Barletta 1922: Pizzulli c’è, i punti interrogativi anche

C’è ancora tanto lavoro da fare, ma si deve partire e ripartire

venerdì 14 agosto 2015 5.56
A cura di Enrico Gorgoglione
Un altro passo verso la ripartenza. Va interpretata in questo senso la conferenza di ieri sera. In sala consiliare il nuovo Barletta, come un neonato insicuro, ha compiuto un altro passo, presentando alla piazza il nuovo allenatore Pizzulli e ufficializzando il direttore generale e il responsabile dell'area medica. Non basta, però: nonostante il lodevole lavoro svolto finora, i punti interrogativi restano tanti.

La macchina cammina, con quale benzina?
Ci si muove evidentemente tra mille difficoltà. Di organizzazione, di gestione, di ricerca di sponsor e di creazione di una squadra in grado di competere in Eccellenza. Ora come ora, il Barletta assomiglia ad una macchina della preistoria, che ancora non conosce alcun propulsore, se non le gambe dei tifosi. I quali, essendo abituati a fare i tifosi, si ritrovano a dover organizzare tanti aspetti in pochissimo tempo. Il dubbio principale è sempre lo stesso: fino a quando la macchina Barletta camminerà grazie ai "piedi" dei tifosi, sempre più paragonabili a Fred Flintstone, quando arriverà la benzina? Da dove proverranno i soldi per allestire la squadra, preparare le trasferte? Lo stesso neo-tecnico del Barletta Massimo Pizzulli ha ammesso tra le righe di dover cominciare a lavorare con quadri dirigenziali minimi e con un tesoretto non certo degno degli sceicchi del Manchester City: «Partiamo in ritardo rispetto agli altri, lo staff è in composizione e prenderemo dei giocatori che possano soddisfare le nostre ambizioni. Di conseguenza le nostre azioni sono in continuo divenire. Serviranno motivazione e carattere». La macchina biancorossa ora deve necessariamente partite, seppur sgangherata, seppur non accessoriata, seppur ferita nella sua anima dalla sciagura che ha condizionato il recente passato. Pronti, partenza, via. In attesa che sia Eccellenza, ringraziando che sia Eccellenza.

Una piramide senza vertice
Oltre alla presentazione del nuovo allenatore, la conferenza celebrata ieri in sala consiliare ha arricchito l'organigramma societario, con l'ufficializzazione di alcune figure utili alla gestione dentro e fuori dal rettangolo di gioco. Alessandro Ferrigni entra nell'organigramma con il compito di direttore generale, mentre il dottor Cosimo Piazzolla coordinerà lo staff medico. Ancora due nomi all'insegna della "barlettanità", in attesa di capire chi scenderà in campo e in quali condizioni. Ancor più evidente l'attuale mancanza di un presidente: a prescindere dalla presenza di imprenditori disposti ad investire nel futuro del calcio a Barletta, al momento manca un numero 1. In compenso, però, il nuovo Barletta nasce dalla gente e tra la gente, e saranno i tifosi gli assoluti protagonisti, questa volta non solo sugli spalti.

Casa a Canosa
Ecco una delle novità – probabilmente inaspettate – della nuova stagione. Tutti erano a conoscenza dell'impossibilità di disputare le partite casalinghe al "Puttilli" visto che dopo tanta attesa si sta procedendo con i lavori di restyling. Tra l'altro la ditta che sta rammodernando il primo stadio di Barletta ha anche trovato problemi di staticità per quel che riguarda curva e distinti, e di conseguenza prima di gennaio – ad essere visionari – il Barletta tornerà a giocare al "Puttilli". Sorprende, però, l'indisponibilità del Manzi-Chiapulin. Anche la nuova struttura situata nella zona periferica della Città della Disfida non può accogliere il Barletta: ha bisogno di una ristrutturazione, e risulta omologato soltanto per 500 persone. Cifre irrisorie, per uno stadio inaugurato soltanto qualche anno fa e ancora non sfruttato totalmente. Si "migrerà" quindi a Canosa per le partite casalinghe, un aspetto che giocoforza condizionerà la vendita di abbonamenti e biglietti per ogni partita, un handicap anche per sponsor e per nuovi potenziali acquirenti. Se poi si pensa che solo qualche mese fa il Barletta giocava al "Granillo" di Reggio Calabria o al "San Filippo" di Messina, per non parlare dell'"Arechi" di Salerno, ai più nostalgici qualche lacrimuccia scappa più che lecitamente.