Ghirelli: «I giovani sono il futuro della Lega Pro, spero che Tatò non lasci Barletta»

Il direttore generale della Lega Pro ai microfoni di Barlettalife

mercoledì 19 febbraio 2014
A cura di Enrico Gorgoglione
Giovani, riforma, età media, spettatori: sono questi i campi d'azione della Lega Pro, una lega che prova a lavorare alacremente per trasformarsi, adattandosi ai tempi che sta attraversando. Nel bene o nel male, in modo positivo o in modo negativo, la Lega Pro sta voltando pagina, provando a svecchiarsi e provare a mantenere la scia dell'Europa, che continua ad essere lontana anni luce. A fare il punto di quanto succede nella terza serie nazionale è il direttore generale della Lega Pro, Francesco Ghirelli, intervistato in esclusiva dalla redazione sportiva di Barlettalife:

Direttore, qual è il bilancio della Lega Pro fino a questo momento? C'è chi afferma che i campionati siano falsati dalla mancanza di retrocessioni.
«Il nostro bilancio è positivo, i campionati sono molto competitivi, la formula che abbiamo messo in pratica sta funzionando e sta affascinando il pubblico. È una formula importata da altri sport, da altre nazioni, che appassiona e permette a molte squadre di lottare per un obiettivo. Certo, qualcuno può pensare che sia un campionato falsato, siamo in un paese democratico. Ma quello che vedo io è che c'è tanta competitività».

Come risponde alle critiche di coloro che asseriscono che, lavorando con i giovani, la Lega veda abbassarsi il tasso tecnico e quello di spettacolarità?
«Quest'anno nella campagna trasferimenti c'è stato un movimento di 121 giovani che sono passati alle categorie superiori. Negli anni scorsi ricordiamo trasferimenti come quello di Insigne, di Sau, di Sportiello, dai club di Lega Pro a quelli di serie A. Il grado di spettacolarità c'è, c'è una competizione abbastanza forte. Qui c'è un problema più in generale, che riguarda la valorizzazione dei vivai. Il lavoro che stiamo facendo è sulle strutture, per dare gran parte dei fondi a coloro che costruiscono strutture per i vivai, per chi fa allenare i ragazzi da allenatori. Certo, i risultati non si vedono in tempo brevissimo, però bisogna mettere le basi, le stiamo mettendo da molti anni. Il lavoro dell'Under 18 che è iniziato da quest'anno, e mercoledì la nazionale giocherà in Romania, va potenziato, bisogna insistere su un lavoro che da dei risultati, potrebbe darne di maggiori, ma nel complesso siamo abbastanza soddisfatti. Non è vero che con i giovani si perde competitività e si abbassa il tasso tecnico, basti vedere quanto agonismo c'è ancora nei campionati».

In tal senso, la regola dell'età media ha aiutato o ha osteggiato le società?
«Ogni campionato deve avere una sua mission, e la nostra mission deve essere quella di fare un campionato di giovani, legato fortemente al territorio. Non siamo l'elite del calcio italiano, non siamo la serie A, quello è un altro campionato. Secondo un'inchiesta della Fifa uscita da poco, nei cinque campionati "top" d'Europa vincono le squadre che schierano più giovani tra i 22 e i 26 anni, esattamente nell'arco d'età con cui vorremmo lavorare noi. Così, i ragazzi diventano campioni nel proprio campionato e anche a livello europeo. Il secondo dato è un qualcosa di semplicissimo: se noi non lavoriamo sui giovani, molte società rischiano di saltare. Noi dobbiamo essere il vivaio delle nazionali, dobbiamo essere il vivaio delle squadre che giocano sopra di noi, dobbiamo riscoprire con forza la qualità dei giovani. E non si abbassa il livello tecnico, il problema è lavorare sulla qualità. Non a caso, abbiamo fatto un accordo con Molecolare e Nutrizionale dell'Università Cattolica di Roma, con Scienze Motorie a Milano, con Alimentazione e Agricoltura a Piacenza perché vogliamo immettere scienza e ricerca per favorire questo processo di crescita complessiva».

A tal proposito, lei è favorevole o contrario all'ingresso delle squadre "Primavera" in Lega Pro?
«Noi siamo il calcio della storia dei comuni d'Italia. È una Lega particolare. Se noi mettessimo le squadre Roma B, Lazio B, romperemmo e tradiremmo quella che è l'unicità di questo campionato e di questa lega. Non c'è una lega di così forte identità negli altri campionati europei, semplicemente perché l'Italia è costituita da una rete di comuni. Immettere le squadre "Primavera" comporterebbe la fine di questa lega. Dobbiamo essere fortemente legati al territorio, al comune, al gonfalone, altrimenti non si spiega perché regga una Lega di terza divisione».

Guardando al pubblico sugli spalti, rispetto agli altri anni si è registrato un incremento del pubblico, anche grazie all'approdo in Lega Pro di realtà importanti come Foggia, Messina, Salerno e Vicenza. Un dato importante di affezione del pubblico alla categoria.
«Se vogliamo essere seri, il nostro deve essere un lavoro di lungo periodo, perché è evidente che la competitività fatta dalla Lega di serie A con la spalmatura delle partite in tutti gli orari ci ha messo in grave difficoltà; non a caso la legge Melandri prevede che il 10% degli introiti televisivi della serie A vengano ripartiti nelle sottostanti serie professionistiche per i danni che produce questa presenza. Noi stiamo lavorando per fare gli stadi nuovi e li stiamo facendo. Non predichiamo, non parliamo del futuro, lo stiamo facendo oggi: Castel Rigone, L'Aquila e un'altra serie di stadi che stanno partendo. Poi bisogna ragionare sugli orari, sui tempi, fare qualcosa di concreto, non qualcosa di fantasmagorico. L'Italia è lunghissima, con una tradizione a Bolzano e l'altra a Barletta, un'altra a Perugia, l'altra a Pisa: bisogna andare a proporre orari che non siano in contraddizione con famiglie e amici. Dobbiamo ritagliarsi degli spazi in tal senso, affiancato da un lavoro sui giovani, con i CSI, con gli oratori. Solo in questo modo possiamo riconquistare spazi, stadi e presenze. Siamo consapevoli che senza presenze il calcio muore».

Guardando all'anno prossimo, teme che la riforma possa essere inficiata dal particolare momento economico che l'Italia sta attraversando? Diverse squadre non sanno quale sarà il proprio futuro. Anche il Barletta sta attraversando questa situazione con il presidente Tatò che ha annunciato il proprio disimpegno per giugno.
«Che ci sia una difficoltà economica e finanziaria, nel mondo e in Italia non dobbiamo certo dirlo noi. C'è sofferenza, le aziende non fanno profitti e non riescono ad arrivare nel calcio profitti che non ci sono. Però guardiamo ad alcuni indicatori: fino a due anni fa avevamo 110-120 punti di penalizzazione per problemi di ordine economico-finanziario; l'anno scorso siamo scesi a 33, quest'anno si contano sulle dita di una mano, finora. Questo vuol dire che questo processo di riforma funziona, siamo l'unica Lega che sta facendo una riforma in tal senso, l'unica Lega che ha stabilito delle regole molto più rigorose per quel che riguarda i pagamenti e gli ingaggi. Dati alla mano, tutto questo sembra che produca degli effetti. Poi, logicamente la crisi peserà e pesa tuttora, non è facile da superare. Con la riforma abbiamo preso atto che c'era la crisi e abbiamo trasformato le necessità in un'opportunità. Bisognerà non cantare vittoria, avere presente la difficoltà e seguitare a lavorare. Quando un imprenditore come Tatò si pone il problema di una possibilità di uscita, e io mi auguro che non esca, dobbiamo essere preoccupati, però allo stesso tempo siamo stati lungimiranti, perché con la riforma abbiamo anticipato i problemi che c'erano».

State lavorando anche per ridurre i costi di gestione (iscrizione e fidejussione), per avvicinarvi ulteriormente alle necessità delle società?
«I costi di gestione della nostra Lega sono bassi, finora non ho sentito critiche da questo punto di vista. Per quel che riguarda le fidejussioni stiamo lavorando tenendo conto dei problemi che ci sono. Il fatto di avere introdotto il budget è una linea che punta nel medio periodo ad eliminare le fidejussioni, a dare una struttura imprenditoriale all'impresa per evitare le fidejussioni».

Volendo fare una griglia di questo campionato, quali sono le squadre favorite per andare in serie B?
«È sotto gli occhi di tutti quanto è aperto e combattuto il campionato. Fino a 3-4 domeniche fa, nel girone B avremmo detto sicuramente il Perugia. Adesso il Frosinone ha ripreso, ma ci sono tante concorrenti, come lo stesso Lecce che è in ripresa. Nel girone A, ci sono Pro Vercelli e Cremonese».

Altro caso scottante che avete affrontato recentemente è la questione legata al derby Salernitana-Nocerina che si è risolta la settimana scorsa con l'esclusione definitiva dei molossi. Siete amareggiati per quel che è successo in quel derby? Si poteva fare qualcosa di diverso?
«Ci si pone sempre il problema di fare sempre di più e meglio. Abbiamo lavorato, cerchiamo sempre di salvaguardare i derby a porte aperte».