Ninni Corda torna a parlare: «Non mi sono mai prestato a certi giochini»

Il tecnico del Barletta conferma la propria estraneità ai fatti

sabato 30 maggio 2015 12.43
A cura di Massimiliano Dipasquale
Ninnì Corda ha respinto in maniera netta e decisa ogni accusa dopo che il suo nome è salito alla ribalta nazionale nell'ambito dell'operazione "Dirty Soccer", operazione condotta dalla Dda di Catanzaro che ha portato alla cattura di tante persone riconducibili a club di serie D e Lega Pro.

Arrestato il 19 maggio e scarcerato il 22, a distanza di qualche giorno è tornato a parlare dalle colonne di AlfredoPedulla.com: «Sono stato coinvolto in situazioni che non mi competono. Sono stato tirato dentro semplicemente sul millantato da parte di gente che ha minacciato, sul passaparola, di farmela pagare perché non mi sarei prestato a certi giochini. Ma per fare un illecito sportivo bisogna essere coinvolti: non è il mio caso. Se trovassero uno straccio di prova, oppure un mio calciatore in grado di sostenere simile tesi, mi farebbero smettere. E sarebbe giusto. Ma se esistesse il minimo sospetto, sarei io a smettere. Ho ascoltato alcune parole sagge, di chi giustamente sostiene che un allenatore o un direttore sportivo non possa alterare qualsiasi risultato senza la compartecipazione dei calciatori. E allora, di cosa stiamo parlando? Sono stato chiamato in causa in tre partite del Barletta, senza che ci fosse un piccolo riscontro. E infatti dopo tre giorni mi hanno mandato a casa. Ma sono stati tre giorni durissimi per me: sono venuti a prendermi alle cinque di mattina a Savona, dove vivo. Pensavo fosse accaduto qualcosa di grave a un mio parente, non riuscivo a capire. Mi sono spaventato davvero, ero allibito. Mi hanno portato via i cellulari, giustamente dovevano fare il loro lavoro, si sono comportati bene e con grande civiltà. Mi ha fatto male che abbiano sequestrato anche i tablet delle mie bambine, un trauma anche per le persone che mi stanno vicine. Ho fiducia nella magistratura, ma detesto i moralisti perché il più pulito ha la rogna».

Lo stesso allenatore sardo afferma che non avrebbe potuto organizzare nessuna combine, visto il suo arrivo da pochi giorni all'ombra di Eraclio e il rapporto che gli stessi giocatori avevano con Sesia: «Come avrei potuto coinvolgere in un paio di settimane gente che non conoscevo e che tra l'altro era legata al vecchio allenatore Sesia? Per me conta soltanto il lavoro sul campo: negli ultimi anni ho vinto campionato e coppe con Alghero, Como e Savona, certe salvezze per me valgono come un trofeo. Adesso sono un appestato, un manipolatore di partite, senza una prova una ma sono fiducioso. Conosco il mondo del calcio, infatti da un paio di settimane mi telefonano soltanto giornalisti e amici, i presidenti sono spariti, so che questa storia potrebbe rovinarmi perché io sono soltanto allenatore e non immagino un futuro diverso. Però adesso ho un desiderio: che venga fuori tutta la verità».