale Roberto Mariano; il vigile urbano addetto alla polizia edilizia Giovanni Andriolo; l'ingegnere comunale Rosario Palmitessa, Savio Cinquepalmi, titolare del laboratorio tessile teatro di morte nonché papà della più giovane delle vittime.

La loro iscrizione nel registro degli indagati risale a pochi giorni dopo il crollo, alla luce delle acquisizioni documentali disposte dalla Procura mentre le macerie dovevano esser ancora rimosse. Un'iscrizione dovuta anche per consentire agli indagati di nominare propri consulenti di parte in previsione della perizia disposta dalla Procura per iniziare a far luce sulle cause del crollo: perciò l'ufficio inquirente capeggiato da Carlo Maria Capristo nominò il professor Antonello Salvatori, docente d'ingegneria all'Università de L'Aquila, e l'architetto romano Margherita Aledda.

Ben presto l'attenzione del pm si concentrò anche sul versante amministrativo, a cominciare dalla delibera del consiglio comunale di Barletta con cui il 10 gennaio 2008 si autorizzarono i lavori ritenuti causa del crollo.

A 2 mesi esatti dalla tragedia, il 3 dicembre 2011, la Procura, secondo cui il "crollo poteva esser evitato", ottenne dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani Angela Schiralli un'ordinanza cautelare con 4 arresti domiciliari e 3 interdizioni. Ai domiciliari finirono i fratelli Andrea, Giovanni e Salvatore Chiarulli, e Cosimo Giannini. Questi ultimi 2 furono anche interdetti dall'esercizio "delle attività rivenienti dalla legale rappresentanza delle rispettive imprese". La terza interdizione riguardò l'architetto Giovanni Paparella, che "temporaneamente – scriveva il gip - non potrà esercitare la professione". Dal suo canto la Cassazione ha ritenuto legittimo il provvedimento con cui il Tribunale della Libertà di Bari il 15 dicembre, pur revocando l'interdizione, confermò gli arresti domiciliari di Giannini. Poi prorogati sino alla naturale scadenza del termine massimo: sulla legittimità o meno di quest'ulteriore provvedimento la nuova pronuncia della Cassazione è attesa per l'11 ottobre. La Procura chiese al gip anche l'interdizione dell'ingegnere comunale Rosario Palmitessa, del geometra comunale Roberto Mariano, del vigile urbano addetto alla polizia edilizia Giovanni Andriolo e del dirigente dell'Ufficio Tecnico del Comune di Barletta Francesco Gianferrini: tranne quest'ultimo, all'esito dei relativi interrogatori, furono interdetti per 2 mesi.

A distanza di un anno tutte le misure cautelari (arresti domiciliari ed interdizioni) sono cessate. In alcuni casi per la decorrenza del termine massimo previsto dalla legge.

A metà gennaio, per effetto delle conclusioni cui giunsero i periti del pm, l'elenco degli indagati sale da 10 a 17. Sott'inchiesta finirono, come detto l'ingegner Ceci ed il geometra Zagaria, nonchè il caposquadra dei vigili del fuoco Emanuele Sterlicchio; il maresciallo di polizia municipale Alessandro Mancini; il funzionario comunale Valeria Valendino; Antonio Sica, incaricato della sorveglianza del cantiere Giannini Srl; nonché la stessa società. La Srl Giannini risponde dell'illecito amministrativo in riferimento ai reati d'omicidio colposo e lesioni colpose. Ceci è indagato in qualità di "tecnico incaricato della progettazione e della direzione dei lavori delle strutture e dei calcoli delle strutture della costruzione da erigersi dopo la demolizione". Zagaria è ritenuto colui che ha redatto il piano di demolizione ed il piano di sicurezza e coordinamento relativo alle opere di ristrutturazione edilizia. Sterlicchio, intervenuto al sopralluogo del 30 settembre 2011, è accusato d'aver "omesso condotte che ove tenute avrebbero impedito o reso meno gravi, con alto grado di probabilità, gli eventi occorsi il 3 ottobre". Mancini nello stesso sopralluogo avrebbe omesso di porre sotto sequestro il cantiere e dunque d'accertare la conformità dei lavori eseguiti a quelli indicati. Valendini risulta colei che ha relazionato al consiglio comunale (insieme al dirigente dell'Utc) sulla legittimità amministrativa del piano di recupero poi approvato dal consiglio comunale. Sica è coinvolto per aver avuto comunque un ruolo nel cantiere dove si stavano eseguendo i lavori ritenuti causa del crollo.

A seconda delle presunte rispettive responsabilità dei 17 indagati il pm contesta a vario titolo le accuse di crollo di costruzioni, omicidio colposo e lesioni colpose (il crollo causò anche 11 feriti) falso, omissione d'atti d'ufficio, rivelazione di segreto d'ufficio, violazioni della normativa edilizia. A febbraio il pm Maralfa chiede ed ottiene dal gip Schiralli l'incidente probatorio per una nuova perizia sulle cause del crollo, questa volta con valenza processuale e dunque in pieno contraddittorio coi 17 indagati.

L'incidente probatorio prende il via l'8 marzo: il giorno della festa delle donne; una coincidenza per dare verità e giustizia a quelle tragedia.

Quasi quattro mesi dopo, i periti del giudice per le indagini preliminari, Franco Bontempi dell'università "La Sapienza" di Roma e Roberto Gerundo dell'università di Salerno, depositeranno 191 pagine pagine, corredate da foto e documenti. Secondo l'accusa, sostenuta dal pm Maralfa, le 3 palazzine all'angolo tra Via Roma e Via De Leon costituivano un unico corpo di fabbrica e pertanto qualsiasi lavoro strutturale andava congegnato in tale ottica. La perizia dei periti del gip porta linfa alla Pubblica Accusa. E con valore di prova proprio perché svolta nelle forme dell'incidente probatorio.

Tutti gli indagati, a seconda delle rispettive contestazioni, si dichiarano innocenti, assistendosi in taluni casi ad un vero e proprio scaricabarili e balletto di responsabilità. L'esatto opposto di quello che chiedeva quello striscione issato a funerali in corso. Per dare verità e giustizia a Matilde Doronzo, 32 anni, Giovanna Sardaro, 30 anni, Antonella Zaza, 36 anni, Tina Cenci, 37 anni ed alla figlia del loro stesso datore di lavoro, Maria Cinquepalmi, 14 anni. Quella tragica mattina di un anno fa era uscita prima da scuola per l'assenza di un professore: l'ultima campanella, quella della morte.
Non ci siamo mai allontanati, neppure di un centimetro, dall'assurda cronaca che ha coinvolto cinque donne ed un'intera città. Barletta è sveglia e attende tutte intere le verità che dovranno emergere dalle indagini. Abbiamo ripercorso nell'articolo qui a fianco gli effetti giudiziari sinora emersi. Non lo abbiamo abbandonato per un anno intero e non lo abbandoneremo in futuro questo dramma cucito inspiegabilmente sulla pelle di ogni barlettano.

E' proprio questo evento datato 3 ottobre 2011 a indurci al rafforzamento della redazione con un nuovo giornalista che si dedicherà all'analisi del crollo e alla cronaca giudiziaria. Ringraziamo ancora quanti ci seguono e ci seguiranno.