Perché noi festeggiamo l’Unità

Risorgere da ogni forma di speculazione politica. Urge un ritorno allo spirito originario del Primo Risorgimento

giovedì 17 marzo 2011 22.19
A cura di Pasquale Diroma
La redazione di Barlettalife ha dato modo a chi contesta il Risorgimento italiano e a chi invece lo difende a spada tratta, di esprimere i propri pensieri e le proprie interpretazioni sull'argomento. In questo, il nostro giornale ha ritenuto di sopperire ad una discussione pubblica e a un contradditorio pacifico che nelle passate settimane sono mancati, lasciando da parte polemiche e accese dispute verbali. Abbiamo posto domande scomode ai detrattori del movimento di unificazione nazionale così come abbiamo cercato di tirare fuori alcune verità dimenticate o solo impolverate da chi invece ha il compito istituzionale di insegnare questi temi. Abbiamo ottenuto un interessante dibattito a distanza, che certamente non esaurisce l'argomento, ma che fornisce ai lettori delle basi per poter approfondire in separata sede.

Ciò che appare indubbio dal dibattito sul Risorgimento è la sopravvivenza di una questione sociale prima e dopo l'Unità, e che persiste in forme diverse ancora oggi – questione prettamente agraria nell'Ottocento, cronica assenza di lavoro nei nostri tempi. Ecco, l'enorme delusione e il tradimento percepito dai contadini – già culturalmente legati alla tradizione, al lealismo verso la monarchia borbonica – per la mancata ridistribuzione delle terre durante e immediatamente dopo i fatti che portarono all'Unità, è questa la motivazione più profonda che sta alla base delle proteste represse violentemente dai nuovi governanti, al di là degli interessi in campo da difendere (inglesi, borbonici, ecclesiastici, notabilari o grande proprietà terriera). È questo stato d'animo, aggravato da un inedito quanto imponente regime di tassazione, dalla coscrizione militare obbligatoria e dal venir meno di quella piccola economia rurale basata su libertà di mercato e forme di soccorso garantite dagli enti ecclesiastici – non esenti dal fomentare sommosse e legittimismo – che spinse molte popolazioni del Mezzogiorno d'Italia a ribellarsi, a unirsi a bande di criminali comuni, e la cui sanguinosa repressione segnò purtroppo l'inizio del declino del Meridione e la conseguente emigrazione dei nostri conterranei.

Una questione sociale irrisolta, che sarà tra le cause dell'avvento del fascismo sessanta anni dopo l'Unità. Non è una questione da poco, quando in ballo è la sopravvivenza quotidiana. Viene da pensare a quel passo evangelico che recita: "Qual è fra di voi quel padre che darà un sasso al figliolo che gli chiede del pane? O se chiede un pesce gli dia una serpe invece del pesce?" (Luca, 11, 11-13). Eppure fu così: si preferì l'applicazione della Legge Pica anziché la realizzazione del piano Manabrea. Certamente le successive politiche economiche volte a favorire l'economia settentrionale attraverso il sacrificio di quella meridionale generarono quel divario Nord-Sud che si sarebbe aggravato nei decenni successivi. Ma in tutto questo è difficile intravedere l'intenzione di una guerra di conquista di stampo coloniale allo stato attuale delle fonti documentali. Né tantomeno si può gettare totale discredito sul movimento di unificazione nazionale. Certo, la soppressione dei piccoli e grandi segreti di Stato con l'apertura degli archivi favorirebbe l'accertamento della verità storica, la più alta forma di giustizia in questa vita. Ma dopo 150 anni sarebbe una magra consolazione e di certo non eliminerebbe la questione meridionale.

Noi crediamo che il con-tributo pagato dal Sud in termini di vite umane, risorse economiche, sogni e speranze sia stato troppo alto per non voler bene a questo Paese chiamato Italia.
Noi crediamo che il ritorno allo spirito e al senso più profondo del Primo Risorgimento, come intrapreso durante il settennato del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, possa rappresentare una vera boccata d'ossigeno per questo Paese, troppo frammentato e arroccato nella difesa di interessi personalistici e di parte.
Noi crediamo che ciò che ancora tiene assieme gli italiani siano i valori e i principi di altissima ispirazione sanciti dalla nostra Costituzione repubblicana, certamente perfettibile, ma la cui inviolabilità è alla base del nostro vivere civile e del nostro stare assieme. Crediamo nell'immenso valore e nella ricchezza spirituale e materiale prodotta dalla cultura italiana, che tanti altri civilissimi popoli ci invidiano da secoli e secoli.

Noi crediamo che in un mondo dove il processo di globalizzazione ha raggiunto velocità e portata non paragonabili a qualsiasi altra epoca storica, e la cui punta di diamante è rappresentato da quel preziosissimo strumento chiamato internet, definirsi cittadini del mondo, europei, mediterranei, italiani e meridionali non sia affatto motivo di vergogna né un termine esclude l'altro. Per questo noi festeggiamo l'Unità.

Noi crediamo a quelle magiche parole di Giorgio Gaber: «Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono». Auguri Italia.
Fratelli d'Italia
L'Italia s'è desta,
Dell'elmo di Scipio
S'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l'ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci,
l'Unione, e l'amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Dall'Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Il Canto degli Italiani o Inno di Mameli