Michele, volontario barlettano nei luoghi di guerra dal silenzio assordante
Cibo, carbone e scarpe nuove per i profughi al confine tra Turchia e Siria
lunedì 30 gennaio 2017
Michele è un ragazzo come tanti. Ha 25 anni e tra pochi mesi terminerà i suoi studi in Giurisprudenza. Dalle nostre parti, era un giorno qualunque quando ha deciso di partire come volontario. Al confine tra la Turchia e la Siria, i profughi ringraziavano di essere ancora vivi.
Michele e altri volontari sono partiti agli inizi di gennaio, grazie alla fondazione Time4lifeinternational, nata dal costante impegno di Elisa Fangareggi. Sono atterrati a Gaziantep, e in pullman hanno raggiunto la città di Kilis. La fondazione si occupa di prestare aiuto alla gente che in tutto il mondo patisce la fame e la povertà, conseguenze di una spietata guerra. Essa opera principalmente al confine tra Turchia e Siria, ma al contempo compie missioni in Benin, Nicaragua, Romania e Kenya.
Raccontaci il vostro arrivo e ciò che hai letto negli sguardi della gente.
«Appena arrivati presso Kilis, si ha la sensazione di trovarsi in un altro mondo. Le strade sono completamente deserte e il silenzio spettrale riesce a penetrarti l'anima. Si è certi di essere giunti in una città vuota ma in realtà essa si scoprirà essere la culla di tanti profughi. Quella gente ha perso ormai tutto. È costretta a vivere in baracche di fortuna o nella migliore delle ipotesi in garage, molto spesso riparati dalla stessa fondazione. Negli occhi di tutti, soprattutto dei bambini, ho intravisto tanta tristezza ma allo stesso tempo gioia infinita nel vedere un paio di scarpe nuove o semplici bolle di sapone».
Com'eravate soliti impegnare le vostre giornate?
«Le nostre giornate cominciavano molto presto. Dopo una velocissima colazione, raggiungevamo le numerose famiglie di profughi per consegnar loro tutto ciò che avevamo portato con noi dall'Italia. Ogni volontario aveva, infatti, un bagaglio di circa 30 kg da riempire con quanti più aiuti possibili: vestiti, medicinali, pannolini, coperte e giochi per i più piccoli. Affinché potessero riscaldarsi, consegnavamo il carbone che acquistavamo sul posto. Nonostante le giornate fossero così piene, ho avuto l'impressione che il tempo a disposizione fosse poco e che una giornata dovesse per questa ragione accogliere più ore».
Quali momenti credi rimarranno ancorati con forza alla tua memoria?
«Porterò per sempre con me il ricordo di una famiglia costretta a viveva sopra una stalla; non avevano né luce né un tetto. La fondazione in questi casi provvede a riparare questi giacigli di fortuna, per quanto sia possibile. Sicuramente per tutti, il momento più gioioso è stato organizzare una piccola festa per alcuni bambini orfani. Grazie alla generosità di un volontario è stato possibile portar loro panini, succhi di frutta e alcune torte. Pur avendo perso tutto, questa gente ha motivo di festeggiare poiché sono riusciti a scappare dalla guerra».
Hai vissuto giorni intensi, durante i quali hai prestato aiuto a chi ormai non ha più nulla. In quale modo credi che questa esperienza ti abbia arricchito?
«Questa esperienza ha cambiato il mio modo di vivere la quotidianità, dunque il mio essere persona. Vedere il sorriso nei loro volti, nonostante siano costretti a sopportare tragiche esperienze, mi ha profondamente cambiato. Ho capito che nulla ti ripaga come il prestare aiuto a chi più ne ha bisogno. Per questa ragione ho deciso che partirò nuovamente».
Crediamo che siano realtà lontane e per questa ragione che non debbano interessarci. Nonostante ognuno di noi viva significative esperienze, nulla può essere paragonato a ciò che i popoli di quelle terre "lontane" sono costretti a subire ogni giorno. Chiunque può aiutare la fondazione Time4lifeinternational. Occorrono fondi ma anche cuori grandi che vogliano partecipare a missioni di questo tipo.
Michele e altri volontari sono partiti agli inizi di gennaio, grazie alla fondazione Time4lifeinternational, nata dal costante impegno di Elisa Fangareggi. Sono atterrati a Gaziantep, e in pullman hanno raggiunto la città di Kilis. La fondazione si occupa di prestare aiuto alla gente che in tutto il mondo patisce la fame e la povertà, conseguenze di una spietata guerra. Essa opera principalmente al confine tra Turchia e Siria, ma al contempo compie missioni in Benin, Nicaragua, Romania e Kenya.
Raccontaci il vostro arrivo e ciò che hai letto negli sguardi della gente.
«Appena arrivati presso Kilis, si ha la sensazione di trovarsi in un altro mondo. Le strade sono completamente deserte e il silenzio spettrale riesce a penetrarti l'anima. Si è certi di essere giunti in una città vuota ma in realtà essa si scoprirà essere la culla di tanti profughi. Quella gente ha perso ormai tutto. È costretta a vivere in baracche di fortuna o nella migliore delle ipotesi in garage, molto spesso riparati dalla stessa fondazione. Negli occhi di tutti, soprattutto dei bambini, ho intravisto tanta tristezza ma allo stesso tempo gioia infinita nel vedere un paio di scarpe nuove o semplici bolle di sapone».
Com'eravate soliti impegnare le vostre giornate?
«Le nostre giornate cominciavano molto presto. Dopo una velocissima colazione, raggiungevamo le numerose famiglie di profughi per consegnar loro tutto ciò che avevamo portato con noi dall'Italia. Ogni volontario aveva, infatti, un bagaglio di circa 30 kg da riempire con quanti più aiuti possibili: vestiti, medicinali, pannolini, coperte e giochi per i più piccoli. Affinché potessero riscaldarsi, consegnavamo il carbone che acquistavamo sul posto. Nonostante le giornate fossero così piene, ho avuto l'impressione che il tempo a disposizione fosse poco e che una giornata dovesse per questa ragione accogliere più ore».
Quali momenti credi rimarranno ancorati con forza alla tua memoria?
«Porterò per sempre con me il ricordo di una famiglia costretta a viveva sopra una stalla; non avevano né luce né un tetto. La fondazione in questi casi provvede a riparare questi giacigli di fortuna, per quanto sia possibile. Sicuramente per tutti, il momento più gioioso è stato organizzare una piccola festa per alcuni bambini orfani. Grazie alla generosità di un volontario è stato possibile portar loro panini, succhi di frutta e alcune torte. Pur avendo perso tutto, questa gente ha motivo di festeggiare poiché sono riusciti a scappare dalla guerra».
Hai vissuto giorni intensi, durante i quali hai prestato aiuto a chi ormai non ha più nulla. In quale modo credi che questa esperienza ti abbia arricchito?
«Questa esperienza ha cambiato il mio modo di vivere la quotidianità, dunque il mio essere persona. Vedere il sorriso nei loro volti, nonostante siano costretti a sopportare tragiche esperienze, mi ha profondamente cambiato. Ho capito che nulla ti ripaga come il prestare aiuto a chi più ne ha bisogno. Per questa ragione ho deciso che partirò nuovamente».
Crediamo che siano realtà lontane e per questa ragione che non debbano interessarci. Nonostante ognuno di noi viva significative esperienze, nulla può essere paragonato a ciò che i popoli di quelle terre "lontane" sono costretti a subire ogni giorno. Chiunque può aiutare la fondazione Time4lifeinternational. Occorrono fondi ma anche cuori grandi che vogliano partecipare a missioni di questo tipo.