Spregiudicatezza, colpa cosciente, reati gravissimi nel crollo di via Roma

Ciò emerge dalla sorprendente conferenza alla Procura della Repubblica. Quattro arresti e misure interdittive per i presunti responsabili

sabato 3 dicembre 2011 12.35
Quattro ordinanze di arresti domiciliari e misure interdittive nei confronti dei presunti responsabili del disastro di via Roma. Perché «la giustizia deve essere tempestività» come asserito dal Questore di Bari quasi con tono di soddisfazione istituzionale, a margine della conferenza stampa conclusasi qualche minuto fa presso la Procura della Repubblica di Trani. Il questore continua dando risposte certe «perché si tratta di un atto dovuto non solo sotto il profilo istituzionale ma anche morale», e subito il suo riferimento alla giustizia come tempestività porta la mente a quelle magliette, indossate con sdegno dai familiari delle vittime, che recavano l'amaro motto "Verità e Giustizia". E i passi verso questa direzione sembrano esserci.

Sotto lo sguardo vigile di Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, scorreva un atmosfera quasi surreale, di un uditorio che voleva risposte e di un'Istituzione che non negava questa possibilità, anzi la esaudiva. E Carlo Maria Capristo, sorprende chi magari si aspettava toni calmi e soffusi: «Spregiudicatezza! Tale abbiamo ravvisato dalle nostre indagini», tra i vari attori della tragedia del crollo ormai tristemente famoso . «Colpa cosciente degli operanti per cui si configurano reati gravissimi», con queste parole non si tira indietro il Procuratore Capo che precisa su un dubbio dell'Informazione, dissipandolo: «abbiamo analizzato la piaga del lavoro nero, che è emersa proprio in questo frangente, ma si tratta di un binario parallelo sul quale continuiamo a lavorare»; queste ultime dichiarazioni pongono dunque un netto distinguo tra argomenti spesso finiti in un'ingiusta mescola. E colpiscono financo le comuni coscienze «perché se ci fosse stata più attenzione il 30 settembre [data del sopralluogo dei funzionari dell'ufficio tecnico ndr] sicuramente si sarebbe evitato il disastro».

Fa sponda il Prefetto Carlo Sessa «assicurando che c'è stata una risposta ferma della "squadra Stato"» ad interrogativi inquietanti sollevati, solo poche ore dopo la tragedia, dagli striscioni, ormai infuocato ricordo tra i cittadini, che narravano di una richiesta di "Verità e Giustizia" rigorosamente con le maiuscole. Sessa replica idealmente che «adesso v'è un incremento degli interventi di regolarizzazione» con l'assenso del vicino comandante provinciale della Guardia di Finanza. Per questo grave fatto, c'è stato un poderoso intervento interforze, per cui tutte le competenze e specificità dei singoli sono state convogliato verso il risultato finale. Si onora il prefetto di «aver passato 60 giorni precisi a star vicino a tutte le persone, sia colpite dalla tragedia che non, ma soprattutto vicino alla magistratura», unica a poter far luce su un caso dai toni ancora chiaroscuri.

Giuseppe Maralfa, sostituto Procuratore della Repubblica, non usa giri di parole ponendo che «il disastro da colposo potrebbe divenire doloso» e soprattutto che «le indagini partono dalla delibera del consiglio comunale di gennaio 2008 che sarà pienamente analizzata, in quanto appena si è valutato che erano presenti crepe e lesioni [nella vicina palazzina, poi crollata ndr], non si è fatta alcuna indagine». Infine dipana tecnicamente una prassi da Pubblico Ufficiale che «quando deve compiere un atto d'ufficio, anche se l'omissione non genera un accadimento negativo, l'ufficiale deve compierlo» senza possibilità di scelta discrezionale. Infatti Maralfa assicura che il 3 ottobre, giorno del triste crollo, «vi sono state condotte omissive».

Maralfa inoltre sta indagando su un altro probante aspetto a carico del vigile urbano destinato ad effettuare sopralluogo la mattina del crollo. Tale operatività sarebbe stata modificata da una prassi, messa agli atti, per cui l'operante avrebbe inteso attendere un collega, già attivo ed edotto da tempo sullo stato del loco all'oggetto dello stesso sopralluogo, loco che dal collega era già stato appunto visitato tempo prima. Tale collega avrebbe preso servizio alle 15.00 della stessa giornata e solo allora si avrebbe proceduto al suddetto controllo (il crollo è avvenuto materialmente alle 12.22). Maralfa continua con dichiarazioni sorprendenti per l'intera conferenza, dichiarando testualmente in merito ad ognuno degli interdicendi, che «si imputa all'Ing. Palmitessa di non essere intervenuto il 3 ottobre [l'ingegnere era già intervenuto il 30 settembre ndr], qualora l'avesse fatto e si fosse reso conto, si sarebbe potuto procedere ad uno sgombero istantaneo» ha proseguito il sostituto procuratore Giuseppe Maralfa che conclude parlando di "estremo paradosso" ovvero «i lavori di demolizione erano inseriti in un contesto di rimozione delle macerie al fine di "lavorare in totale sicurezza in loco", invece si è approfittato della ruspa, che solo per le vibrazioni che genera è di per sé stessa un problema di sicurezza data la particolare contingenza, per demolire entrambe le facciate che danno rispettivamente su via Mura dello Spirito Santo e la parallela via Roma, e che facevano da puntello alle palazzine adiacenti [una di queste è la triste protagonista del crollo ndr]. Ciò è stato valutato in seguito alla visione di un filmato, a noi pervenuto da un privato, [filmato da Barlettalife pubblicato in esclusiva ndr] che definisco raccapricciante».

Gli investigatori hanno accertato l'illegittimità delle opere demolitorie di quanto rimasto del preesistente stabile adiacente a quello crollato. Infatti non solo vennero eseguiti lavori in difformità rispetto al piano di demolizione elaborato dall'Ufficio Tecnico del Comune di Barletta (che prevedeva l'utilizzo di mezzi manuali e di piccole dimensioni e puntellamenti atti ad impedire cedimenti o collassi del confinante edificio) bensì furono effettuati lavori di demolizione in assenza della d.i.a. che originariamente esisteva ma era diventata inefficace dal 1 gennaio 2011. Tale condotta, imprudente e imperita, veniva posta in essere dal titolare e dai dipendenti della ditta appaltatrice senza che venisse impedita dall'imprenditore proprietario del cantiere e dal direttore dei lavori, nonostante la comparsa nel confinante edificio -poi crollato- di gravi lesioni murarie.
Conferenza presso la Procura di Trani © Tommaso Francavilla
Conferenza presso la Procura di Trani © Tommaso Francavilla
Conferenza presso la Procura di Trani © Tommaso Francavilla
Conferenza presso la Procura di Trani © Tommaso Francavilla
Conferenza presso la Procura di Trani © Tommaso Francavilla
Conferenza presso la Procura di Trani © Tommaso Francavilla
Conferenza presso la Procura di Trani © Tommaso Francavilla
Conferenza presso la Procura di Trani © Tommaso Francavilla
Conferenza presso la Procura di Trani © Tommaso Francavilla
Conferenza presso la Procura di Trani © Tommaso Francavilla
Conferenza presso la Procura di Trani © Tommaso Francavilla
Conferenza presso la Procura di Trani © Tommaso Francavilla