Wedding: perché dopo il Covid-19 nulla sarà più come prima

L'economia di un settore florido che potrebbe difficilmente riprendersi post Coronavirus

sabato 2 maggio 2020
A cura di Cosimo Campanella
A qualche giorno dalla nostra diretta Facebook sull'argomento, andata online sui portali del network Viva, torniamo oggi a parlare della pesantissima situazione del cosiddetto settore "Wedding". Termine anglofono con il quale viene identificata tutta la filiera delle cerimonie riguardante matrimoni, battesimi, prime comunioni, compleanni, feste di laurea ecc.

Un settore troppo spesso poco citato, ma che tra ristorazione, nuove figure come quella del wedding planner, negozi di abbigliamento, parrucchieri, negozi di bomboniere, fiorai, operatori della musica e fotografi, solo in Puglia dà, o per meglio dire dava lavoro a migliaia e migliaia di persone.

Chi scrive non coniuga il verbo "dare" al passato per qualche reminiscenza di pessimismo leopardiano, ma per una certa conoscenza di un settore produttivo in molti casi già in forte calo ben prima dell'emergenza Covid 19.

Precarietà, bassi salari, un inesorabile calo demografico ed una sempre più spiccata tendenza a metter su famiglia in prossimità degli "anta", sono tra le cause di un lungo e costante declino di ampi settori di un'economia tra le più munifiche in assoluto solo un paio di decenni or sono. Un'economia che prima della mazzata tremenda del Coronavirus, spesso e volentieri è stata tenuta in piedi a suon di indebitamenti privati da parte di tante famiglie per poter nel nome del "ne, che dobbiamo essere detti?", far fronte sin da subito a spese come trucco, parrucco, bomboniere, abiti da cerimonia e ricevimento. Non è un caso infatti che una volta pagati i pranzi, consegnate le bomboniere, ed incassati i complimenti più o meno sinceri da parte di amici e parenti, coloro sui quali vengono scaricate tutte le difficoltà economiche successive al "grande evento" spesso sono i fotografi: gli ultimi in ordine di tempo (e soprattutto ben lontano dai clamori e dai pettegolezzi della festa) a poter raccogliere il frutto delle proprie fatiche.

Ma se nel nome dell'apparenza e del superfluo ma necessario – sempre per non incorrere nel famigerato "ne, che dobbiamo essere detti?" -, comparti del Wedding come quello dell'abbigliamento e della ristorazione hanno bene o male tenuto botta alla crisi economica dell'ultimo decennio, la crisi del Coronavirus, con tutto il corollario di fabbriche, negozi ed uffici chiusi, rischia davvero di costituire l'effettivo punto di non ritorno per l'intero settore delle cerimonie.

Infatti in un panorama di desolazione economica e di povertà diffusa nel quale la pandemia ha buone probabilità di portarci, nel più classico dei "mal comune mezzo gaudio", non si baderà più tanto a dove ha festeggiato la prima comunione il figlio del vicino di pianerottolo, se il resto del vicinato è composto per oltre metà da disoccupati. Non ci si vergognerà più di tanto a rinunciare all'abito da sposa più caro, alla bomboniera più bella o al pranzo nella sala ricevimenti più esclusiva, se sempre più coppie di amici precari o sottopagati al matrimonio preferiranno la formula della convivenza, o nella migliore delle ipotesi opteranno per un sobrio e sbrigativo rito civile, seguito da un pranzo fugace con al massimo genitori, fratelli, sorelle e/o testimoni.

Un quadro decisamente a tinte fosche nel quale inevitabilmente la necessità finirà per l'avere il sopravvento sull'arte e sulla bellezza.

Già, perché il settore Wedding era, resta e probabilmente resterà arte e bellezza. Arte e bellezza da ricercare in un abito da sposa, nelle nostre magnifiche sale ricevimenti e in emozioni rese eterne da un album fotografico. Arte e bellezza che per manifestarsi a pieno necessitano di un rinascimento spirituale ed economico che, la storia ci insegna, segue sempre a periodi di epidemie e difficoltà economiche. Un rinascimento che presto o tardi ci sarà anche nel Wedding, anche se nella consapevolezza che dopo il ciclone Covid 19 nulla sarà più come prima.