Sfrecola: «Fa male vedere il Barletta fuori dalla Lega Pro, ripartiamo da imprenditoria locale»
Intervista all'ex presidente biancorosso
martedì 7 luglio 2015
Quattro anni da presidente in carica, due da presidente onorario, due promozioni (nelle allora Seconda e Prima Divisione) nel proprio palmàres: pensi al Barletta Calcio in tempi recenti e uno dei nomi che balzano alla mente per primi è quello di Francesco Sfrecola. In un momento complicato per i colori biancorossi, chiamati a ripartire dalla serie D e ad affrettare i tempi per evitare altre ricadute (nelle prossime ore sono previsti nuovi contatti tra l'amministrazione comunale e due imprenditori del posto), oltre che a dimenticare in fretta l'era-Perpignano, tocca all'ex numero 1 di via Vittorio Veneto-già editorialista sulle colonne di BarlettaViva.it-tracciare il punto della situazione:
Avvocato Sfrecola, siamo al termine di una stagione deficitaria e negativamente storica per il Barletta Calcio.
«Ho visto e vissuto cose che mi hanno fatto molto male: il buon nome del calcio barlettano è stato oltraggiato, calpestato, deriso. E infine è arrivata la mancata iscrizione alla Lega Pro. Il tutto ha un solo grande responsabile: Giuseppe Perpignano, una persona che nell'arco di poco più di 12 mesi è riuscito a portare dalle stelle, quelle che l'avevano accolto, alle stalle, quelle in cui siamo terminati con tanti punti interrogativi sul futuro, la società. Tornando indietro con la mente alla scorsa estate, a Piazza Caduti gremita di tifo e passione, sembra davvero che sia passato un secolo. Alla fine ci siamo ritrovati con il famoso pugno di mosche in mano: peccato perchè i sacrifici fatti dal sottoscritto e da tanti altri per riportare il Barletta tra i professionisti sono stati vanificati da una gestione alquanto scellerata».
Lei in passato è già stato promotore della ripartenza del calcio barlettano: la città e le istituzioni si sono forse rese conto della gravità della situazione troppo tardi?
«C'è stata senza dubbio una situazione che ha consentito all'ultima gestione societaria di arrivare fino alla fine quasi senza alcun allarme: le avvisaglie c'erano state già in ottobre e non c'è stata subito una reale presa di coscienza. In tutto questo Perpignano già a dicembre non aveva pagato stipendi e contributi, ma continuava a fare conferenze stampa attaccando i giornalisti e sostenendo addirittura di aver preso punti di penalità per un presunto bene del Barletta. Lui è stato abile a prendere in giro un pò tutti, ma come barlettani forse siamo stati tutti un pò ingenui».
L'ultimo atto si è consumato con la mancata iscrizione alla Lega Pro e la necessaria ripartenza dalla serie D: chi potrebbe prendere in mano la situazione ora?
«I tempi sono molto stretti, anche per quella pseudo-iscrizione presentata con la fotocopia di un assegno e ritirata perchè la piazza non voleva Perpignano, a suo dire: questo ha reso i tempi ancora più risicati. Io mi auguro che ci sia la possibilità di iscriversi alla serie D, campionato che comporta costi importanti, e credo che solo un'unione di imprenditori locali potrebbe dare un futuro in serie D: è necessario unire le forze, così come abbiamo fatto noi diversi anni fa ottenendo poi buoni risultati dentro e fuori dal terreno di gioco».
Il monito di questi giorni è "Il Barletta in mano ai barlettani". Lei ha già spiegato di non voler tornare in sella, ma sarebbe disponibile a un ruolo di garante o consulente?
«Sicuramente questa è l'unica via da perseguire e anche realtà vicine ce lo hanno dimostrato: bisogna però ammettere che fare calcio nelle categorie inferiori non è semplice. Io non sono disponibile a entrare in prima linea, ma per un consiglio o una mano ci sarei sempre. Serve un gruppo forte, che metta da parte personalismi e componga un futuro: in questo momento un modello per ripartire è il Parma, che ha riavviato il motore con Barilla affiancato da altri imprenditori. Servono anche istituzioni che facciano da garanti e coinvolgano aziende che hanno avuto tanto dal territorio e che sul territorio sono presenti. Serve aggregarsi, ma questo non possiamo farlo nè io tantomeno i tifosi, occorre che lo facciano le istituzioni: avremo anche uno stadio nuovo, finalmente, e questo può essere un polo attrattivo in più. E' fondamentale stringere i tempi e preservare questo patrimonio, occorre che lo facciano i barlettani».
Avvocato Sfrecola, siamo al termine di una stagione deficitaria e negativamente storica per il Barletta Calcio.
«Ho visto e vissuto cose che mi hanno fatto molto male: il buon nome del calcio barlettano è stato oltraggiato, calpestato, deriso. E infine è arrivata la mancata iscrizione alla Lega Pro. Il tutto ha un solo grande responsabile: Giuseppe Perpignano, una persona che nell'arco di poco più di 12 mesi è riuscito a portare dalle stelle, quelle che l'avevano accolto, alle stalle, quelle in cui siamo terminati con tanti punti interrogativi sul futuro, la società. Tornando indietro con la mente alla scorsa estate, a Piazza Caduti gremita di tifo e passione, sembra davvero che sia passato un secolo. Alla fine ci siamo ritrovati con il famoso pugno di mosche in mano: peccato perchè i sacrifici fatti dal sottoscritto e da tanti altri per riportare il Barletta tra i professionisti sono stati vanificati da una gestione alquanto scellerata».
Lei in passato è già stato promotore della ripartenza del calcio barlettano: la città e le istituzioni si sono forse rese conto della gravità della situazione troppo tardi?
«C'è stata senza dubbio una situazione che ha consentito all'ultima gestione societaria di arrivare fino alla fine quasi senza alcun allarme: le avvisaglie c'erano state già in ottobre e non c'è stata subito una reale presa di coscienza. In tutto questo Perpignano già a dicembre non aveva pagato stipendi e contributi, ma continuava a fare conferenze stampa attaccando i giornalisti e sostenendo addirittura di aver preso punti di penalità per un presunto bene del Barletta. Lui è stato abile a prendere in giro un pò tutti, ma come barlettani forse siamo stati tutti un pò ingenui».
L'ultimo atto si è consumato con la mancata iscrizione alla Lega Pro e la necessaria ripartenza dalla serie D: chi potrebbe prendere in mano la situazione ora?
«I tempi sono molto stretti, anche per quella pseudo-iscrizione presentata con la fotocopia di un assegno e ritirata perchè la piazza non voleva Perpignano, a suo dire: questo ha reso i tempi ancora più risicati. Io mi auguro che ci sia la possibilità di iscriversi alla serie D, campionato che comporta costi importanti, e credo che solo un'unione di imprenditori locali potrebbe dare un futuro in serie D: è necessario unire le forze, così come abbiamo fatto noi diversi anni fa ottenendo poi buoni risultati dentro e fuori dal terreno di gioco».
Il monito di questi giorni è "Il Barletta in mano ai barlettani". Lei ha già spiegato di non voler tornare in sella, ma sarebbe disponibile a un ruolo di garante o consulente?
«Sicuramente questa è l'unica via da perseguire e anche realtà vicine ce lo hanno dimostrato: bisogna però ammettere che fare calcio nelle categorie inferiori non è semplice. Io non sono disponibile a entrare in prima linea, ma per un consiglio o una mano ci sarei sempre. Serve un gruppo forte, che metta da parte personalismi e componga un futuro: in questo momento un modello per ripartire è il Parma, che ha riavviato il motore con Barilla affiancato da altri imprenditori. Servono anche istituzioni che facciano da garanti e coinvolgano aziende che hanno avuto tanto dal territorio e che sul territorio sono presenti. Serve aggregarsi, ma questo non possiamo farlo nè io tantomeno i tifosi, occorre che lo facciano le istituzioni: avremo anche uno stadio nuovo, finalmente, e questo può essere un polo attrattivo in più. E' fondamentale stringere i tempi e preservare questo patrimonio, occorre che lo facciano i barlettani».