Tra Cina e Italia, un barlettano importava modifiche R4 (illegali) per videogiochi Nintendo

Il 40enne ha generato un danno di 54 milioni di euro. Operazione della Guardia di Finanza di Pordenone

lunedì 6 dicembre 2010
A cura di Mario Sculco
Giocare ai videogames è una abitudine che, a seconda dei periodi, viene considerata con una qualsiasi delle sfumature che intercorrono tra la perdita di tempo e il massimo modello educativo. Di recente ci troviamo in un momento in cui il videogame viene esplorato per tutte le proprie virtù, dimenticando l'antipatica accezione del "gioco per ragazzini".

Spiegazioni ce ne sono, e come. Al pari di film e musica, l'industria del gioco digitale macina miliardi e non poteva permettersi "cattivi giudizi" sulla nuovissima gallina dalle auree uova. Dunque pubblicità a go-go, nuovi ritrovati per il controllo degli stessi videogames (di recente in luogo del consueto joypad -ovvero il dispositivo che permette di iteragire con il gioco- è possibile usare sè stessi; infatti una evolutissima telecamera è in grado di percepire i nostri movimenti e tradurli in comandi). Industria contenta, utenti pure con buona pace dei sorpassati genitori old style che non hanno più scuse per bandire o quanto meno limare la controversa abitudine. Risultato? Ogni essere umano dai 6 ai 60 anni sembra avere una console, ovvero un tramite tra la vita reale e quella virtuale del videogioco, più o meno costosa a seconda dell'età di riferimento. Per poter "nutrire" di nuovi giochi il suddetto dispositivo basta comprare a prezzo non modico in qualsiasi negozio della grande distribuzione, cartucce, dvd o blu ray specifici. Rigorosamente originali.

I giochi (un tempo avrebbero detto giochetti) vengono venduti come previsti dai produttori e hanno un costo che oscilla dai 19 euro fino a 200, proibitivi per i più giovani ma nemmeno simpatici ai loro genitori. Ma un modo per eludere il balzello c'è: i possessori di console da gioco possono operare la cosidetta "modifica" per poter giocare anche a titoli non originali, abbattendo di fatto i costi che diventano quasi azzerati. L'operazione, del tutto illegale, prevede l'integrazione di dispositivi chiamati mod chip, che consentono l'installazione di videogames masterizzati eludendo i controlli e le protezioni messe al punto da produttore. Buona parte dei mod chip proviene dalla Cina e, grazie ad un'accurata indagine (denominata Operazione Mod Over) svolta dalla Guardia di Finanza di Pordenone, la pirateria videoludica ha subito una grossa spallata.

Il gancio tra l'Italia e la Cina è un uomo di 44 anni di Barletta che, utilizzando una società hongkonghese, ha importato illegalmente in Italia circa 60.000 mod chip per Nintendo DS (schede R4). All'attività hanno partecipato circa 46 persone, tutte segnalate all'Autorità Giudiziaria, 38 delle quali titolari di attività commerciali.

Il reato commesso prevede da 1 a 4 anni di prigione, nonché una multa tra 2.582 a 15.493 euro. L'Associazione Editori Software Videoludico Italiana (AESVI) ha calcolato che il danno economico è di circa 54 milioni di euro.