Di Gennaro: «A Barletta film dal finale scritto, gente inqualificabile nel calcio»
L'ex biancorosso sul delicato momento societario
lunedì 13 luglio 2015
Ex calciatore dai piedi sopraffini, oggi stimato opinionista televisivo. Molti tifosi pugliesi lo ricordano a cavallo tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 con le maglie biancorosse di Bari e Barletta. Proprio al "Cosimo Puttilli", nell'1-1 contro il Perugia, realizzò l'ultima rete da professionista il 31 maggio 1992, valevole per la salvezza, prima di dare l'addio al calcio giocato. Nella sua carriera Verona, Fiorentina e Nazionale A. E' l'identikit di Antonio Di Gennaro, ancora oggi legato ai colori del Barletta, di cui ha parlato ai nostri microfoni.
Antonio Di Gennaro, lei non si è mai sottratto, anche sui social, dal commentare i fatti recenti in casa Barletta Calcio. Cosa prova ora che la Lega Pro è un ricordo?
«Mi dispiace perché a inizio stagione avevo conosciuto il direttore generale Cascella che mi aveva addirittura parlato di un progetto triennale da parte di Perpignano. Durante l'anno ho visto tanti episodi spiacevoli, fino all'esonero di Sesia e all'arrivo di Corda che è stato poi squalificato recentemente: purtroppo era un film dal finale scritto. Vedere personaggi che vengono da fuori a millantare certe situazioni e sono aiutati da persone del posto fino a distruggere una società alla quale tengo tanto. Sono orgoglioso di essere stato a Barletta, in un ambiente che mi ha voluto bene e che ritengo in Puglia una società che potrebbe essere protagonista. Mesi fa, sono stato a una manifestazione su Pietro Mennea e ho ricevuto grande affetto dai tifosi».
Casi come quello registrato recentemente a Barletta sono ormai frequenti nel calcio italiano.
«Purtroppo nel calcio di oggi troppi personaggi riescono ad addentrarsi: presunti procuratori, direttori sportivi, gente che non ha mai fatto calcio e cerca solo sotterfugi economici. Dopo tutti questi scandali, spero solo che si possa ripartire da chi ha fatto calcio a livelli alti dal punto di vista tecnico ed etico: Barletta è stato un caso clamoroso quest'anno. Esonerare Sesia per un allenatore che doveva portare sponsor è stato l'apice. Perpignano è andato via, Cascella che è un personaggio inqualificabile è sparito: e chi ci rimette sono i tifosi, la parte più importante di questo sport. A Barletta sono stati presi in giro e una piazza che sta a cuore a me come a tanti ne paga le conseguenze».
Lei 23 anni fa chiuse la sua carriera al "Puttilli" in Barletta-Perugia 1-1. Che ricordi ha di quella partita?
«Più che della partita, ho un bellissimo ricordo dell'annata, con una squadra giovane guidata da Bianchetti, nella quale arrivai a stagione iniziata. Della sfida con il Perugia ricordo che noi arrivavamo da una beffarda sconfitta a San Benedetto: ci serviva un punto per salvarci, mentre il Perugia si giocava la B con l'Andria. C'erano tanti tifosi umbri allo stadio: ricordo che loro passarono in vantaggio con Traini, sugli effetti di un'azione dove presi un colpo sulla fronte da Agatino Cuttone, allora al Perugia. Andammo sotto e la botta presa mi condizionò per tutto il primo tempo. All'intervallo mi si era gonfiata tutta la zona circostante l'occhio, ma decisi di proseguire: al rientro in campo, dopo pochi minuti su cross da sinistra di Baroni arrivai a centro area e la buttai dentro. Fu la mia ultima partita, il mio ultimo gol in carriera: aver chiuso con un gol decisivo per la salvezza di una società dal passato così importante è stato motivo di gioia e soddisfazione per me».
Allarghiamo lo sguardo al calcio pugliese. Tante squadre in crisi societaria, come i recenti casi di Martina Franca e Lecce hanno dimostrato, ma negli ultimi 20 anni si registra quasi una mancata iscrizione all'anno nelle principali categorie. Cosa non sta funzionando e non ha funzionato?
«Io dico la mia: fermerei il calcio per due anni per far sì che possa risanarsi tutto. Oggi si parla troppo poco di calcio giocato, il resto è gossip. Ovviamente è un'utopia: spero solo che si possa ripartire con un progetto nuovo e soprattutto che ci sia gente competente. Chi ha fatto calcio può fare bene a questo movimento. Serve restituire un senso di equilibrio e normalità a questo sport, a partire dal calcio giovanile fino ad arrivare al coinvolgimento delle famiglie negli stadi. Tutti elementi oggi assenti. Ma capisco che è un carrozzone troppo complicato da fermare».
Che messaggio si sente di dare alla piazza di Barletta in questo complicato momento?
«I barlettani sono abituati a ripartire da zero, sebbene in questo caso da una categoria differente: in altre piazze, vedi Parma, sono riusciti a farlo, e spero si possa fare anche a Barletta. Io sono stato lì in C1, con una squadra giovane, e ci siamo tolti belle soddisfazioni: è una città di gente tenace e di carattere, meriterebbe tanta concretezza».
Antonio Di Gennaro, lei non si è mai sottratto, anche sui social, dal commentare i fatti recenti in casa Barletta Calcio. Cosa prova ora che la Lega Pro è un ricordo?
«Mi dispiace perché a inizio stagione avevo conosciuto il direttore generale Cascella che mi aveva addirittura parlato di un progetto triennale da parte di Perpignano. Durante l'anno ho visto tanti episodi spiacevoli, fino all'esonero di Sesia e all'arrivo di Corda che è stato poi squalificato recentemente: purtroppo era un film dal finale scritto. Vedere personaggi che vengono da fuori a millantare certe situazioni e sono aiutati da persone del posto fino a distruggere una società alla quale tengo tanto. Sono orgoglioso di essere stato a Barletta, in un ambiente che mi ha voluto bene e che ritengo in Puglia una società che potrebbe essere protagonista. Mesi fa, sono stato a una manifestazione su Pietro Mennea e ho ricevuto grande affetto dai tifosi».
Casi come quello registrato recentemente a Barletta sono ormai frequenti nel calcio italiano.
«Purtroppo nel calcio di oggi troppi personaggi riescono ad addentrarsi: presunti procuratori, direttori sportivi, gente che non ha mai fatto calcio e cerca solo sotterfugi economici. Dopo tutti questi scandali, spero solo che si possa ripartire da chi ha fatto calcio a livelli alti dal punto di vista tecnico ed etico: Barletta è stato un caso clamoroso quest'anno. Esonerare Sesia per un allenatore che doveva portare sponsor è stato l'apice. Perpignano è andato via, Cascella che è un personaggio inqualificabile è sparito: e chi ci rimette sono i tifosi, la parte più importante di questo sport. A Barletta sono stati presi in giro e una piazza che sta a cuore a me come a tanti ne paga le conseguenze».
Lei 23 anni fa chiuse la sua carriera al "Puttilli" in Barletta-Perugia 1-1. Che ricordi ha di quella partita?
«Più che della partita, ho un bellissimo ricordo dell'annata, con una squadra giovane guidata da Bianchetti, nella quale arrivai a stagione iniziata. Della sfida con il Perugia ricordo che noi arrivavamo da una beffarda sconfitta a San Benedetto: ci serviva un punto per salvarci, mentre il Perugia si giocava la B con l'Andria. C'erano tanti tifosi umbri allo stadio: ricordo che loro passarono in vantaggio con Traini, sugli effetti di un'azione dove presi un colpo sulla fronte da Agatino Cuttone, allora al Perugia. Andammo sotto e la botta presa mi condizionò per tutto il primo tempo. All'intervallo mi si era gonfiata tutta la zona circostante l'occhio, ma decisi di proseguire: al rientro in campo, dopo pochi minuti su cross da sinistra di Baroni arrivai a centro area e la buttai dentro. Fu la mia ultima partita, il mio ultimo gol in carriera: aver chiuso con un gol decisivo per la salvezza di una società dal passato così importante è stato motivo di gioia e soddisfazione per me».
Allarghiamo lo sguardo al calcio pugliese. Tante squadre in crisi societaria, come i recenti casi di Martina Franca e Lecce hanno dimostrato, ma negli ultimi 20 anni si registra quasi una mancata iscrizione all'anno nelle principali categorie. Cosa non sta funzionando e non ha funzionato?
«Io dico la mia: fermerei il calcio per due anni per far sì che possa risanarsi tutto. Oggi si parla troppo poco di calcio giocato, il resto è gossip. Ovviamente è un'utopia: spero solo che si possa ripartire con un progetto nuovo e soprattutto che ci sia gente competente. Chi ha fatto calcio può fare bene a questo movimento. Serve restituire un senso di equilibrio e normalità a questo sport, a partire dal calcio giovanile fino ad arrivare al coinvolgimento delle famiglie negli stadi. Tutti elementi oggi assenti. Ma capisco che è un carrozzone troppo complicato da fermare».
Che messaggio si sente di dare alla piazza di Barletta in questo complicato momento?
«I barlettani sono abituati a ripartire da zero, sebbene in questo caso da una categoria differente: in altre piazze, vedi Parma, sono riusciti a farlo, e spero si possa fare anche a Barletta. Io sono stato lì in C1, con una squadra giovane, e ci siamo tolti belle soddisfazioni: è una città di gente tenace e di carattere, meriterebbe tanta concretezza».