Nel blu dipinto d’autismo

Da “disturbo” ad aggregazione, nel Castello di Barletta

venerdì 3 aprile 2015
A cura di Floriana Doronzo
Cos'è l'autismo? Come lo si riconosce? Come lo si cura? Cosa lo provoca? Per rispondere a tutte queste domande è sufficiente una ricerca sul Web, ma per toccare con sentimento in che modo l'autismo si presenta al mondo sono necessarie giornate come quella di mercoledì mattina (a cui fanno riferimento le foto) e di ieri sera a Barletta. Il Castello s'illumina di un blu morbido e avvolgente, così come anche il nostro colosso Arè, e la sua pietra lo propaga su tutto il centro storico. La solennità del colore si sposa con la dignità dei tanti genitori e parenti di soggetti autistici recatisi nei giardini del Castello svevo per un momento di dialogo e aggregazione. Presente il Presidente Angsa (associazione nazionale genitori soggetti autistici) Bat, intervistato da noi l'anno scorso.

Secondo i dati dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), l'autismo colpisce un bambino ogni 68 nati. Con una frequenza di 4 volte maggiore nei maschi rispetto alle femmine. E' un disturbo cognitivo in ascesa, ma la sua diagnosi si fa sempre più tempestiva. Purtroppo però, chi nasce autistico muore autistico e una delle preoccupazioni maggiori dei familiari è la vita dei ragazzi quando non ci saranno più i loro tutori. La sensazione di smarrimento, di incertezza è uno dei motivi per i quali si è scelto come colore rappresentativo il blu. Questa tinta enigmatica, infatti, innesca bisogni di sicurezza e conoscenza. Sicurezza intesa come protezione e conoscenza come cultura condivisa da una comunità, che si spera sia cosciente dello spettro dell'autismo. Esso, infatti, può manifestarsi con caratteri eccitati o molto chiusi, aggressivi o troppo pacati, affettuosi o rigidi e mentre la fenomenologia si amplia, la formazione degli educatori si riduce. Si tratta di una questione che incrocia sia il Miur, sia il Ministero della Sanità, sia quello per le pari opportunità e le decisioni da prendere tardano ad arrivare.

Ma l'aria pregna di palloncini blu e l'asfalto raschiato dalle ruote delle vespe del Vespa Club di Barletta, su cui i bambini si divertono a salire e a simulare una guida che li porti dove vuole la loro immaginazione, hanno una pienezza tale da far dimenticare le lacune legislative. Sì perché i bambini vivono di creazione, di proiezioni mentali e quelli autistici, in questo, sono i migliori. Il loro deficit comunicativo, relazionale e interattivo prepara il terreno a un modus vivendi altro, sul quale pedagogia, psicologia, medicina e politica si mettono in gioco in una partita senza rivali. Il goal è di natura sociale, la comunicazione non è mai troppa, ma quella dei bambini autistici è speciale perché ha come interlocutore la natura in tutte le sue declinazioni. E se Rousseau li avrebbe soprannominati tutti Emilio, Barry Levinson uomini della pioggia; ma che sia L'Émile o Rain Man, ieri ogni bambino autistico ha lasciato volare in alto il suo palloncino e liberato nell'etere il suo blues e quello della sua famiglia.
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