La memoria storica ad intermittenza della città di Barletta

L'intervento di Michele Grimaldi, Direttore dell'Archivio di Stato di Bari, Barletta e Trani

giovedì 31 dicembre 2020
«Tutto quello scatenatosi all'indomani del "Caso Palazzo delle Poste" è diventato un enorme calderone dove gettare di tutto e di più, come il minestrone, più cose ci metti meglio è, tanto poi chi se ne accorge di cosa c'è dentro? Si è parlato (giustamente) di identità storica di un'intera comunità da preservare e (meno giustamente) di architettura d'antan da preservare, mancanza di cultura urbanistica, rigenerazione urbana e…chi più ne ha, con quello che segue». Ad intervenire è Michele Grimaldi, Direttore dell'Archivio di Stato di Bari, Barletta e Trani.

«Io non credo all'obiettività, la credo impossibile, credo invece all'onestà. L'onestà è tutto ciò che si riporta senza interpretarla o peggio stravolgerla e credo che i sedicenti "addetti ai lavori", a volte abusandone e ripetendolo in continuazione, non debbano dire "Io la penso così", aggiungendo subito dopo, forse a volersi scaricare la coscienza "Altri pensano che...". Ah la memoria storica!!! Tutti permeano i loro discorsi con la benedetta memoria storica ma sembrerebbe che questa, in molti casi, sia a convenienza e cioè ci piace (o ci conviene?) ricordare solo quello che è dalla "parte mia" in un determinato momento. Nessuno ricorda più i casi eccellenti di malvagità architettonica: dal Sedile del Popolo al campanile del Sepolcro; dai 2 terzi del Convento dei Celestini in via Manfredi a Porta San Leonardo e…potrei citarne tanti altri casi. La storia è un tutto e mutilarla di questo o di quel periodo è grave.

Invece si dibatte su di un immobile nato nel tanto vituperato ventennio fascista (1922 posa della prima pietra) con interesse architettonico ed artistico tutto da definire. La cosa che insospettisce e da' fastidio, sta nel non comprendere il perché lo stesso fiato non lo si utilizzi per altre situazioni ben più importanti ed ahimè, incancrenite. E voglio tacere, anzi no, sulla situazione dell'ex Palazzo Tresca che sembra essere il "progenitore" del Palazzo delle Poste sia per il destino al quale va incontro e soprattutto per le tante inutili parole spese per impedire che l'immobile scomparisse.

Ed in attesa che arrivi il Mago di turno a risolvere la situazione con un tocco di bacchetta magica, cosa succede? L'immobile deperisce e incomincia ad assomigliare alla Distilleria, all'ex convento S. Lucia, all'ex Convento di S. Maria della Vittoria o ex Anagrafe, all'ex convento S. Andrea, a Palazzo Bonelli e all'ex caserma Carabinieri del Porto, senza tener conto che tutto non sarebbe mai accaduto, come nelle favole, se il Sindaco dell'epoca avesse acquistato, per una cifra irrisoria, l'ex palazzo postale. E no, invece, gli stessi quattrini se non di più, sono stati sperperati in cause. Quando si dice "Quello fu il peccato originale!". Inutile oggi spartire, alla cieca, colpe e colpi a destra e a sinistra, invece fate vostra la frase riportata nel Vangelo secondo Matteo "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio" e in questo particolare frangente, date le colpe a chi le ha.

Ma cosa volete farci … keep calm and carry on (mantieni la calma e vai avanti) sperando che quel proseguire non ci porti verso un burrone. Nel 2002 deflagrò in maniera devastante (mamma mia quante analogie con oggi!) la grana "Ufficio Poste e Telegrafi" sito in piazza Caduti in Guerra, con immancabile interrogazione parlamentare presentata l'8 marzo di quello stesso anno, il gran polverone (anche allora) e poi? Bene, anzi male, da quel 2002 sono passati ben 18 anni diversi sindaci con annesse amministrazioni e tanti soldi spesi in giudizi che, sino ad oggi, hanno dato sempre torto al Comune di Barletta.

A questo punto dopo tanto denaro pubblico buttato ed altro ancora che si pensa di sperperare, permettetemi di porvi un interrogativo sul quale riflettere: perché con i soldi che si vorrebbero dilapidare nell'acquisto dell'immobile in piazza Caduti non si pensa di rispettare la volontà del maestro Giuseppe De Nittis che avrebbe tanto voluto, come hanno più volte ripetuto in maniera solo celebrativa diversi Sindaci, rientrare in possesso della sua vera "Casa natale" ubicata in strada Cordoneria oggi corso Vittorio Emanuele n. 23? Quale il motivo di un'incomprensibile (o no?), antistorica e sbeffeggiante decisione che, in una mera operazione di marketing culturale, ha voluto creare un vero e proprio falso storico? Perché, a breve, rischiare di ripetere l'errore Poste piangendo poi come ebeti coccodrilli?

Ovviamente l'esperienza maturata non è servita ad un beneamato piffero! Si dovrebbe infatti puntare sulla messa in opera della normalità di funzionamento che, quasi sempre, latita in una programmazione culturale, del patrimonio già in possesso, mettendo da parte fantomatici ed improbabili soluzioni come allocare in quel palazzo un archivio che archivio non è; la biblioteca; il palazzo di città e via sognando, cercando di realizzare le piccole cose e tralasciando i faraonici, dispendiosi, inutili, pericolosi progetti.

Che tristezza assistere, oggi, alla "diminutio" della Città che un certo Savino Loffredo aveva scoperto essere stata "Caput Regionis" e per tanti anni Città leader di un intero territorio, ma niente paura, forse non saranno le ruspe degli uomini bensì quelle dell'incuria e del tempo a buttar giù il palazzo».